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Anno spaziale 2024: la Luna è la prossima frontiera

Missioni verso il nostro satellite naturale si susseguiranno a ritmo record, mentre si attende, a dicembre, il decollo di Artemis II con il primo equipaggio nei quartieri selenici dai tempi del programma Apollo. Nuovi razzi al debutto – con grande attesa per quelli europei – e missioni interplanetarie. Un anno spartiacque per capire chi ci sia, davvero, nello spazio che conta

DI EMILIO COZZI

Sono gli anni della Luna. Il 2024 non è il primo e, di certo, non sarà l’ultimo. Il traffico verso il nostro satellite naturale si prenderà gran parte dell’attenzione, a oltre mezzo secolo dall’avventura del programma Apollo. E culminerà con Artemis II, la missione destinata a riportare un equipaggio attorno alla (non ancora sulla) Luna. lo sforzo dichiarato dalla Nasa, questa volta, è “andare per restare”. Per farlo, occorre inventare nuovi modi di esplorare.

Il calendario 2024 che, c’è da scommetterci, sarà un nuovo anno record per i lanci spaziali, è colmo di appuntamenti suggestivi e momenti cruciali. Sonde decolleranno anche verso Marte, Giove e Venere. I test di nuovi razzi segneranno il progresso di Paesi e aziende che si affacciano fuori dall’atmosfera, o che provano a consolidare una storia già ricca di traguardi raggiunti. Ognuno rappresenterà un giro di boa per misurare l’ambizione di ciascuno e il posto assegnatogli nello “spazio che conta”.

 

L’esplorazione commerciale del programma Nasa

Subito a gennaio, l’8, si parte per la Luna, con un doppio debutto: il lancio inaugurale del nuovo razzo Vulcan Centaur della United Launch Alliance (Ula) spingerà infatti il lander Peregrine e il rover Iris della compagnia Astrobotic. La prima di tre missioni di Intuitive Machines partirà poco dopo, il 13 gennaio. La compagnia statunitense, come anche Astrobotic, partecipa al programma della Nasa “Commercial Lunar Payload Services” (Clps), missioni allo scopo di testare tecnologie di esplorazione sul suolo selenico. (IM-1) porterà il lander Nova-C nel cratere Malapert A, vicino al Polo sud della Luna. Si getteranno in questi mesi le fondamenta tecnologiche per capire dove stabilire la prima colonia e come fare per sfruttare le risorse in situ.

Anche IM-2 è programmata per il primo quarto dell’anno, questa volta per approdare con un lander, un rover, un “hopper”, un trapano per trivellare la regolite e il ghiaccio e diversi altri strumenti, piccoli rover e dimostratori tecnologici di privati, nei pressi del cratere Shackleton, ancora al Polo sud. Proprio lì dove sono destinati ad allunare gli astronauti del programma Artemis. IM-3 scenderà invece nell’Oceanus Procellarum, con diversi carichi tra cui un rover della Nasa. Blue Ghost 1 di Firefly Aerospace, il cui lancio è previsto per la seconda metà del 2024, porterà una serie di carichi, dieci sponsorizzati dalla Nasa, nell’ambito dell’iniziativa Clps. Il lander Blue Ghost dell’azienda texana atterrerà nel Mare Crisium per studiare la regolite lunare.

 

Giappone e Cina; poi gli Stati Uniti

Il 6 settembre 2023 è decollato dal Giappone un piccolo robot, Slim, missione del Sol levante che arriverà sulla Luna, si prevede, il 19 gennaio. Sarà il terzo tentativo della Jaxa (l’agenzia spaziale nipponica) dopo due fallimenti, di scendere sulla superficie lunare proprio per testare, anzitutto, le capacità di allunaggio.

Più avanti, nell’anno, si comincerà a fare esplorazione più propriamente intesa: a maggio sarà la Cina a imbarcarsi in una nuova impresa, mai tentata da nessuno: Chang’e-6 punterà al lato nascosto della Luna, come già Chang’e-4 (il primo mezzo costruito dall’uomo riuscito a posarvici, all’inizio del 2019). Questa volta, però, la missione prevede anche la raccolta di campioni da portare sulla Terra.

A novembre, insieme con un nuovo lander Astrobotic (Griffin), partirà il rover Viper in testa a un razzo Falcon Heavy di SpaceX. Si tratta di una missione ambiziosa, perché destinata a esplorare, per oltre tre mesi, i dintorni del cratere Nobile, vicino al Polo sud. È previsto che Viper si addentri nelle zone perennemente in ombra alla ricerca di acqua (sotto forma di ghiaccio) con un trapano e uno spettrometro. Andrà cioè a caccia di risorse, che in futuro potrebbero essere estratte e utilizzate dai primi insediamenti umani (se ne era scritto già in questo articolo).

Ci riproverà anche l’azienda giapponese ispace, con la missione Hakuto-R, a diventare la prima azienda privata a mettere le zampe (e le ruote, con un micro rover) sulla Luna.

A dicembre, sempre non ci siano slittamenti, è previsto il grande evento spaziale dell’anno: dal complesso di lancio 39B del Kennedy Space Center, in Florida, partiranno i primi astronauti a tornare dalle parti della Luna, a bordo del gigantesco Space Launch System. A cinquantadue anni dai predecessori – era l’Apollo 17 e correva il dicembre del 1972 – tre statunitensi e un canadese si avventureranno fino alla Luna, seduti nella capsula Orion, per la missione Artemis II. Il loro viaggio, di dieci giorni, sfiorerà il nostro satellite naturale per ritrovarsi, con un’orbita molto allungata, nel punto più lontano dalla Terra mai raggiunto da un essere umano. La missione sarà la prova generale per testare i sistemi di trasporto (il razzo, la capsula Orion, il suo Modulo di servizio frutto della collaborazione con l’Europa) fino all’orbita lunare.

Sarà solo con Artemis III – ufficialmente ancora programmata per la fine del 2025 ma ormai data per rinviata almeno all’anno successivo – e soprattutto con Starship, che per la prima volta dopo oltre mezzo secolo degli astronauti potranno scendere, calcare e lasciare la propria impronta sulla polvere selenica. Prima, appunto, serve un veicolo per percorrere le ultime miglia.

 

Starship, Ariane e gli altri

Il 2024 promette spettacoli clamorosi anche da Boca Chica, in Texas. Dalla Starbase affacciata sul golfo del Messico è certo decolleranno altre Starship. Dopo i due primi lanci riusciti solo in parte e conclusi col botto, purtroppo in senso letterale, SpaceX dovrà affrettarsi a collaudare la propria astronave. Serve alla Nasa per sbarcare sulla Luna, certo, ma anche per trasportare persone in crociere nello spazio profondo, e per consegnare in orbita i carichi più disparati, con il razzo più potente mai costruito. Sono tanti progetti ancora sulla carta, per un vettore cruciale che tuttavia, nello spazio, finora ha trascorso solo qualche minuto.

Un appuntamento importante riguarda l’Italia: nella notte fra il 9 e il 10 gennaio, decollerà Ax-3, la terza missione della compagnia privata Axiom, diretta alla Stazione spaziale internazionale. A bordo ci sarà Walter Villadei, colonnello dell’Aeronautica militare, insieme con altri tre astronauti: Michael López-Alegría, ex Nasa, il primo astronauta turco a volare nello spazio, Alper Gezeravci, e lo svedese Marcus Wandt, selezionato tra le riserve dell’Agenzia spaziale europea (l’Esa). Il loro viaggio non è finanziato da agenzie spaziali o da privati, ma dai rispettivi governi. Anche questo è un cambio di paradigma, che sfrutta il servizio privato di accesso all’orbita (Axiom è “l’agenzia viaggi”, il lanciatore e la capsula sono di SpaceX).

Tra il 15 giugno e la fine luglio l’Europa dovrebbe invece assistere al debutto del lungamente atteso Ariane 6. Il vettore “pesante” costruito da Arianegroup, originariamente previsto in servizio entro il 2020, dirà se anche il Vecchio continente potrà tornare a sedersi tra i grandi dello spazio rivendicando una sua autonomia di accesso all’orbita terrestre e lunare. Discorso simile per Vega C: dopo il fallimento, nel dicembre del 2022, del primo lancio commerciale e dopo il caso dei serbatoi smarriti dell’ultimo Vega, il cui ultimo lancio è attualmente previsto nel settembre del 2024, Avio non può permettersi errori.

Nell’aprile 2022, Amazon comprò ben 18 lanci Ariane 6 per portare in orbita i satelliti della costellazione Kuiper. A quelli, inaspettatamente, se ne sono aggiunti anche alcuni a bordo di Falcon 9, forniti dalla diretta concorrente dell’internet satellitare, SpaceX, che ha la sua Starlink. Nel 2024, però, l’azienda di Jeff Bezos potrebbe lanciare nello spazio un razzo proprio, il New Glenn, il doppio più potente di un Falcon 9, come quest’ultimo parzialmente riutilizzabile, e potenzialmente in grado di insidiare segmenti di mercato presidiati dalla compagnia di Elon Musk.

A proposito di veicoli spaziali, gli Stati Uniti potrebbero raddoppiare: con anni di ritardo rispetto alla tabella di marcia, ad aprile dovrebbe infatti volare anche una capsula Boeing Cst-Starliner con un equipaggio al proprio interno. È il Boeing Crew Flight Test (Cft) della Nasa.

Gli astronauti Butch Wilmore e Sunita Williams voleranno verso la Stazione spaziale internazionale. Se tutto andasse come previsto, gli Stati Uniti avrebbero ben due navette con cui inviare in orbita i propri astronauti. Una cargo, il Dream Chaser di Sierra Aerospace, è parimenti pronta a debuttare per fare la spola con i rifornimenti per gli abitanti dell’avamposto orbitante. È un minishuttle, riutilizzabile con rientro aerodinamico, proprio come lo Space Shuttle. E adibito anche al trasporto umano.

Non ci si dimentichi dell’India. Dopo essere diventato, nell’agosto del 2023, il quarto Paese a sbarcare sulla Luna, ora promette di allungare ulteriormente il suo passo: nel 2024 New Delhi testerà Gaganyaan, il proprio veicolo per il trasporto astronauti. La prima di almeno due missioni decollerà fino a un’altitudine di 15 chilometri, concentrandosi sulle procedure di simulazione di aborto. Seguirà un secondo volo di prova con Vyommitra, un robot umanoide, salendo di quota. Il primo volo spaziale con equipaggio dell’India potrebbe avvenire già entro la fine dell’anno, sebbene sia più probabile vederlo nel 2025.

 

Lo spazio profondo: Marte, Giove, Venere e l’asteroide

Oltre i cancelli dell’orbita terrestre c’è un universo da esplorare. E per fortuna le missioni costruite per farlo non mancheranno. Due sonde già ben avviate nella loro crociera attraverso il Sistema solare faranno incontri importanti: ad agosto Juice, dell’Agenzia spaziale europea, tornerà a sfiorare la Terra, per ricevere un assist gravitazionale nella sua rotta verso le lune di Giove. BepiColombo, invece, aggiusterà la sua orbita con un flyby su Mercurio a settembre.

Nello stesso mese, a settembre, partirà la giapponese Martian Moons Exploration (Mmx). Trattasi di una sonda progettata addirittura per scendere e raccogliere campioni dal satellite naturale di Marte, Phobos, per scoprire se le lune del Pianeta rosso siano state originate da asteroidi catturati o da un impatto con un massiccio corpo celeste.

Anche Europa Clipper della Nasa punterà verso Giove, in particolare a Europa, alla ricerca di potenziali segni di vita sotto la sua crosta ghiacciata, dove sembra si nasconda un oceano di acqua liquida. La partenza è prevista per ottobre a bordo di un razzo Falcon Heavy. Altra missione europea sarà Hera, diretta invece verso Didymos, il sistema asteroidale binario del quale la sonda Dart della Nasa, nel 2022, colpì il più piccolo Dimorphos, deviandone la traiettoria. Lo scopo di Hera sarà quello di indagare il cratere formato e la quantità di detriti proiettata dallo scontro. Un’indagine utile per comprendere come difenderci, in futuro, da un eventuale asteroide in rotta di collisione con la Terra.

Rocket Lab e Mit (Massachusetts Institute of Technology) saranno partner della prima missione privata, pionieristica, dedicata all’esplorazione di Venere. Verrà lanciata a bordo di un razzo Electron non prima del dicembre del 2024 per cercare prove a sostegno della presenza di composti organici nello strato nuvoloso dell’alta atmosfera, lì dove ci potrebbero essere le condizioni di temperatura e pressione favorevoli alla vita. Sulla superficie del “gemello della Terra”, infatti, ci sono oltre 400 gradi centigradi, sufficienti a fondere il piombo.

E poi c’è tutto il resto, i rover su Marte, i telescopi come il nuovo James Webb o l’attempato Hubble che continueranno, ci si augura ancora a lungo, a regalare meraviglie. Progetti di nuove stazioni spaziali, come la stessa Axiom, che proprio nell’anno che verrà dovrebbe iniziare ad aggiungere “pezzi” privati alla Iss.

Potrebbe non servire lo sbarco su Marte per sentirci già una civiltà spaziale.



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