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Terzo volo di Starship: ecco cosa dovrebbe succedere

SpaceX ha pubblicato il piano di volo e gli obiettivi per il prossimo decollo dell’astronave e del suo booster, il Super Heavy, previsto per il 14 marzo. Una nuova traiettoria e alcuni test mai condotti, come l’apertura del portello e il trasferimento di carburante per la tecnologia dell’in orbit refueling

DI EMILIO COZZI

Starship è pronta per il prossimo decollo.

Si solleverà per la terza volta dalla costa del Texas diretta verso lo spazio, ma con un piano di volo diverso rispetto ai tentativi precedenti. Anzitutto perché la navetta non arriverà più nel Pacifico, ma frenerà per ammarare nell’Oceano indiano.

Poi perché, durante il volo, testerà alcune tecnologie cruciali, sia per il suo futuro impiego nel programma lunare Artemis, come il refueling orbitale, sia per le previste attività “terrestri”, come l’apertura dei portelli per il rilascio dei satelliti.

Circa il resto, SpaceX dovrà far decollare ancora una volta il razzo più potente della storia e poi farne rientrare, in maniera controllata, il vettore Super Heavy. L’obiettivo, stavolta da non mancare, sarà infatti farlo scendere nel Golfo del Messico per simulare un atterraggio.

Si partirà, come sempre, da Boca Chica, a due passi dalla battigia. La data fissata da SpaceX, il 14 marzo, potrebbe cambiare, perché al momento mancano ancora le autorizzazioni della Federal Aviation Administration (Faa), che però non dovrebbero tardare.

In sintesi, ci siamo.

Dopo il lift-off i 33 motori Raptor del Super Heavy solleveranno il colosso alto 122 metri e continueranno a spingerlo per 2 minuti e 42 secondi. Subito dopo si accenderanno i propulsori di Starship (è la fase di “hot stage”) e avverrà il distacco dell’astronave, diretta verso lo spazio, dal primo stadio, che invece farà rientro verso terra. A quel punto, circa sette minuti dopo il decollo, inizierà il primo test importante: il booster tenterà una manovra di “atterraggio”, come ormai si è soliti veder fare dai primi stadi dei Falcon 9. Scenderà in mare, dove non rischia di causare danni, ma questo servirà per mettere a punto la tecnologia di riutilizzo anche per il Super Heavy.

 

Splashdown nell’Oceano indiano

La destinazione marina è sempre di quelle da vacanza, ma molto più vicina. I primi due voli prevedevano che Starship uscisse dall’atmosfera con un volo suborbitale, destinato a concludersi dopo un’ora e mezzo dalle parti delle Hawaii. Non è mai andata come previsto. Nel tentativo precedente, lo scorso novembre, tutto si era concluso in pochi minuti con un’esplosione controllata nell’Atlantico, poco a nord di Porto Rico e le Isole vergini britanniche. Secondo SpaceX non fu un fallimento. Questa volta, però, si attendono risultati molto più convincenti.

Anzitutto capire come si comportino i motori nello spazio esterno. A novembre, Starship aveva raggiunto una quota di 150 chilometri, convenzionalmente oltre l’atmosfera, ma per un periodo di tempo molto breve. Stavolta, se tutto andrà secondo i piani, durante la crociera di un’ora si potrà testare la riaccensione dei Raptor durante il volo suborbitale (Starship non entrerà in orbita attorno alla Terra). Una volta conclusa la fase crociera, l’astronave dovrà infatti rituffarsi in atmosfera e, nei piani di SpaceX, eseguire le manovre per riorientarsi, in vista (nel futuro) di un atterraggio. Sarà anche la prima volta in cui Starship affronterà un rientro vero e le sollecitazioni che comporta, per lo scudo termico, l’attrito con l’aria.

 

Apertura del portello e rifornimento in orbita

Tra le novità che non figuravano nel piano di volo dei precedenti test, ci sono due elementi chiave per il futuro utilizzo della navetta. Il primo è banale ma cruciale: 11 minuti e 56 secondi dopo il decollo, Starship aprirà il portello del carico. Non è un’ogiva che si dischiude a metà come per molti razzi, ma un portellone dal quale è programmato che un giorno transiteranno carichi, satelliti e, infine, anche astronauti. Starship non è infatti concepita solo per la Luna, ma data la sua capacità anche e soprattutto per far fronte a un’intensa attività commerciale. Può portare fino a 150 tonnellate in orbita bassa (sono tanti, tantissimi satelliti, anche per far crescere la costellazione Starlink che ne prevede decine di migliaia) e una trentina in orbita geostazionaria. E se, come previsto, una volta in orbita fosse in grado di fare il pieno, l’astronave sarebbe capace di trasportare 100 tonnellate sul suolo selenico.

Ed è proprio pensando alla Luna (e a Marte) che sarà effettuato il secondo test, a 24 minuti dal lancio: con il portellone ancora aperto, si proverà una dimostrazione di trasferimento del propellente da un serbatoio all’altro, in condizioni di vuoto assoluto. Sarà un’altra prima volta, un passo in avanti fondamentale per operazioni più complesse e mai tentate, quando una Starship in versione “serbatoio” dovrà agganciarne un’altra e rifornirla. Sono in molti, anche in Europa, che come la Nasa guarderanno con attenzione l’esito del test.

 

Traguardare la Luna

SpaceX ha infatti l’incarico di fornire all’Agenzia spaziale americana un veicolo per un allunaggio previsto, ad oggi, per la fine del 2026. Per fare rotta verso la Luna con il suo pesantissimo carico, Starship, secondo quanto dichiarato da una dirigente della Nasa a gennaio, dovrà effettuare un numero di rifornimenti in orbita nell’ordine degli “high teens”: significa lanciare fra le 14 e le 19 Starship. Non solo; prima di imbarcare un equipaggio, dovrà anche effettuare una missione dimostrativa di discesa e risalita dalla superficie lunare. I tempi stringono.

Il programma Artemis ha subito ritardi anche per difficoltà emerse durante la prima missione senza equipaggio al sistema della capsula Orion, ma non è un segreto che una delle preoccupazioni riguarda proprio i ritardi nello sviluppo di SpaceX. I cui primi due voli, quand’anche non li si considerasse fallimentari come fanno Elon Musk e la sua azienda, non possono essere definiti un trionfo. Quello che SpaceX chiama “approccio rapido di sviluppo iterativo”, qualcosa di traducibile con meno test in laboratorio e più lanci “veri”, ha già garantito gli spettacolari “fuochi d’artificio” promessi da Musk. Un approccio allo sviluppo delle tecnologie non orfano di critiche. C’è da credere che il tycoon, questa volta, firmerebbe per vedere meno esplosioni e più risultati.



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