L’Europa “protezionista” dello spazio. Ira degli Usa
- November 13, 2025
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- Category: Emilio Cozzi
In un commento alla bozza dell’Eu Space Act, il Dipartimento di Stato statunitense usa toni perentori: “Norme inaccettabili. Devono essere rimosse”
DI EMILIO COZZI
Dire che, dall’altra parte dell’oceano, la bozza di legge europea per lo spazio non sia piaciuta è un eufemismo.
In un commento lungo e articolato, il Dipartimento di Stato statunitense si è espresso riguardo allo Eu Space Act, il nuovo quadro regolamentare con cui l’Unione europea vorrebbe creare un mercato comune del settore; Washington lo considera un ostacolo protezionistico. Perché, anche senza imporre gabelle, introdurrebbe requisiti tecnologici e processi burocratici accusati di rendere più difficile, per gli attori non comunitari, la fornitura di servizi e hardware ai Paesi europei. Detto altrimenti, l’America teme di perdere mercato mentre l’Europa tenta di rafforzarsi.
“In linea generale, gli Stati Uniti esprimono profonda preoccupazione per le misure contenute nella proposta di legge, che imporrebbero oneri normativi inaccettabili ai fornitori statunitensi di servizi spaziali ai clienti europei“. Così esordisce la valutazione, forte di “contributi provenienti dalle associazioni di categoria […] che rappresentano un ampio spaccato dell’industria spaziale commerciale degli Stati Uniti” e del parere di “oltre 70 aziende con interessi commerciali attivi o potenziali nel mercato dell’Unione Europea“.
Ancora in linea generale, si richiamano gli impegni assunti nel quadro dell’accordo commerciale con gli Stati Uniti del 21 agosto 2025 volto anche a ridurre, o a eliminare, le barriere non tariffarie. “L’attuale bozza della legge spaziale dell’Ue è in contraddizione con lo spirito di tale accordo” chiosa il Dipartimento.
Discriminate le aziende Usa
Lungo le 13 pagine del documento, i toni non diventano più blandi. Si richiedono eccezioni per le collaborazioni di aziende statunitensi in ambito civile. La Eu Space Act non si applica infatti agli oggetti spaziali lanciati a scopo di difesa. Ma, come paventa il Department of State, “le esenzioni previste non sono sufficienti a proteggere l’uso abituale per la sicurezza nazionale, poiché molte capacità spaziali sono intrinsecamente tecnologie duali”, civili e militari.
Non bastasse, il governo degli Stati Uniti ha anche individuato diverse disposizioni che “sembrano mirate in modo specifico alle aziende statunitensi solo per le loro dimensioni, importanza e comprovata esperienza nell’innovazione, in particolare nel settore delle grandi costellazioni di satelliti per le telecomunicazioni (si legga Starlink, ndr). Tali norme, ingiuste e ingiustificate, sono inaccettabili per gli Stati Uniti e devono essere rimosse“. Devono, “must”: è un imperativo, non una richiesta.
La stretta sui satelliti, timore per SpaceX e Kuiper
Nello specifico, l’Europa intende introdurre certificazioni e regole per attori e operatori che forniscano servizi di lancio a istituzioni e aziende europee. Requisiti di sicurezza che riguardano, per esempio, la mitigazione dei detriti spaziali e il rientro di satelliti ed elementi dei lanciatori. Sarà obbligatorio, per l’Europa, dotare gli apparati satellitari di sistemi di propulsione per evitare collisioni e consentire una deorbitazione sicura in atmosfera.
Un vincolo, si lamenta nel commento, che limiterebbe l’innovazione (perché alcuni operatori utilizzano altri sistemi, come quello del “drag atmosferico” per manovrare); la norma prevederebbe un cambio di design con relativo aggravio dei costi, giudicato eccessivo in particolare per i satelliti di ricerca e di istituzioni che dispongono di fondi limitati.
“Gli Stati Uniti chiedono all’Ue di riconoscere le licenze statunitensi di lancio e rientro e di non imporre […] requisiti normativi altamente onerosi con nuovi ostacoli creati dalla legge spaziale“. Il discorso è identico anche per le limitazioni inerenti l’inquinamento luminoso dei satelliti.
Lo Eu Space Act introduce, inoltre, una diversificazione tra mega costellazioni (con più di 100 satelliti) e giga costellazioni (con oltre mille apparati); “Tale distinzione comporterebbe ulteriori oneri e restrizioni per gli operatori statunitensi che forniscano servizi a persone all’estero, compresi i cittadini dell’Ue“. E colpirebbe proprio un segmento, quello delle comunicazioni satellitari, di cui oggi il Nord America domina il mercato, con Starlink e la neonata Kuiper di Amazon.
Lanci dagli Usa con le regole europee
Una preoccupazione forte emerge, in particolare, riguardo al destino dei vettori spaziali dopo il lancio, che può indurre gli operatori a evitare di utilizzare la piena capacità del veicolo per conformarsi alle nuove restrizioni.
È verosimile che in questo caso le inquietudini di Washington derivino dai requisiti cui si dovrebbero attenere i fornitori di trasporto spaziale che operano negli Stati Uniti per clienti europei: “Siamo preoccupati dal fatto che il regolamento dell’Ue sembri richiedere la registrazione degli operatori statunitensi che lanciano beni dell’Ue da siti di lancio con sede negli Stati Uniti. Poiché tali lanci sono pienamente autorizzati dagli Stati Uniti, i requisiti dell’Ue per le attività di lancio che si svolgono al di fuori dei siti di lancio dell’Ue dovrebbero essere esclusi dal regolamento“.
Sono misure avvertite come discriminatorie nei confronti dei fornitori di servizi di lancio di Paesi terzi e degli operatori extra-Unione. “Il protezionismo esteso fa aumentare i costi, limita i risultati tecnici e mette a dura prova gli obiettivi spaziali degli Stati Uniti e dell’Europa“.
Altre riserve sono espresse per le nuove misure che verrebbero introdotte per la cybersecurity, a protezione del sistema europeo; il Dipartimento di Stato allude addirittura a una presunta debolezza dell’Europa dal punto di vista della sicurezza cibernetica a causa di partnership rischiose, per esempio tra istituzioni scientifiche con Paesi extra Ue, che “potrebbero fornire in modo inappropriato un accesso backdoor ai dati di proprietà europea, nonostante le severe leggi sulla privacy sostenute dall’Ue attraverso l’installazione di tecnologie sensibili e compromesse e memorandum d’intesa predatori“.
Nello specifico, “gli Stati Uniti si oppongono alle misure di sovranità digitale promulgate dalla Commissione, che limiterebbero ingiustamente la capacità delle aziende statunitensi di partecipare al mercato spaziale europeo. Particolare preoccupazione suscita l’analisi contenuta nella valutazione d’impatto della Commissione, secondo cui i nuovi requisiti in materia di sicurezza informatica e altri costi di gestione dei rischi potrebbero aumentare del 10% i costi dei bilanci IT delle aziende del settore privato“.
No all’appesantimento burocratico
In sintesi, Washington chiede equivalenza di trattamento che “eviterebbe procedure di conformità duplicate per gli operatori spaziali statunitensi e i fornitori di servizi spaziali statunitensi che lavorano con controparti europee. Ciò garantirà che la legge spaziale dell’Ue non abbia un impatto negativo sulle catene di approvvigionamento e sulla capacità delle imprese negli Stati Uniti e in Europa di collaborare, nonché sulla capacità delle aziende statunitensi di fornire servizi spaziali ai clienti europei“.
Quella espressa da Washington non è, peraltro, l’unica manifestazione preoccupata per la proposta di regolamentazione europea: l’International Center for Law and Economics paventa il rischio di “distorsioni economiche e barriere strutturali che potrebbero ostacolare, anziché favorire, gli obiettivi di competitività e regolamentazione prevedibile“.
Si contesta, tra le altre cose, che l’Euspa, l’ente investito dell’incarico di mettere a terra e far rispettare le nuove regole, “partecipa alla gestione e al funzionamento delle costellazioni dell’Ue, come Iris². Quindi sia nel ruolo di autorità di regolamentazione che di concorrente di fatto degli operatori di costellazioni stranieri che controlla“.
Un altro aspetto che ha generato scetticismo anche in Europa riguarda la burocratizzazione, che porterà (per esplicita ammissione dell’Unione stessa) a costi maggiorati per alcune attività. In un commento raccolto da Payload Space, Sara Dalledonne, responsabile delle relazioni con l’Ue e degli affari normativi per l’Istituto europeo di politica spaziale (Espi), ha detto che “oneri gravosi potrebbero anche portare a una sorta di forum shopping. Gli operatori inizieranno a cercare di stabilirsi e ottenere autorizzazioni in altri Paesi meno severi o più favorevoli“.
L’Unione europea è nata dandosi regole ferree, per esempio quelle alimentari, per farsi sistema come un unico Stato, per proteggere i propri prodotti, i servizi e le imprese, e assicurare maggiore qualità della vita ai propri cittadini. Che lo Ue Space Act abbia le stesse intenzioni non è in dubbio. Eppure la domanda è legittima: quanto si potrà sostenere una visione protezionistica senza innescare una nuova guerra di dazi?