In orbita con il razzo “consumabile” di Alpha Impulsion

La startup italo-francese sta sviluppando il primo vettore ibrido “autofago” europeo. Promette lanci più economici e green entro il 2030

DI EMILIO COZZI

Il rovello di Elon Musk all’inizio della sua carriera di imprenditore spaziale, in fondo, era questo: perché usare un razzo una volta sola (come accadeva e accade tuttora)? Sarebbe come costruire un aeroplano e gettarlo via dopo un unico volo.

Fu con questo presupposto che il futuro space billionaire iniziò una rivoluzione: oggi i suoi vettori, almeno i primi stadi del Falcon 9 e i booster del Falcon Heavy, tornano a terra per essere riutilizzati anche decine di volte. Un approccio e una tecnologia capaci di tagliare radicalmente i costi. Non è un caso se, al momento, SpaceX sia leader nel mercato globale dei lanciatori.

Un’altra via per ridurre i costi di lancio è, almeno concettualmente, opposta. In estrema sintesi e con qualche semplificazione: fare in modo che un razzo si consumi nell’espletamento della sua funzione, senza lasciare traccia di sé una volta in orbita.

Ci hanno pensato i giovani ingegneri che hanno dato vita ad Alpha Impulsion, startup italo-francese con sedi a Tolosa, Torino e Napoli. Da circa tre anni sviluppano sistemi propulsivi basati su una tecnologia innovativa: la “propulsione ibrida autofaga“.

L’idea di Alpha Impulsion è, se possibile, anche più estrema di quella muskiana: perché consumare carburante per sollevare fino allo spazio un “peso morto”, cioè i serbatoi che quel carburante contengono? Sulla risposta, si è arrivati a concepire, costruire e accendere, per la prima volta in Europa, un modello il cui serbatoio è costituito, stricto sensu, di carburante. Un modello che si consuma come fosse una candela.

Il video del test, diffuso da Alpha Impulsion, lo mostra con chiarezza: durante l’erogazione della spinta, la fusoliera si accorcia, perché quello di cui è fatta si è trasformato in energia.

Grenat: motore ibrido

Il propulsore del razzo che Alpha Impulsion sta sviluppando è, in quanto ad applicazioni, piuttosto raro: è un motore ibrido, che utilizza cioè due tipi di combustibile stoccati in due stati diversi, solido e liquido. Come già scritto, la fusoliera del razzo è costituita dal carburante solido, un polimero, che contiene l’ossidante in forma liquida (per esempio perossido di idrogeno). Al momento dell’accensione, due pistoni inseriscono la struttura/combustibile nella camera di combustione, dove un catalizzatore avvia la reazione che genera la spinta.

Il sistema è stato sviluppato e brevettato da Alpha Impulsion: “Regolando la velocità con cui questo meccanismo inserisce propellente solido e ossidante in camera, è possibile regolare la spinta e spegnere o accendere il motore” spiegano dalla società. L’obiettivo è ambizioso, perché combina due vantaggi: la semplicità della propulsione a combustibile solido, che richiede meno tubi e circuiti in cui convogliare e gestire i fluidi, e la gestibilità di quella a liquido o ibrida, che può essere regolata, spenta e riaccesa.

Un motore a combustibile solido, infatti, somiglia a un petardo: è un serbatoio riempito di esplosivo. Il suo svantaggio è che, una volta acceso, è impossibile interromperne la combustione e questo impedisce lo si possa spegnere.

La prima accensione in Europa di un motore a propulsione autofaga, “il più grande mai costruito nel suo genere“, fa notare Alpha Impulsion nel comunicato che accompagna la riuscita del test, è stato svolto il 27 maggio 2025, nell’aeroporto francese di Agen, in Nuova Aquitania. Come ha dichiarato Vincenzo Mazzella, Coo e co-fondatore della start-up, “Il test ha dimostrato l’accensione stabile del sistema, una combustione controllata, l’utilizzo efficace della fusoliera come combustibile, la sua resistenza strutturale, la tenuta delle guarnizioni dinamiche e il corretto funzionamento delle procedure di riempimento dell’ossidante”.

Per razzi e satelliti green

Il successo del test apre la strada che dovrà condurre alle prime applicazioni operative per due tipi di motore: Opal, per la propulsione satellitare, con applicazioni sia in orbita bassa che nello spazio profondo, verso la Luna, gli asteroidi e Marte; e Grenat, il vettore leggero, che sarà capace di portare fino a una tonnellata in orbita bassa e 800 chilogrammi a quota eliosincrona. I primi test di quest’ultimo sono previsti entro la fine dell’anno, la campagna di qualifica nel 2026 e il volo inaugurale entro il 2030.

Secondo Alpha Impulsion, questa tecnologia promette di essere più “efficace, efficiente e pulita“, nonché capace di ridurre il costo di accesso e trasporto nello spazio fino a cinque volte rispetto agli altri operatori. Si parla di 6 mila dollari al chilo per le orbite basse (considerando come concorrenti i razzi “leggeri”, perché SpaceX è ancora inarrivabile).

Il vantaggio deriva dalla semplicità dell’architettura: con un peso ridotto “fino al 40% dei sistemi“, sarà possibile “trasportare più carico utile”, o comunque ridurre i costi al lancio. Non solo: diminuendo la massa, e quindi anche la quantità di carburante necessario, verranno ridotte le emissioni.

Concepito come single-stage-to-orbit, senza necessità di abbandonare serbatoi e motori con più separazioni, il vettore potrà infatti mitigare l’inquinamento ambientale sia a terra che in orbita, dove non verranno rilasciati space debris, spazzatura spaziale. Da Alpha Impulsion tengono inoltre a evidenziare che “i propellenti sono scelti in modo da non essere esplosivi e non rappresentare rischi per gli operatori a terra quando vengono maneggiati“.

Finora, il progetto dell’azienda ha raccolto la fiducia di investitori istituzionali e no. Fondata nel 2022, Alpha Impulsion ha siglato quattro contratti con il Cnes (l’agenzia spaziale francese), che hanno reso possibile una prima campagna di test nel 2023 e l’accensione del 27 maggio. Grazie all’investimento di Cassa Depositi Prestiti tramite l’acceleratore TakeOff, nel 2024, Alpha Impulsion ha aperto una sede a Napoli, integrando poi l’incubatore ESABIC di Torino. Con il round attualmente in corso, l’obiettivo è raccogliere 2 milioni di euro per raggiungere i prossimi traguardi coinvolgendo sia privati che realtà pubbliche.

La start-up è peraltro inclusa nello Space Business Catalyst, l’incubatore di Thales Alenia Space.

La sfida, negli anni imminenti, sarà rendere il sistema affidabile e scalabile, sia in termini di dimensioni che di produzione.