Difesa spaziale e resilienza europea: alla Ministeriale Esa la palla ai governi

Il piano European Resilience from Space presentato da Josef Aschbacher vale 1,2 miliardi, per mettere a fattor comune costellazioni già operative e le future a servizio anche della sicurezza continentale

DI EMILIO COZZI

Il 26 e 27 novembre, a Brema, in Germania, si terrà il Consiglio Ministeriale dell’Agenzia spaziale europea

È l’appuntamento nel quale i Paesi membri stabiliscono il budget Esa per i tre anni successivi e decidono su quali programmi o missioni allocarlo. Le scelte riguardano la scienza, l’esplorazione del cosmo e dei pianeti, il monitoraggio della Terra e del clima, la creazione del benessere civile. Il prossimo novembre, però, la necessità imporrà un’agenda diversa, che valuti anche la realizzazione di un’infrastruttura spaziale per consolidare la sicurezza e l’autonomia strategica dell’Europa. 

Il direttore generale dell’Esa, Josef Aschbacher, ha delineato una proposta che i singoli Stati dovranno decidere se e come finanziare. Stavolta mettendo nero su bianco cifre e intenzioni, con maggiore dettaglio rispetto alla presentazione dell’iniziativa avvenuta il 28 ottobre alla European Resilience from Space Conference di Bruxelles. Il progetto si chiama, appunto, European Resilience from Space (o Ers) e punta a gettare le basi per “un ciclo continuativo di sviluppo delle capacità spaziali per la difesa e la resilienza, con orizzonte fino al 2035“. 

È uno sforzo enorme, che arriva nel momento i cui l’Europa si appresta a dedicare il 5% del proprio Prodotto interno lordo alla Difesa. Una parte – è l’auspicio – sarà quella destinata ai programmi spaziali dell’Agenzia. Con la benedizione del commissario europeo che possiede le deleghe allo spazio, il lituano Andrius Kubilius.

Il capitolo, come si è avuto già modo di evidenziare su queste pagine, non interessa direttamente l’Esa. Eppure le attività dell’Agenzia e, in particolare, le infrastrutture sviluppate e messe in orbita con il suo aiuto hanno valore duale, sia civile che militare. Aschbacher aveva deciso di sgombrare il campo da qualsiasi ambiguità già durante gli Stati Generali su Difesa, spazio e cybersecurity tenutisi a Frascati il 12 settembre. Adesso la palla passa agli Stati nazionali: quanto vorranno mettere in comune delle tecnologie spaziali, ora che sono diventate centrali anche in ambito militare?

Un piano da 1,2 miliardi

Considerato il budget totale dell’Esa, di poco inferiore ai 17 miliardi tre anni fa, la proposta ha un valore imponente: 1,2 miliardi di euro, per fornire, attraverso un “sistema di sistemidual use, capacità spaziali avanzate in settori strategici.

Il programma è suddiviso in tre componenti principali. 

Per quanto riguarda la prima – l’Osservazione della Terra, la sorveglianza e la ricognizione – il traguardo è ambizioso: una capacità persistente, operativa in tutte le condizioni meteo, con latenza ridotta e un tempo di rivisitazione (revisit time) inferiore a 30 minuti. La richiesta sarà di 750 milioni di euro per iniziare lo sviluppo di una costellazione di satelliti di osservazione del Pianeta. Intanto, ha detto Aschbacher, “cominciamo con il mettere in comune e condividere le capacità esistenti (pooling and sharing). Se alcuni sistemi satellitari vengono sfruttati al 30-40% della loro capacità per le esigenze nazionali, il restante 60% potrebbe essere utilizzato da altri e, in cambio, altri Paesi faranno lo stesso”.

La seconda componente del programma è denominata Leo Pnt (Low Earth orbit positioning, navigation and timing), riguarda la navigazione e il posizionamento sicuri e un finanziamento di 250 milioni di euro, orientato a garantire un servizio senza interruzioni a flotte navali, aerei, ambasciate e contingenti in giro per il mondo. L’obiettivo sarà realizzare una costellazione in orbita bassa per migliorare e irrobustire Galileo.

Il nuovo segmento, de facto una rete di backup per applicazioni civili e militari, costituirà un supporto aggiuntivo alla costellazione europea, più resistente alle interferenze e alle offensive cyber.

Anche le comunicazioni, la terza componete di Ers, dovranno essere più “protette e reattive”. Le attuali tecnologie non permettono di essere al passo con Starlink o Starshield (la versione militare del sistema di connessione satellitare di Elon Musk per la Difesa statunitense). Per questo capitolo la richiesta sarà di 200 milioni

Sono tutte capacità pensate per “contribuire alla protezione dei cittadini, delle infrastrutture, delle catene di approvvigionamento, delle istituzioni e degli interessi strategici europei” ha detto Aschbacher nel suo discorso, nel quale ha citato all’inizio la minaccia russa alle porte orientali dell’Europa e la necessità che l’Unione si renda meno dipendente dagli Stati Uniti.

Ambizioni nazionali. Difesa comune

L’Esa, ha chiarito, non intende sostituire le capacità sovrane: alcuni sistemi chiave per la sicurezza rimarranno sotto il controllo nazionale. L’Agenzia, però, potrà fungere da “cerniera” per coordinare e ampliare capacità europee che un singolo Stato potrebbe non poter affrontare. E per arginare una frammentazione che vede l’Europa mai del tutto coesa nel proprio approccio di politica estera e Difesa. 

Verranno sfruttati sistemi quali Galileo, Copernicus, Iris², architetture nazionali e industriali, per costruire una infrastruttura europea coerente per la sicurezza spaziale. La proposta non richiede nuovi accordi legali internazionali: il quadro istituzionale dell’Esa esiste già e può permettere che le sottoscrizioni all’Ers siano confermate già da novembre, con contratti stipulati subito con l’industria. Il lancio dei primi satelliti è previsto entro il 2028.

Come già scritto, a Brema sarà il turno dei governi degli Stati membri; saranno chiamati a conciliare le ambizioni nazionali e la necessità di fare sistema, finanziando un programma di difesa spaziale che potrebbe essere l’embrione di un approccio comune finora mancato. Condividendo saperi e tecnologia. Oltre il cielo prima che con gli eserciti al suolo.



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