fbpx

In orbita partendo dall’Europa: Isar Aerospace e gli altri

Lo spazioporto di Andøya, in Norvegia, potrebbe essere il primo sito di lancio verso l’orbita terrestre bassa dall’Europa continentale. La compagnia tedesca già quest’anno potrebbe decollare per una missione storica. Ma il mercato è ancora un’incognita.

DI EMILIO COZZI

Delle grandi potenze spaziali, l’Europa – con una forzatura la si consideri tutta insieme, nonostante i distinguo ammissibili -, ebbene l’Europa è l’unica a non possedere uno spazioporto dentro i propri confini.

Il Centre Spatial Guyanais è, certo, in territorio e di proprietà francese, ma sta in quella regione oltreoceano, la Guyana Francese, difficile da definire “Europa”. In particolare per questioni logistiche: trasferire un satellite, un telescopio, una sonda o un qualsiasi payload via nave, implica un viaggio di migliaia di chilometri attraverso l’Atlantico fino a Kourou.

Tutto questo fino ad ora.

Perché, almeno in parte, qualcosa sta per cambiare: dall’isola di Andøya, in Norvegia, potrebbe partire il primo lancio dal territorio continentale verso l’orbita terrestre. E a portare a termine l’impresa potrebbe essere una compagnia commerciale tedesca: Isar Aerospace. Terza novità, a staccarsi dalla rampa sarà un micro lanciatore made in Europe.

Sono tre piccole innovazioni, tutte insieme, riconducibili, se non a una porta, almeno a una finestra aperta su una prospettiva di economia spaziale dai confini ancora incerti.

Andøya Space è la società che controlla lo spazioporto, inaugurato nel novembre del 2023, di proprietà del governo norvegese per il 90% e per il 10% dalla compagnia Kongsberg Defence and Aerospace. L’isola si trova a 69 gradi di latitudine, più a nord del circolo polare artico; la base è posizionata sulla costa a un passo (letteralmente) dall’Atlantico.

A differenza di altre strutture, come quelle di Kourou e Cape Canaveral, il sito è molto distante dall’Equatore. Partire da lì non ha quindi il vantaggio della spinta fornita dalla rotazione terrestre, molto più intensa a latitudini vicine allo 0 e capace di imprimere una velocità utile per le orbite con inclinazione media o equatoriale. La posizione rende però il sito ideale per raggiungere le orbite polari o, più ancora, quelle eliosincrone, lungo le quali i satelliti sorvolano le stesse zone sempre alla medesima ora. Sono le più utilizzate per l’osservazione della Terra, perché i sensori rilevano il terreno sempre nelle stesse condizioni di luce.

A essere precisi, Andøya è il secondo spazioporto orbitale inaugurato in Europa: nel gennaio del 2023, infatti, il re di Svezia aveva tagliato il nastro dell’Esrange Space Center a Kiruna. Entrambi hanno una storia fatta di lanci suborbitali e palloni atmosferici. Quello svedese però, se si esclude che ospiterà i primi test del prototipo di lanciatore riutilizzabile Themis sviluppato da ArianeGroup, per ora è orfano di contratti per l’utilizzo delle piattaforme di lancio.

 

Il contratto Isar per lanciare Spectrum

Isar Aerospace, nel 2021, ha firmato un contratto per l’”accesso esclusivo per un periodo fino a vent’anni a una delle rampe di lancio sull’isola di Andøya. In qualità di operatore del sito, Andøya Space fornisce anche le strutture per l’integrazione del carico utile e l’infrastruttura tecnica in loco”. Detto altrimenti, la prima piattaforma è cosa loro.

Il vettore di Isar si chiama Spectrum, è un razzo a due stadi, con propulsione liquida (ossigeno e propano) ed è capace di portare carichi fino a una tonnellata in orbita terrestre bassa. Tradotto, significa un satellite di taglia media oppure, in rideshare, diversi smallsat, micro e nanosatelliti. L’obiettivo, d’altronde, non è la potenza ma, come impone il mercato, la flessibilità.

Un piccolo lanciatore può essere assemblato e predisposto con maggiore rapidità, e anche dedicato a una sola, specifica missione. “Taylor made”, in gergo.

La disponibilità in tempi rapidi di un veicolo per l’accesso allo spazio è ciò su cui puntano, da qualche tempo, anche aziende come Rocket Lab (il razzo Electron può trasportare in orbita eliosincrona fino a 300 chili), diverse startup e grandi compagnie europee, come la stessa ArianeGroup (che sta sviluppando Maia), oltre a realtà indiane e cinesi.

Nell’imminente futuro, la disponibilità di uno spazioporto in Norvegia potrebbe garantire all’Europa una maggiore autonomia nell’accesso allo spazio con satelliti di piccole dimensioni. Un mercato in forte crescita grazie alla miniaturizzazione delle componenti e ai costi contenuti rispetto alle grandi piattaforme, due elementi che si traducono in opportunità di volo e test orbitali anche per compagnie più piccole e istituti di ricerca. Non è ancora così per i piccoli lanciatori, che devono vedersela con la concorrenza, schiacciante, di SpaceX.

 

Investimenti e accordi

Il primo lancio orbitale dall’Europa potrebbe avvenire già nel 2024. A marzo dell’anno scorso Isar Aerospace, che ha la sede a Monaco di Baviera, ha dichiarato di aver raccolto 155 milioni di euro con un round da un gruppo di investitori europei che comprende 7-Industries Holding, Bayern Kapital attraverso Scale Up Fund Bavaria, Earlybird Venture Capital, HV Capital, Lakestar, Lombard Odier Investment Managers, Porsche Automobil Holding SE, UVC Partners e Vsquared Ventures. HV Capital e Porsche SE siederanno nel consiglio di amministrazione di Isar. Vanno ad aggiungersi a un altro round di pari entità sottoscritto dagli investitori nel 2021.

Sono diversi i contratti già firmati da Isar per il servizio di consegna in orbita: per i primi due lanci da Andøya, con l’Agenzia spaziale tedesca e con l’Esa, per il trasporto di decine di microsatelliti. Nell’aprile 2022, la compagnia ha anche firmato con Airbus un launch service agreement per un satellite dedicato all’osservazione della Terra. Da allora le commesse si sono moltiplicate. Per esempio con l’italiana D-Orbit, per il trasporto del carrier Ion, cui si sono aggiunte EnduroSat, OroraTech, Astrocast, Exotrail.

Spaceflight ha prenotato un lancio dalla Norvegia con l’opzione di un secondo dalla Guiana Francese.

 

Un mercato già affollato, ma che ancora deve nascere

È un indizio – un altro – del fatto che i micro lanciatori presto potrebbero non essere più considerati una nicchia. Il Cnes, l’agenzia spaziale francese, che gestisce lo spazioporto di Kourou, sta modificando la piattaforma Diamant, dalla quale partivano gli omonimi razzi francesi negli anni 70, per renderla idonea al decollo di micro lanciatori. Nel luglio del 2022 Isar è stata selezionata per l’utilizzo della base, un altro operatore tedesco, Rocket Factory Augsburg, ha ottenuto l’ok un anno dopo. Ulteriori cinque compagnie sono state preselezionate per l’utilizzo del Diamant: l‘italiana Avio, la tedesca HyImpulse, la già citata MaiaSpace, la spagnola Pld Space, e un’altra francese, Latitude.

A onore di cronaca, andrebbe ricordato che la prima compagnia a provare un decollo orbitale dall’Europa è stata Virgin Orbit, decollando dalla Cornovaglia, in Inghilterra, nel gennaio del 2023. Le cose non andarono bene. Lo spazio ribadì ancora una volta quanto il settore si presti poco ad approcci di rigore non estremo. Un monito per le startup dalle grandi speranze, chiamate non solo a raggiungere i propri obbiettivi, ma anche a farlo risultando affidabili. Sempre.

 

Le intenzioni ci sono. È il mercato a essere più incerto, almeno oggi.

L’analisi delle possibilità reali deve invero partire dai prezzi: il liftoff con un micro lanciatore ha un costo assoluto inferiore rispetto a quello di un razzo più potente. Il costo al chilo è tuttavia maggiore, per una questione di scala. Se nessuno, al mondo, riesce a battere SpaceX su questo campo (su tutti i campi, a dire il vero, data l’affidabilità della compagnia di Elon Musk), le startup e i razzi di piccole dimensioni non partecipano nemmeno alla stessa gara: per raggiungere l’orbita eliosincrona, SpaceX promette un costo di 300mila dollari per un payload di 50 chili, in rideshare, quindi in condivisione con il carico di altri clienti. Fanno 6mila dollari al chilo. Un lancio, esclusivo, con lo Spectrum, a sentire il Ceo Daniel Metzler, costerà tra i 10,7 e i 12,8 milioni: in soldoni, stricto sensu, tre volte il prezzo al chilo. Con l’Electron di Rocket Lab (7,5 milioni per 300 chili in orbita), i dollari per spedire ogni chilogrammo oltre il cielo sono 25mila. E considerato il ritmo di lanci cui ci ha abituati SpaceX (quattro in rideshare con micro satelliti nel 2023), una frequenza destinata ad aumentare nei prossimi anni, il confronto rimane impietoso. Almeno per ora.

 



This website uses cookies and asks your personal data to enhance your browsing experience.