Nasa: cercasi lander lunare disperatamente

L’amministratore dell’ente spaziale americano ha chiarito che SpaceX è in ritardo sulla tabella di marcia. Urgono alternative per battere la Cina. Jeff Bezos potrebbe avere la soluzione

DI EMILIO COZZI

Non era retorica, come molti pensavano; ma paura, come ipotizzavano tutti gli altri. 

Ci si riferisce al dover “battere la Cina nella nuova corsa alla Luna”, un mantra ripetuto in conferenze, audizioni e incontri pubblici da parte del Segretario dei trasporti statunitense, nonché amministratore ad interim della Nasa, Sean Duffy

Oggi lo si può dire con maggiore ufficialità: non si tratterà più di partire con la missione Artemis 3 e allunare con un equipaggio (prima volta dal 1972) “a metà del 2027“, come ancora riporta la pagina del sito Nasa dedicata alla terza missione del programma selenico. Lo ha ammesso proprio Duffy, in due interviste televisive durante le quali ha annunciato uno stravolgimento ai piani per il ritorno dell’umanità sulla Luna: la nuova data sarebbe il 2028

“SpaceX is behind”

Ma con quale veicolo? Il fulmine scagliato da Duffy è deflagrato sulla terra, sebbene già da tempo i tuoni rimbombassero nel cielo. Il lander scelto dalla Nasa per Artemis 3 è infatti uno solo: la Starship di SpaceX, in una versione modificata e chiamata Moonship. Non ci sono, al momento, alternative. “Io adoro SpaceX, è una compagnia straordinaria – ha detto il numero uno della Nasail problema è che sono indietro“.

Per una compagnia da anni, e legittimamente, considerata all’avanguardia, “SpaceX is behind” è una frase capace di stranire, almeno fino ai multipli insuccessi dei test di Starship: a due anni e mezzo dal primo decollo, il veicolo non è ancora entrato in orbita. 

Per questo serve un’alternativa. Blue Origin è l’altra compagnia che ha vinto l’appalto per un modulo di discesa lunare con equipaggio. L’accordo, però, prevede che la consegna del lander sia nel 2030, per utilizzarlo nelle missioni Artemis del decennio prossimo.

A pensarci meglio, quello di Duffy è dunque sembrato anzitutto un appello: “Chiunque ci porterà per primo, lo prenderemo“; bisogna battere la Cina e tornare sulla Luna nel 2028. “Vuole arrivarci durante il suo mandato – ha aggiunto Duffy parlando del presidente Donald Trumpperciò sto lavorando per riaprire quel contratto. Credo che vedremo aziende come Blue Origin partecipare, e forse altre. Avremo una sorta di corsa spaziale interna, tra società americane che competono per guidarci per prime di nuovo verso la Luna”.

Il problema è che, partendo da zero, nessuno considera realistico riuscire a sviluppare, costruire, collaudare e quindi validare un veicolo in meno di tre anni. Sarebbe improbabile anche senza optare per una soluzione rivoluzionaria come quella scelta da SpaceX (booster e navetta riutilizzabili con decollo e atterraggio verticali), per esempio ripiegando sul lander Blue Moon della compagnia di Bezos, più “tradizionale” nel concept. E allora?

L’asso nella manica, secondo una interessante analisi di Eric Berger, senior space editor di Arstechnica, l’avrebbe comunque Bezos.

Blue Origin vs SpaceX

Citando fonti governative, Berger riporta che Blue Origin starebbe lavorando in via preliminare e “in sordina” su una versione modificata del lander Mark 1, concepito in origine come veicolo cargo per trasportare materiali e rifornimenti. 

Con opportune modifiche, il lander potrebbe far parte di un piano per allunare gli esseri umani entro questo decennio. L’idea sarebbe di utilizzare più Mark 1 per trasportare l’equipaggio sulla superficie selenica e poi risalire in orbita per il rendezvous con la navicella Orion della Nasa. Così concepito, il lander non richiederebbe alcun rifornimento in orbita, altro grande vantaggio di questa architettura. Entrambi i progetti scelti, Blue Moon Mark 2 e Starship, prevedono infatti il refueling al di là del cielo, un’operazione complessa e finora mai tentata.

Senza per di più considerare che, dopo aver finanziato Starship con 2,9 miliardi di dollari e Blue Moon con 3,4, qualsiasi ulteriore progetto sarebbe concretizzabile solo a costi variabili, un approccio contrattuale che gli Stati Uniti stanno via via abbandonando.

Berger contempla anche una terza opzione, che potrebbe coinvolgere Lockheed Martin, colosso della difesa e dell’aerospazio americano, pronto – secondo un parere interno all’azienda rimasto anonimo – a consegnare entro 18 mesi un lander funzionante. Difficile ritenere verosimile questa soluzione: secondo un’analisi della Nasa risalente al 2017, sviluppare un nuovo modello di lander costerebbe tra i 20 e i 30 miliardi di dollari. E con un approccio comunque datato. Ormai la nuova economia spaziale funziona diversamente. 

Musk takes it all

Come prevedibile, la reazione di Elon Musk non si è fatta attendere. Su X lo space billionaire non ha risparmiato insulti a Duffy, ribattezzato Sean Dummy: “SpaceX si muove alla velocità della luce rispetto al resto dell’industria spaziale” ha scritto Musk accusando Duffy di agire all’unico scopo di essere confermato alla guida della Nasa. Ruolo che l’amministratore ad interim deve contendere al miliardario astronauta Jared Isaacman (da sempre sponsorizzato proprio da Musk) nei giorni in cui quest’ultimo sembra possa finalmente ricevere l’investitura di capo dell’Agenzia, dopo il clamoroso passo indietro da parte di Trump a maggio. “Starship finirà per gestire l’intera missione lunare. Segnatevi le mie parole” ha sentenziato il padre padrone di SpaceX.

Qualora avesse ragione, smantellerebbe il piano di volo originario, concepito come una missione “composita”: a oggi, infatti, Artemis 3 comprende il lancio degli astronauti a bordo della capsula Orion con lo Space Launch System della Nasa, il lancio di una Starship da rifornire in orbita per mezzo di un’altra nave gemella, il rendezvous in orbita lunare tra Starship e Orion, il trasbordo degli astronauti da Orion a Starship, la discesa sulla superficie, la risalita in orbita lunare, il nuovo trasbordo e, dulcis in fundo, il rientro della Orion verso la Terra. 

Niente di tutto questo, scommette Musk; secondo lui tutto si dovrebbe svolgere partendo con una Starship e tornando a casa con quella, punto. Sembra non sia il solo a pensarla così: a maggio Trump ha provato a cancellare i fondi a Sls e Orion, miliardi che però l’influente senatore repubblicano del Texas, Ted Cruz, ha ottenuto fossero ripristinati nel Big Beautiful Bill Act.
Caos o commedia? Difficile dirlo. Di certo c’è che la Cina assiste silente in platea. Accanto a Jeff Bezos.



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