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Così la Nasa rottamerà la Iss: un veicolo la trascinerà giù nel 2031

L’agenzia ha pubblicato una Request for proposals all’industria. Servirà un mezzo che agganci la Stazione spaziale internazionale e la faccia deorbitare per terminare nel Pacifico

DI EMILIO COZZI

Da quasi un quarto di secolo solca il cielo, abitata da astronauti che ci vivono per mesi, ci lavorano, svolgono esperimenti e si fanno ambasciatori del progresso tecnologico e scientifico di cui beneficia tutta l’Umanità.

La Stazione spaziale internazionale è una presenza silenziosa, un avamposto che, dopo oltre vent’anni, è assurto a caposaldo quasi “naturale” di una civiltà sempre più proiettata oltre l’atmosfera. Insieme è il simbolo più efficace di una collaborazione internazionale pacifica protrattasi oltre il tempo e attraverso le tensioni terrestri.

Limiti di età e tecnologici sono però sempre più evidenti: è arrivato il momento di pensare a come liberarsene.

Lo sta facendo la Nasa, che sta approntando preparativi per la “rottamazione” del laboratorio orbitante, un’impresa difficile, quasi quanto la sua costruzione, iniziata il 20 novembre del 1998, con il lancio del modulo russo Zarya, seguito, appena sedici giorni dopo, dallo Unity americano portato in orbita dallo space shuttle Endeavour.

Il completamento della Stazione spaziale internazionale ha richiesto oltre un decennio per essere attuato. Nel frattempo, dal 2000, il laboratorio ha iniziato a essere occupato in maniera permanente, con gli equipaggi di diverse nazionalità: la Expedition 1 arrivò a bordo il 2 novembre del 2000 e da allora c’è sempre stato qualcuno lassù. La Iss continuerà a essere abitata, verosimilmente, fino alla fine di questo decennio. La Nasa ha deciso che l’epilogo di questa straordinaria avventura si consumi con un rientro in atmosfera e un tuffo nell’oceano Pacifico, lontano da qualsiasi terra emersa, in quel luogo, il cimitero spaziale, conosciuto come “Punto Nemo”.

Per farlo, ha pubblicato un bando per la costruzione di un velivolo in grado di agganciare la Iss e trascinarla giù. Un servizio che sarà fornito da un privato.

 

La vecchia stazione

La Stazione spaziale internazionale è ormai obsoleta e i costi di mantenimento e manutenzione non sono più in linea coi tempi. È il momento di passare il testimone. Ad Axiom Space, per esempio, azienda texana già protagonista di diverse missioni commerciali in orbita terrestre bassa – compresa quella con il colonnello Walter Villadei – che sta realizzando i moduli della prima stazione privata (alcuni Made in Italy, grazie a Thales Alenia Space). Si agganceranno alla “vecchia” Iss per poi staccarsene e diventare un avamposto autonomo. Altre aziende (Blue Origin, Sierra Space e Boeing; Nanoracks, Voyager Space e Northrop Grumman) stanno progettando la propria, col supporto della stessa Nasa, che ha provato a “piazzare” alcuni elementi della Iss per farli riutilizzare, ma non ha ricevuto alcun “interesse concreto da parte dell’industria”.

Il motivo lo ha spiegato direttamente l’agenzia spaziale americana: “I moduli e i componenti principali della Stazione spaziale internazionale hanno un’architettura specifica per l’alimentazione, i dati e la struttura che potrebbe non essere compatibile con le piattaforme future. Inoltre, lo smontaggio è molto complesso e costoso, e alcuni livelli di disassemblaggio sono impraticabili”. Senza dimenticare che “gran parte dell’hardware strutturale della Stazione è stato progettato e costruito tra la fine degli anni 90 e gli anni 2000. Le nuove destinazioni commerciali beneficeranno di progressi tecnologici più recenti”.

 

Serve un Caronte

Le opzioni prese in esame per “decommissionare” la Iss sono state diverse: oltre al riutilizzo, come detto, non praticabile, si è pensato di smontarla e riportarla sulla Terra a pezzi, magari per essere esposta in un museo. Troppo difficile e costoso, non essendo le strutture progettate per questo ed essendo necessaria per ogni elemento una missione spaziale ad hoc.

Lasciarla precipitare senza controllo è un’altra possibilità inammissibile. La Iss è enorme: grossa quanto un campo da calcio e con una massa di 400 tonnellate, è l’infrastruttura più imponente mai costruita nello spazio. Molti degli elementi sopravvivrebbero al rientro in atmosfera e potrebbero cadere ovunque, un rischio da evitare. Ed è ancora la sua stazza a rendere impraticabile la soluzione “dell’orbita cimitero”. La Iss gira attorno alla Terra a 400 chilometri di quota, significherebbe “parcheggiarla” a oltre 36mila chilometri. Di nuovo, troppo impegnativo e costoso.

Il rientro controllato è l’unica soluzione per evitare che i suoi pezzi cadano su aree popolate. Dato il disimpegno che i russi hanno annunciato e che potrebbe concretizzarsi ben prima del 2030, è difficile immaginare di guidarla sfruttando i motori delle capsule Progress, per esempio. Lo studio condotto dalla Nasa indica la necessità di un nuovo veicolo per traghettare la Stazione verso la sua fine.

Il “Caronte” – o Usdv – sarà scelto tra un ventaglio di proposte che arriverà dall’industria (il termine, prorogato, è il 12 febbraio). Sarà un “Deorbiting Vehicle” che potrà essere “un nuovo progetto, o il riadattamento di un veicolo esistente, che dovrà funzionare al suo primo volo e avere sufficiente ridondanza e capacità di recupero dalle anomalie per proseguire il processo di deorbiting. Prevediamo ci vorranno anni per lo sviluppo, la verifica e la certificazione di un veicolo di questo tipo” scrive la Nasa nella Request for proposals (il bando per la selezione). Tra maggio e giugno 2024 si conoscerà il nome dell’azienda selezionata per realizzare il progetto.

 

Addio alla Iss

Tra le 630 pagine della Rfp c’è anche una lista di “Assumptions” che dà un’idea dei tempi: questo decennio sarà, secondo la Nasa, quello più intenso per quanto riguarda studi, esperimenti e avanzamenti tecnologici, anche per supportare l’esplorazione spaziale che verrà: la Luna, Marte, ma anche i nuovi avamposti commerciali che continueranno il lavoro svolto sin qui dalle agenzie spaziali. La Nasa specifica che sarà uno dei clienti migliori della Axiom Space Station e delle altre destinazioni orbitali che nasceranno. Il decollo dello Usdv è previsto per il secondo quarto del 2030, mentre l’ultimo capitolo, la discesa verso l’oceano Pacifico, avverrà nel secondo quarto del 2031.

La Nasa descrive così gli ultimi istanti della Iss: “Prima si staccheranno i pannelli solari e i radiatori, poi avverranno la rottura e la separazione dei moduli intatti e della boma – il traliccio ‘spina dorsale’ della struttura, ndrinfine ci saranno la frammentazione dei singoli moduli e la perdita dell’integrità strutturale del traliccio. Mentre i detriti rientreranno nell’atmosfera, si prevede che il rivestimento esterno dei moduli si sciolga ed esponga l’hardware interno a un rapido riscaldamento e alla fusione. Si prevede che la maggior parte dell’hardware della Stazione bruci o si vaporizzi durante l’intenso riscaldamento associato al rientro atmosferico, mentre alcuni componenti più densi o resistenti al calore, come le sezioni della boma, dovrebbero sopravvivere al rientro e precipitare in una regione disabitata dell’oceano”.

In tanti l’abbiamo vista al tramonto e nelle prime ore della notte sfrecciare tra le stelle, a tratti, l’oggetto più luminoso del firmamento. È stata teatro di scene che resteranno nella storia della nostra civiltà. Collaborazione internazionale, divulgazione scientifica, studi, scoperte e invenzioni che – a volte senza nemmeno lo si sapesse – hanno reso la vita collettiva migliore. Lassù, in orbita, si sono avvicendati centinaia di astronauti da oltre venti Paesi, in maggioranza russi e statunitensi, che nonostante le tensioni politiche e militari tuttora continuano a lavorare gomito a gomito per il bene del progresso, in pace lì dove la vista permette di abbracciare il Pianeta. Sono testimoni dei cambiamenti causati dall’umanità. Quelli si vedono anche da sopra il cielo, a differenza dei confini disegnati sulle cartine e per i quali nascono i conflitti. Non resterà alcunché del più glorioso palazzo mai eretto dal genere umano.  Anche per questo sarà ancora più difficile dirgli addio.



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