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L’Esa lancia la competizione per nuovi razzi spaziali

La European Launcher Challenge ha l’obiettivo di selezionare e finanziare fino a 150 milioni di euro i vettori commerciali del futuro. Nuovi attori privati in un contesto nel quale, lamentano le aziende, manca la domanda di servizi orbitali.

DI EMILIO COZZI

Il 2025 potrebbe essere ricordato come l’anno in cui l’Europa ha riprogettato la propria autonomia di accesso all’orbita superando il duopolio ArianeGroup/Avio in favore di un mercato che privilegi la concorrenza.

L’Esa, l’Agenzia spaziale europea, ha lanciato la competizione per i nuovi vettori spaziali. Battezzata “European Launcher Challenge” ha l’obiettivo di selezionare e finanziare fino a 150 milioni di euro i sistemi di lancio commerciali del futuro. Parte in questi giorni con una fase propedeutica, deputata a raccogliere informazioni e precedente alla candidatura e allo stanziamento di fondi per i progetti vincitori.

Il direttore generale dell’Esa, Joseph Aschbacher, da tempo la chiama “crisi dei lanciatori”, riferendosi all’Europa che, dal luglio del 2023, in attesa del debutto di Ariane 6 (previsto il 9 luglio) e del ritorno sulla rampa di Vega-C, non ha a disposizione un razzo con cui raggiungere l’orbita. Ora l’agenzia ha dato seguito all’annuncio fatto a novembre scorso, durante l’Esa Council di Siviglia, con la pubblicazione della prima “Request of Information” rivolta alle aziend,e in cui i fornitori (o gli aspiranti tali) di servizi di lancio sono invitati a presentare le loro idee.

 

Raccolta di idee e appalto

Questa prima tappa, specifica l’Esa, non sarà una selezione, ma una raccolta di idee, un modo per “per valutare meglio lo stato, le ambizioni e le prospettive dei fornitori europei di servizi di lancio”. Idee che verranno anche discusse con i proponenti per poi capire come muoversi nella valutazione delle proposte vere e proprie. Il requisito che un fornitore commerciale di lanciatori dovrà soddisfare sarà anzitutto uno: quello della territorialità, cioè che tutto avvenga in uno stato dell’Unione europea o membro dell’Esa. Vale tanto per l’headquarter e la sede legale – il luogo di sviluppo e costruzione del lanciatore – quanto per il sito di lancio. La partecipazione a questa fase si chiuderà il 30 giugno del 2024.

La seconda tappa sarà la gara d’appalto, nella quale le aziende invieranno le proposte per i nuovi lanciatori. Gara che si dovrebbe concludere a novembre del 2025, con il Consiglio Ministeriale, in cui i 22 Paesi membri dell’Esa discutono e finanziano i programmi del triennio successivo. E durante la quale la questione lanciatori è sempre stata centrale, in particolare tra i rappresentanti di Germania, Francia e Italia. L’anno prossimo, però, il cast dei protagonisti potrebbe essere più ampio e portare alla sottoscrizione di contratti inaspettati.

 

Tedeschi, francesi e spagnoli

Le compagnie vincitrici dell’appalto saranno invitate a incontri negoziali dai quali potrà derivare il supporto dell’Esa, fino a 150 milioni di euro ciascuna, per la dimostrazione della capacità di sviluppare veicoli in grado di soddisfare le “esigenze di missioni istituzionali”; da lì la strada sarà più o meno spianata verso contratti di servizio. L’intento, in linea di principio, è di uscire dalla logica che ha finora affidato solo a due aziende la responsabilità del servizio di lancio per le istituzioni europee, quindi il posizionamento sul mercato.

Sono incroci di destini interessanti: allo stesso Consiglio 2023 di Siviglia, i Paesi membri Esa decisero di coprire, tramite finanziamenti aggiuntivi, parte degli extra-costi di produzione derivanti in larga parte dalla spinta super-inflattiva emersa nell’area Euro, in particolare per Ariane 6 fino a 340 milioni all’anno e per Vega C fino a 21 milioni all’anno. Al contempo, la Germania ha spinto per inaugurare la “European Launcher Challenge”, nuova fase competitiva sul mercato per gli appalti dei nuovi lanciatori. Non è un caso che due delle aziende emergenti in questo settore siano tedesche: Rocket Factory Augsburg (Rfa) ha concluso nel 2020 un accordo con l’agenzia spaziale francese, il Cnes, per usare il sito di lancio Diamant, all’interno dello spazioporto in Guyana Francese, oltre a usufruire del launchpad sull’isola norvegese di Andøya. Un’altra realtà tedesca, Isar Aerospace, ha fatto la stessa scelta.

Rfa e Isar, insieme con la spagnola Pld Space e con la scozzese Orbex, sono già state selezionate per fornire i vettori alla European Flight Ticket Initiative, altra idea concepita all’inizio del 2024 con la Commissione europea per dare opportunità di volo a startup del settore attraverso la partecipazione, con fondi pubblici, ai costi di lancio. Inserita all’interno del programma europeo denominato “Boost!” – col punto esclamativo – è quello che molte grandi aziende si attendono.

 

Un mercato piccolo per molti

La launcher challenge è aperta a qualsiasi operatore economico soddisfi i requisiti geografici summenzionati, motivo per cui potrebbe coinvolgere anche realtà già consolidate come Avio e ArianeGroup, oppure MaiaSpace, la compagnia nata dalla stessa ArianeGroup fuori dal contesto Esa, e francese al 100%.

Non è perciò da escludere che, a partire dal 2025, il panorama andrà affollandosi di nuovi attori in potenziale concorrenza tra loro, uno scenario comprendente anche i due protagonisti storici, forti, già oggi, di un portafoglio ordini ricco e sui quali sono stati investiti miliardi di euro di fondi pubblici. Detto altrimenti, è evidente come gli equilibri – con incisive conseguenze sulla politica internazionale – si faranno sempre più difficili.

Per evidenziarne la complessità, andrebbe ricordata anche la dura presa di posizione di Asd Eurospace, l’associazione delle più importanti compagnie spaziali europee: in reazione alle conclusioni del recente Space Council fra Esa e Unione europea, Eurospace ha scritto, nero su bianco, non si sia fatto abbastanza per alimentare un mercato che oggi intercetta una domanda di servizi spaziali sottodimensionata rispetto a quella statunitense. Tutto mentre un confronto sul mercato internazionale è complicato dalla concorrenza spietata di SpaceX.

In America ci sono due i colossi nell’ecosistema dei lanci spaziali: SpaceX e United Launch Alliance (Ula), più la piccola RocketLab. Per certi versi azzardato, il paragone tra le due sponde dell’Atlantico evidenzia comunque quanto la sfida che attende l’Europa sia, anzitutto, quella di mettere lo spazio al centro degli interessi di governi e istituzioni per alimentare la domanda di servizi.

L’attuale ritmo di trasformazione globale richiede più di strategie industriali sovranazionali, intergovernative e nazionali disarticolate – scrive Eurospace – altre potenze spaziali come gli Stati Uniti hanno avviato programmi adeguati per supportare l’innovazione e la sostenibilità della loro base industriale. È giunto il momento di intraprendere un’azione decisiva per dotare l’Europa degli strumenti necessari a diventare una vera ‘potenza spaziale’, all’altezza della sua immaginata statura globale […] è necessario e urgente che l’Europa elabori e attui una strategia industriale coerente a livello europeo per lo spazio”.

Un primo passo, ma senza il quale sarà difficile capire come farne altri significativi.

 



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