Nuove frequenze per Starlink: risorse da miliardi di dollari per il direct to cell

SpaceX ha acquistato un’ulteriore parte dello spettro dalla compagnia EchoStar per 17 miliardi. Un asset che, con la connessione degli smartphone direttamente al satellite, sarà sempre più prezioso

DI EMILIO COZZI 

SpaceX ha acquistato i diritti di utilizzo di una parte ulteriore dello spettro elettromagnetico (50 MHz in totale) in banda S negli Stati Uniti e di licenze globali per il Mobile satellite service (Mss). La compagnia spaziale di Elon Musk ha sborsato 17 miliardi di dollari.

La notizia è di quelle specialistiche, nulla capace di finire sulle prime pagine dei giornali. Eppure si tratta di un investimento enorme, un indizio di come si stiano concentrando i poteri del mercato delle comunicazioni satellitari. 

Le licenze acquistate appartenevano all’americana EchoStar Corporation, specializzata in comunicazioni satellitari. EchoStar stava sviluppando una propria costellazione per il servizio di connessione direct to cell (o direct to device, D-2-D), cioè traffico dati, internet, verso i dispositivi mobili (smartphone e tablet, Internet of things, auto, navi e aerei), non con antenne terrestri, ma da satelliti in orbita attorno alla Terra.

Detto altrimenti, EchoStar era un potenziale concorrente di Starlink, orientato strategicamente sul D-2-D per allargare la platea di utenti e la propria offerta, anche con il 5G.

I verbi al passato sono necessari, perché, a quanto pare, EchoStar non costruirà più una costellazione. Almeno nel prossimo futuro.

L’hardware, cioè i satelliti (cento), che avrebbe dovuto lanciare in orbita bassa per attivare il servizio, erano l’oggetto di un contratto con la canadese Mda space (l’azienda che ha costruito il Canadarm della Stazione spaziale internazionale), annunciato ad agosto 2025 per un valore di 1,3 miliardi.

Subito dopo la vendita delle frequenze a SpaceX (e ad AT&T, ci si tornerà a breve) la stessa Mda ha annunciato la risoluzione del contratto come “risultato di un improvviso cambiamento della strategia e del piano aziendale di EchoStar, sulla scia delle discussioni sull’assegnazione dello spettro con la Federal communications commission (Fcc) negli Stati Uniti. EchoStar ha accettato di vendere le licenze di spettro AWS-4 e H-block a SpaceX”. L’affare comporta 8,5 miliardi cash e altrettanti in azioni SpaceX). Come parte dell’accordo, i clienti di Boost Mobile, il servizio wireless terrestre di EchoStar, avranno accesso ai servizi direct-to-cell di Starlink.

Prima della compagnia di Musk, anche l’altro colosso delle telcom statunitensi è saltato sulla carcassa della concorrente in difficoltà. A fine agosto, per 23 miliardi di dollari cash, AT&T ha annunciato l’acquisizione di circa 30 MHz di spettro a banda media a livello nazionale a 3,45 GHz, e circa 20 MHz di spettro a banda bassa a livello nazionale a 600 MHz: sono frequenze per la connessione con antenne terrestri. EchoStar ha voluto risolvere così un contenzioso con la Fcc.

La compagnia era infatti sotto investigazione da maggio, in seguito alle lamentele di SpaceX e di altri soggetti secondo cui EchoStar non stava rispettando le condizioni per l’implementazione della rete 5G e lasciando inutilizzate frequenze preziose, che ora sono appannaggio dei due colossi. Sempre al termine della transazione, la Fcc ha chiuso l’indagine. 

Starlink e gli altri

Nel mercato delle comunicazioni satellitari si attende l’esordio di un altro attore importante: Kuiper, brandizzata Amazon, sta infatti esplorando soluzioni per la tecnologia D-2-D.

Anche AT&T, però, è della partita, grazie all’accordo con AST SpaceMobile per realizzare una costellazione di circa 250 satelliti in orbita bassa per la banda larga (per ora ne sono stati lanciati cinque). Niente a che vedere con le mega costellazioni da migliaia di nodi, ma sufficienti a integrare una rete terrestre già potente, soprattutto sul suolo statunitense.

Andrebbe infatti considerato che AT&T, con il suo servizio di connessione “classico”, basato su antenne terrestri e fibra, dispone di una platea utenti che surclassa anche quella di SpaceX: oltre 100 milioni contro i 6 di Starlink. 

Doveroso notare come quest’ultima punti però a un’architettura basata solo su ripetitori spaziali, cioè capace di una copertura globale. È attiva in oltre 100 Paesi e promette velocità che superano i 100 Megabit per secondo. Sono prestazioni lontane da quelle garantite dalla fibra, ma fanno concorrenza alle connessioni wireless. Soprattutto, SpaceX e Starlink sono le uniche, al momento, a potersi proporre a più mercati contemporaneamente: quello istituzionale, cioè pubblico (enti di ricerca, governi, eserciti) per fornire il servizio a popolazioni, attività e contingenti in zone non coperte dal segnale delle antenne terrestri; e quello privato, dalle flotte aeree e navali fino agli smartphone dei singoli utenti, i quali hanno così assicurata una continuità di servizio anche in emergenza.

Un bene prezioso

Le frequenze costano miliardi perché, come l’acqua, il petrolio, o le terre, costituiscono una risorsa limitata. Come già accaduto anche in Italia, la competizione sul loro accaparramento e sulla regolamentazione (nel 2024 è andato in scena uno scontro con Tim proprio su questo punto) potrebbe farsi più aspra in ogni singolo Paese. 

Ancora una volta si è costretti a rimarcare l’ovvio: Starlink è dieci passi avanti rispetto a chiunque altro e ha già messo in opera il servizio direct to cell attraverso la partnership con T-Mobile. L’importanza degli investimenti testimonia come il direct to device sia considerato il futuro delle comunicazioni. Spesso a scapito, per esempio, della ricerca in radioastronomia: da tempo gli scienziati denunciano un rumore ormai assordante.

I fatti recenti ribadiscono che le loro rimostranze non stanno prevalendo. Ed è difficile che nel prossimo futuro cambi qualcosa. Almeno per loro.



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