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Missioni low cost per Marte: la Nasa seleziona nove aziende

Nell’ambito del Mars Exploration Program, l’agenzia statunitense ha individuato 12 proposte da compagnie commerciali per trasporto payload, imaging della superficie e comunicazioni

DI EMILIO COZZI

La Nasa cerca soluzioni low cost per Marte.

Lungi dalla boutade, è il contesto a imporlo, uno scenario in cui per far accadere le cose occorre sborsare decine se non centinaia di milioni di dollari alla volta. Lo scrive l’agenzia spaziale statunitense, la stessa che negli anni 60 spendeva decine di miliardi di dollari ogni anno per raggiungere la Luna e abbandonarne la superficie dopo qualche giorno.

Nel 2022, a fine maggio, si è tenuto il Low cost Mars workshop a Pasadena, in California. Obiettivo: “Fornire un forum per la comunità di Marte – compresi scienziati, ingegneri, tecnologi e rappresentanti dell’industria – in modo da condividere idee e approcci per l’esplorazione a basso costo del Pianeta Rosso”.

Pochi giorni fa si è giunti a uno dei punti di svolta: la Nasa ha selezionato nove compagnie commerciali che hanno risposto alla request for proposal del 29 gennaio, per portare avanti 12 progetti, architetture e soluzioni per servizi di diverso tipo nell’ambito del Mars Exploration Program, l’esplorazione robotica che servirà a preparare l’arrivo di astronaute e astronauti.

I principali ambiti di applicazione sono quattro: servizi di consegna e hosting di piccoli payload; servizi di consegna e hosting di grandi payload; servizi di imaging della superficie di Marte; servizi di connessione di prossima generazione. Tre aziende hanno visto approvate due proposte per questa prima fase di studio, che potrebbe portare a ulteriori request for proposals tra 12 settimane, ad agosto: sono Blue Origin, Astrobotic e Lockheed Martin.

 

Spacecraft e “trattori spaziali”

Le prime due sezioni riguardano la consegna di carichi paganti destinati al Pianeta Rosso. Idee per il trasporto di piccoli payload sono quelle di Lockheed Martin, che consistono, molto genericamente, nell’adattamento di un mezzo già sviluppato per l’esplorazione lunare (Lockheed Martin ha costruito il modulo per equipaggio della navetta Orion); così anche per Firefly Aerospace, che sta lavorando a un lander lunare, Blue Ghost; Impulse Space propone di adattare un veicolo di trasferimento orbitale nelle vicinanze della Terra, in altri termini un trattore, o rimorchiatore spaziale, come il propulsore Helios e il satellite per l’hosting di payload Mira.

Per carichi maggiori, la Nasa ha scelto le soluzioni di United Launch Alliance (Ula), con la modifica dello stadio superiore criogenico di un vettore usato in prossimità della Terra attraverso l’adattamento di un mezzo usato per l’orbita terrestre e l’esplorazione della Luna: è molto probabile si partirà dal razzo New Glenn e dal lander Blue Moon di Blue Origin; anche Astrobotic Technology propone la modifica di un lander per l’esplorazione lunare.

 

Marte visto dall’alto

Un pianeta tutto da sfruttare va conosciuto a fondo. Esistono già cartografie ad alta risoluzione di Marte che, con la sua atmosfera, è però un sistema in evoluzione continua e va mappato con precisione per compilare piani di atterraggio ed esplorazione. Per questo vanno identificati nuovi servizi di imaging dall’orbita. Tra le proposte, la Nasa ha selezionato quelle di Albedo Space Corporation, con l’adattamento dei satelliti di imaging che saranno presto lanciati in orbita terrestre bassa e avranno una risoluzione, dichiarata, di 10 centimetri (livello militare); vale lo stesso per Redwire Space, nata dalla fusione di due storiche compagnie spaziali che hanno realizzato sonde per importanti missioni Nasa; Astrobotic Technology intende invece modificare una sonda orbitante per l’esplorazione lunare con la capacità di realizzare immagini del suolo.

 

Collegare il Pianeta rosso

Le trasmissioni riguarderanno i dati principalmente per l’esplorazione robotica, ma con un’infrastruttura collaudata anche gli equipaggi umani potranno beneficiare del collegamento con il campo base, con altri mezzi in esplorazione e, ovvio, con la Terra. Non poteva mancare SpaceX: la compagnia di Elon Musk dispone già di un’esperienza di alto livello in tema di collegamenti spazio-suolo. L’adattamento di satelliti Starlink, di per sé low cost perché prodotti in serie e a decine, parrebbe una evoluzione logica. All’ambito è interessata, ancora, Lockheed Martin, che ha proposto un relay di comunicazione tramite un orbiter marziano modificato; Blue Origin punterebbe invece su un satellite utilizzato in prossimità della Terra e per l’esplorazione lunare.

Ciascun progetto selezionato ha ricevuto un finanziamento iniziale tra i 200 e i 300 mila dollari, ha confermato la Nasa, per produrre un report dettagliato entro 12 settimane. In seguito l’agenzia spaziale pubblicherà un rapporto riassuntivo, ma ancora senza impegnarsi in ulteriori finanziamenti per lo sviluppo.

 

Dalla Terra alla Luna fino a Marte

Conferma l’approccio low cost il fatto che, in ogni caso, si tratti di concept derivati da progetti già in via di sviluppo o di tecnologie esistenti.

Intorno alla Terra, e a breve anche in prossimità della Luna, l’industria e le agenzie spaziali hanno fatto e faranno di tutto. Perché non sfruttare questa eredità quando sia traducibile in un risparmio di tempo, costi, e con prodotti già testati? Magari con modifiche che tengano conto delle radiazioni fuori dalla protezione del campo magnetico terrestre, della maggiore distanza dal Sole – quindi con pannelli solari più ampi – e con antenne per comunicare con la Terra, a centinaia di milioni di chilometri di distanza.

Sarà solo il preludio, la creazione di un ecosistema tecnologico per il successivo approdo di un equipaggio umano, per cui le soluzioni low cost non saranno ammesse e la ridondanza diventerà imprescindibile (tecnologie di backup, pezzi di ricambio, sistemi aggiuntivi). Trovare un pianeta “connesso” con un sistema di navigazione efficiente e un servizio cargo puntuale non potrà, comunque, che essere un vantaggio.

È da sottolineare come a questo paradigma, teso al risparmio, non sfugga nemmeno l’altra grande avventura che vede la Nasa e l’Agenzia spaziale europea insieme per portare sulla Terra campioni di suolo marziano, quelli raccolti dal rover Perseverance e stoccati in capsule da prelevare e spedire per essere analizzati da laboratori più sofisticati di quelli del robot. Il Mars Sample Return è in questi anni più che mai a rischio, con finanziamenti ridotti all’osso e la prospettiva di uno slittamento fino al 2040, già annunciato dalla stessa Nasa. Per evitare un ritardo considerato “inaccettabile”, come l’ha definito l’amministratore dell’agenzia, Bill Nelson, la Nasa ha avviato una ulteriore request for proposals alle aziende, deputata a trovare soluzioni a basso costo. Non è un caso: all’orizzonte c’è la Cina, che ha programmato una missione dello stesso tipo per il 2030.



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