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Spazio, 2035: 1800 miliardi di opportunità. Hardware e servizi, sarà un Big Bang

Il rapporto del World Economic Forum tratteggia una new space economy sempre più presente nelle nostre vite. E capace di produrre ricchezza grazie a costi decrescenti e alle applicazioni derivate

DI EMILIO COZZI

Un’esplosione, un boom, un Big bang.

La si chiami come si vuole, ma l’economia spaziale avrà un’espansione inarrestabile nel prossimo decennio. Lo dicono i dati del World Economic Forum: un valore globale di 1.800 miliardi di dollari nel 2035, dai 630 del 2023. Cioè una crescita media del 9% all’anno, superiore a quella del Pil mondiale.

Bene ricordare come il fenomeno arrivi da lontano e non sia del tutto imprevisto. Semmai è il suo vigore a sorprendere, una cavalcata che avrà meno a che fare con l’hardware e molto di più con le applicazioni che ne derivano. Protagoniste saranno sempre più le iniziative commerciali. Prospettive che, per quanto “depresse” da ragioni contingenti (politiche, d’emergenza, si pensi al Covid o alle guerre) vedono la forbice aprirsi da un minimo di 1.400 miliardi fino a 2.300 miliardi nella stima più ottimistica

 

È la società di consulenza McKinsey & Company a firmare il report Space: The $1.8 Trillion opportunity for global economic growth, per il Wef, pubblicato all’inizio di aprile e redatto con il coinvolgimento di oltre 60 opinion leader del settore pubblico, privato e no-profit, in rappresentanza di oltre 15 settori e della maggior parte del mondo.

Il dossier distingue due macroaree: la spina dorsale, o backbone, che comprende la costruzione dell’hardware, come satelliti e razzi, e i servizi direttamente prodotti dalle infrastrutture orbitanti (come quelli per la Difesa, il geoposizionamento, le comunicazioni e il broadcasting). La proiezione per quest’area parte da 330 miliardi di dollari nel 2023 per raggiungere i 755 miliardi nel 2035. La seconda macroarea è rappresentata dal reach, vale a dire quello che dalla spina dorsale si ramifica in termini – principalmente – di sfruttamento dell’informazione, che da poco meno del 50% della space economy attuale (300 miliardi) diventerà preponderante con 1.035 miliardi nel 2035.

Si parta da qui.

 

Servizi derivati, sfruttare la miniera

Oggi l’informazione che arriva dallo spazio costituisce una miniera d’oro: centinaia di terabyte quotidiani “piovono” in server (molti dei quali, come le repository delle Sentinelle Copernicus, sono di libero accesso e sfruttamento) e generano ricchezza grazie a software, algoritmi e applicazioni di intelligenza artificiale, per fornire servizi anche ad aziende storicamente avulse dalle attività extra-atmosferiche; per esempio, quelle che sfruttano i servizi di navigazione, come le app di ride hailing (tipicamente Uber) oppure la consegna di beni come quelle di corrieri e droni che portano fino alla soglia di casa un pacco o la spesa quotidiana. Sarà soprattutto questo segmento a guidare l’espansione.

Per il ride hailing i ricavi sono previsti in crescita da 61 miliardi di dollari nel 2023 a 300 miliardi nel 2035; il vehicle sharing registrerà un incremento da 11 a 64 miliardi. La consegna dell’ultimo miglio per merci deperibili, alimenti e bevande, da 100 miliardi di dollari arriverà a valerne 334. Nello stesso periodo, i servizi di tracciamento personalizzati per l’intrattenimento e lo sport passeranno da 2 a 9 miliardi di dollari, favoriti da una crescente offerta di dispositivi indossabili smart capaci di sfruttare i dati (5 miliardi di dollari nel 2023, 20 miliardi di dollari nel 2035).

In generale, si legge nel rapporto, “lo spazio diventerà sempre più una connessione tra persone e beni”. Cinque settori – catena di approvvigionamento e trasporti; alimenti e bevande; difesa finanziata dallo Stato; vendita al dettaglio, beni di consumo e lifestyle; comunicazioni digitali – genereranno oltre il 60% dell’aumento dell’economia spaziale entro il 2035. “Ogni industria può essere un motore per l’economia spaziale”, si sottolinea. Ma sarà anche e sempre di più una connessione tra cose e cose, data la crescente importanza dell’Internet of things nel collegare in un’unica rete mezzi, dispositivi e macchinari attraverso Gps, telecontrollo e diagnosi.

Per quanto riguarda la backbone, le comunicazioni rimarranno la principale fonte di reddito commerciale, grazie alle nuove costellazioni, ad esempio per la mobilità nelle aree remote, e cannibalizzeranno la domanda tradizionale di satelliti più grandi, crescendo da 133 miliardi di dollari nel 2023 a 218 miliardi nel 2035. Man mano che le costellazioni di grandi dimensioni come Starlink, Project Kuiper e OneWeb raggiungeranno la piena diffusione, il mercato beneficerà delle applicazioni di banda larga e connettività. Da segnalare, tra i pochi dati col segno meno, una diminuzione prevista degli abbonati alle tv satellitari col crescere dello streaming. Broadcasting satellitare che comunque resterà lo “zoccolo duro” del settore comunicazioni (da 98 a 103 miliardi) sebbene con revenue dal margine di crescita più ristretto (4 percento all’anno), da 133 a 218 miliardi.

 

Chip, smartphone e ricevitori

Che lo spazio “e i suoi derivati” entrino in futuro più direttamente nella vita di ognuno di noi è testimoniato da un’altra previsione: ricevitori e chip diventeranno sempre più pervasivi, dall’inclusione negli smartphone – che comunicheranno con i satelliti senza ponte con antenne terrestri (direct-to-device) – ai ricevitori satellitari a banda larga e ai terminali per aerei e navi. Si prevede che questo segmento crescerà dagli attuali 2 miliardi di dollari a 8 miliardi di dollari all’anno entro il 2035. Sempre restando nella parte hardware, device, miniaturizzazione e produzione di massa faranno sì che questi chip saranno integrati in quasi 3 miliardi di dispositivi prodotti ogni anno nel 2035 (rispetto agli attuali 2 miliardi). E i ricavi associati cresceranno dagli attuali 40 miliardi di dollari a 95 miliardi annui.

Nel frattempo, le applicazioni moltiplicheranno questo valore: continueranno a essere sviluppati software specifici con interfacce-utente, che vanno da semplici mappe ad algoritmi sofisticati per il percorso in tempo reale. “Solitamente monetizzati tramite pubblicità basata sulla localizzazione o tariffe per utente attivo, si prevede che i ricavi cresceranno da 7 miliardi di dollari all’anno nel 2023 a 25 miliardi di dollari all’anno nel 2035” scrivono gli esperti.

Un discorso a parte, lo merita l’osservazione della Terra: oggi vale due miliardi, è uno dei segmenti meno “pesanti”, in senso economico, ma di maggior rilievo, e promette una crescita annua del 12 percento fino a un valore di 9 miliardi in meno di dieci anni. Sarà spinto soprattutto dai settori di fornitura di energia, agricoltura, costruzioni e servizi ambientali e climatici. A questo proposito, il dossier non manca di rilevare come il remote sensing e i servizi meteo, nonostante siano una nicchia quasi impercettibile dentro ai numeri del grande business, abbiano un ruolo fondamentale nella previsione, prevenzione, mitigazione e infine nell’intervento in caso di disastri. Contribuendo a salvaguardare l’integrità di edifici e infrastrutture, consentiranno di risparmiare miliardi di dollari post-evento e, cosa più importante, di salvare migliaia di vite umane.

 

Lo spazio per la Difesa

Delle applicazioni backbone, derivate direttamente dallo spazio, poco meno della metà sono quelle finanziate dagli Stati per ragioni di difesa. Da decenni, ormai, lo spazio è parte integrante delle strategie militari; da qualche anno è anche dominio bellico. Oggi per la Difesa si spendono 66 miliardi a livello globale nel settore “core” spaziale; in poco più di un decennio si arriverà a 180 miliardi e fino a 251 miliardi (dai 94 odierni) se si considerano le applicazioni derivate. È un tasso di crescita annuale del 9 percento, che testimonia l’importanza del settore.

 

I “minatori”

In maniera controintuitiva, sono alcuni dei pochi numeri negativi a fare da volano alla crescita esponenziale. Per esempio il costo al chilo dei lanci spaziali e la produzione di satelliti, di dimensioni sempre più ridotte e con componenti via via più economiche. Un dato interessante riguarda proprio la previsione del prezzo al peso per i carichi spaziali: meno 40 percento tra il 2023 e il 2035, perché i vettori diventeranno “più riutilizzabili e pesanti”. Un razzo più potente ha infatti costi per chilogrammo lanciato molto più bassi rispetto a un lanciatore più piccolo, che, ci si attende, si prenderà un’ampia fetta di mercato, pari al 70 per cento. È forse il fattore che inciderà di più nella flessione del prezzo dei dati (-10 per cento) nonostante la domanda sia destinata a crescere del 60 percento.

Il mercato dei satelliti commerciali è destinato a triplicare, secondo l’analisi, passando da 4 miliardi di dollari nel 2023 a 12 miliardi di dollari nel 2035. La fornitura di vettori spaziali e le operazioni dei siti di lancio aumenteranno le entrate dai 13 miliardi di dollari di oggi ai 32 miliardi del 2035. Ne beneficeranno, ovvio, anche le assicurazioni, sia per quanto concerne i rischi “tradizionali” associati ai satelliti, come quelli al lancio, sia fattori nuovi, come la cybersecurity e il problema sempre più pressante degli space debris. Con più infrastrutture in orbita crescerà anche il lavoro e la necessità di strutture a terra. Questo segmento dovrebbe quintuplicare, raggiungendo gli 11 miliardi nel 2035.

Tra i fattori di spinta, il rapporto cita anche “la diversificazione degli investimenti e delle applicazioni. Un’ampia gamma di investitori ha mostrato interesse per il settore spaziale, con investimenti privati che hanno raggiunto i massimi storici di oltre 70 miliardi di dollari nel 2021 e nel 2022. Nel frattempo, anche le attività e le applicazioni spaziali stanno diventando più diversificate, con applicazioni, come il turismo spaziale, che non sembrano più uscite da un film di fantascienza”.

Non manca una questione culturale: lo spazio è diventato parte della vita di tutti i giorni, se ne parla sui media e crea entusiasmo e fiducia nel futuro.

 

Viaggiare e abitare nello spazio

Finora si sono analizzati servizi e infrastrutture unmanned, robotiche, ricchezza prodotta da macchine che lavorano dallo spazio. Anche nella più ottimistica delle previsioni, la space economy dei viaggi e dell’esplorazione spaziale umana non potrà concretizzare, nel 2035, quanto vaticinato negli anni 60, con città fantascientifiche e colonie planetarie.

Basti pensare al turismo spaziale: resterà una nicchia, sebbene un poco più “comoda”. “Fino al 2035, si prevede che le dimensioni del mercato rimarranno limitate a circa 4-6 miliardi di dollari all’anno, con la maggior parte dei ricavi del turismo spaziale provenienti da soggiorni in orbita a bordo di stazioni spaziali, grazie all’acquisto di esperienze di viaggio nello spazio da parte di clienti con un patrimonio netto molto elevato. Si prevede che i voli suborbitali continueranno e diventeranno finanziariamente più accessibili, ma rappresenteranno solo una piccola quota del mercato (non più di 1-2 miliardi di dollari all’anno entro il 2035)”. La prospettiva potrebbe cambiare un po’ se Elon Musk riuscirà a rispettare le sue promesse: usare Starship per viaggi di molte persone in orbita e oltre (magari attorno alla Luna, come per il progetto DearMoon). Si abbasserebbero forse i costi, per diventare alla portata di ricchi e non solo di “nababbi”. In generale, però, è verosimile che il turismo extra-terrestre resterà un’esperienza possibile quasi solo una volta nella vita.

La Stazione spaziale internazionale sarà “pensionata”, con grande probabilità, prima del 2035. A quel punto dovrebbero essere già in orbita e operative stazioni commerciali, come quella di Axiom o come Starlab di Airbus e Voyager Space. Per quanto riguarda certe “ventures” commerciali al di fuori dell’atmosfera, secondo gli esperti resterà ancora un cordone ombelicale difficile da recidere: “gli investimenti annuali potrebbero raggiungere tra i 2 e i 4 miliardi di dollari all’anno entro il 2030-35, la maggior parte coperta da contratti di supporto e servizi sponsorizzati dallo Stato. Analogamente, per le applicazioni lunari e cislunari (come i lander e i rover Hakuto-R di iSpace e il lander lunare di Intuitive Machines), è probabile che i contratti sponsorizzati dallo Stato rimangano un fattore chiave, con un tetto massimo di ricavi commerciali di 2 miliardi di dollari all’anno entro il 2035”.

 

Dalla ricerca ai brevetti

Nel 2023, a livello globale, si sono spesi 16 miliardi per l’esplorazione spaziale. Secondo le proiezioni diventeranno 39 nel 2035. È il capitolo più corposo della spesa civile finanziata dagli Stati, che da 59 è proiettata verso i 140 miliardi, seguita dall’osservazione della Terra. L’incremento è alimentato dal numero sempre più alto di agenzie spaziali (sono circa 90 ora) attraverso le quali i Paesi intenderanno sfruttare le nuove opportunità e affacciarsi con i propri strumenti, aziende e astronauti, fuori dalla Terra.

Questo porterà a creare innovazione ed entrate secondarie attraverso le licenze di brevetto (dai 3 miliardi di dollari all’anno di oggi ai 6 miliardi di dollari entro il 2035). “Poiché le agenzie e le aziende private perseguono un maggior numero di partnership pubblico-private, queste giocheranno un ruolo sempre più importante nel trasferire le conoscenze dai centri di ricerca finanziati con fondi pubblici a prodotti commercializzabili sviluppati privatamente, come esemplificato dal Programma di trasferimento tecnologico della Nasa”.



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