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Turismo spaziale: le promesse di Virgin Galactic

La compagnia di Richard Branson delinea un futuro con nuove navette, migliaia di clienti e centinaia di milioni di ricavi (prezzo del biglietto: 600mila dollari). Ma non volerà fino al 2026

DI EMILIO COZZI

Virgin Galactic tornerà a spingersi verso un futuro radioso. Almeno per ora, però, solo ipotetico.

La compagnia spaziale di Richard Branson ha delineato agli investitori i suoi orizzonti, che tuttavia non si concretizzeranno prima del 2026. Fino ad allora non si decollerà. In seguito, sempre se le previsioni saranno rispettate, è previsto un boom, di turisti, di voli, di nuovi spazioporti. E di guadagni, stricto sensu, stellari. Nuove promesse, dopo quelle, non del tutto mantenute, di anni tutt’altro che esaltanti.

L’8 giugno 2024 è stata scritta l’ultima riga di un capitolo importante del turismo spaziale: quando, planando da una quota di 80 chilometri, la Vss Unity di Virgin Galactic è atterrata sulla pista dello Spaceport America in New Mexico non si è solo conclusa una missione, si è raggiunto un (primo) capolinea. La navetta che per prima ha permesso di immaginare viaggi nello spazio a un prezzo alto ma non milionario, per vedere la Terra da un’altezza ispiratrice e sperimentare per qualche minuto ciò che gli astronauti provano in orbita, non volerà più. I prossimi turisti spaziali di Virgin decolleranno con la nuova Delta Spaceship, un progetto dettagliato, ma ancora sulla carta.

 

Turismo spaziale, primo capitolo

Un salto indietro: Virgin Galactic, l’azienda fondata nel 2004 dal magnate di Virgin, il britannico Richard Branson, è una delle due compagnie che vendono viaggi extra-atmosferici “tutto compreso”, dall’organizzazione al trasporto. L’altra è Blue Origin, del fondatore di Amazon, Jeff Bezos. Hanno due approcci diversi: Blue Origin porta con un “salto” verticale oltre i 100 chilometri di altezza (il limite, riconosciuto a livello internazionale, oltre i quale si accede allo spazio extra atmosferico), si sale con la capsula in testa a un razzo (il New Shepard) e si scende rallentando con i paracadute.

Quello proposto da Virgin Galactic è invece un viaggio ai limiti dell’atmosfera. Vss Unity, il veicolo con a bordo l’equipaggio e i clienti, viene trasportato da White Knight Two – Mothership – che decolla come un qualsiasi aereo. Giunto alla quota di 14 chilometri circa, Vss Unity si stacca e accende il propulsore per schizzare verso il cielo e raggiungere una altitudine superiore alle 50 miglia (oltre gli 80 chilometri di quota, non abbastanza per arrivare nello spazio internazionalmente riconosciuto, ma sufficiente a oltrepassare il limite dello spazio fissato dagli americani: 80 chilometri). Una volta toccata la quota massima, Vss Unity spegne il motore e a bordo si slacciano le cinture per godersi dai quattro ai sei minuti fluttuando in assenza di peso. Il rientro è simile a quello dello Space Shuttle, con una planata e l’atterraggio sulla pista dello spazioporto. È un sistema complesso e rischioso, che per gran parte della sua durata sfrutta un volo aerodinamico: nel 2014, durante un test, perse la vita il copilota, Michael Alsbury.

Con questo apparato, sono stati in tutto 12 i voli compiuti con successo. Di loro, solo sette hanno soddisfatto richieste commerciali e trasportato passeggeri paganti. Tra l’altro, sono tutti stati effettuati in meno di un anno, dal 23 giugno 2023 all’8 giugno 2024. La prima delle missioni commerciali, all’inizio del 2023, trasportava quattro italiani: con Nicola Pecile, pilota di Virgin Galactic, c’erano il colonnello Walter Villadei dell’Aeronautica militare, Angelo Landolfi e Pantaleone Carlucci, ricercatori del Cnr. A testimoniare non si tratti solo di un vezzo di milionari in cerca di adrenalina, i voli suborbitali, quelli cioè che “toccano” lo spazio senza compiere un’orbita completa, sono occasioni per eseguire esperimenti scientifici e tecnologici.

 

Le promesse non mantenute

Adesso, dopo il settimo volo operativo, Vss Unity andrà in pensione e poi verrà sostituita da Delta Spaceship. All’apparenza simile a Vss Unity, Delta Spaceship potrà portare fino a sei passeggeri paganti e volare con maggiore frequenza. Soprattutto su questo punta il piano di rilancio di Virgin Galactic, che nell’ultimo trimestre ha prodotto numeri sconfortanti: a fronte di ricavi per 4,2 milioni di dollari, ha registrato una perdita Ebitda rettificata di 79 milioni (un parametro altrimenti semplificato come Margine operativo lordo: sono gli utili prima degli interessi, delle tasse, del deprezzamento e dell’ammortamento). Anche in una situazione di cassa solida – 821 milioni di dollari di liquidità disponibile – è un business che non sta funzionando.

Non è un caso che il mercato non ci creda più, da tempo: il titolo in borsa è ai minimi storici, attorno ai 6 dollari ad azione. È un baratro rispetto ai 200 dell’esordio al New York Stock Exchange nel 2019 e un abisso rispetto ai picchi toccati nei momenti di massima esaltazione per il turismo spaziale, con vette di oltre 1.100 dollari ad azione.

L’attualità riflette le aspettative tradite in un settore ancora tutto da conquistare. Sembrano lontani i tempi in cui Virgin Galactic sosteneva di avere prenotazioni da parte di più di 600 persone (si facevano anche i nomi di Leonardo DiCaprio e Justin Bieber) per un totale di circa 80 milioni di dollari di depositi raccolti e oltre 120 milioni di “entrate potenziali”. Finora i clienti paganti e soddisfatti sono stati una ventina in tutto e il vero punto di svolta, se ci sarà, è atteso nel 2026. Nel frattempo, a Bell Textron e Qarbon Aerospace sarà affidato il compito di realizzare le componenti di Delta Spaceship, che andranno consegnate entro la prima metà del 2025 e poi assemblate nel nuovo stabilimento di Mesa, vicino a Phoenix, in Arizona. I primi test sono previsti per la fine del prossimo anno.

 

La palla lontano, nuove promesse

In occasione della presentazione dei risultati finanziari del secondo trimestre del 2024, Virgin Galactic ha voluto lanciare la palla lontano e prendere la rincorsa: ha sfoderato altri numeri e nuove promesse. Delta Spaceship, sostiene l’azienda, assicurerà una maggiore frequenza dei voli, con un ritmo che permetterà di effettuare fino a 125 missioni ogni anno. Con sei passeggeri paganti per ogni viaggio, e quindi 750 biglietti staccati a 600mila dollari l’uno, si stimano ricavi potenziali per 450 milioni di dollari. Questo assumendo di avere a disposizione una Mothership e due Delta da far decollare a rotazione. Con due navi madri e quattro navette spaziali i numeri raddoppiano fino a sfiorare il miliardo di dollari di ricavi ogni anno e addirittura quadruplicare l’Ebitda.

Più in là nel tempo, suggerisce la compagnia nel suo report e in un video molto ispirato, si potranno costruire nuovi spazioporti oltre a quello in New Mexico, sì da raddoppiare ulteriormente i numeri e i margini operativi. Ci vorranno comunque non meno di quattro o cinque anni dicono i dirigenti Virgin. Doveroso ricordare che, affinché i conti tornino, tutte le previsioni e le simulazioni danno per assodata una domanda commerciale sufficiente. Il che si traduce in migliaia di clienti ogni anno (con ogni probabilità milionari, visto il costo dell’esperienza di un’ora e mezzo).

Almeno per i prossimi due anni, di certo c’è che Virgin Galactic non percorrerà le vie del cielo. E che Delta Spaceship deve ancora nascere.



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