Avio, Esa e i nuovi lanciatori: come cambia l’Europa dei razzi
- July 24, 2025
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- Category: Emilio Cozzi

Mentre l’azienda italiana diventa provider del servizio di lancio fornito con il Vega-C, l’Agenzia spaziale europea seleziona i concorrenti per sviluppare nuovi mezzi “leggeri” di trasporto spaziale. E con l’Ue si lavora a quelli riutilizzabili.
DI EMILIO COZZI
L’Europa sceglie i lanciatori del futuro, mentre l’Italia si smarca dall'”ombrello” francese nelle mani di Arianespace e si rende indipendente. È un nuovo un passo verso una competizione europea per i servizi di lancio, che porterà – è l’auspicio – ad avere altri vettori a disposizione per portare in orbita asset strategici entro la fine del decennio.
Avio diventa launcher provider
Vega, il vettore dal “cuore” italiano costruito per la maggior parte a Colleferro, è entrato a far parte della famiglia dei lanciatori Esa nel 2012, dal 2015 anche con servizio commerciale. Vega-C, una versione più potente e con un’ogiva per il carico maggiormente capace, ha fatto il suo debutto nel 2022. Fino all’anno scorso, i servizi di lancio dei due razzi Made in Italy erano stati venduti e sfruttati commercialmente dalla francese Arianespace, controllata da ArianeGroup (joint venture tra Airbus e Safran). Non è più così.
“Per la prima volta, un’azienda italiana viene abilitata a fornire servizi di accesso allo spazio, sulla base delle proprie riconosciute capacità tecnologiche e industriali e del suo posizionamento strategico nel contesto dell’industria spaziale europea” si legge nel comunicato stampa di Avio. La risoluzione Esa del 5 luglio 2024 aveva trasferito all’azienda la responsabilità delle attività di commercializzazione dei voli Vega-C e, il 18 dicembre 2024, Avio aveva firmato un contratto quadro per l’acquisizione di servizi di lancio a supporto delle future missioni dell’Agenzia.
In parallelo, si lavora per velocizzare le operazioni e lanciare con più frequenza. Obiettivo dichiarato da Avio: sei lanci all’anno, uno ogni due mesi, in modo da ridurre gli intervalli fra un decollo e il successivo. Sebbene questa non sia una rivoluzione, andrebbe però inquadrata in un contesto europeo in cui non si lancia quanto negli Stati Uniti (e in America, bene ribadirlo, è SpaceX che domina, con una frequenza di lancio anche di un paio al giorno).
Vega-C è un lanciatore medio leggero, in grado di trasportare fino a 2,3 tonnellate in orbita eliosincrona e più di 3 in orbita bassa (Leo). Ha un dispenser che permette di portare carichi multipli di piccoli satelliti, ed è anche su questa caratteristica – e sulle missioni cosiddette rideshare – che si farà affidamento. Sarà Vega-C, per esempio, a portare in orbita i prossimi satelliti della costellazione italiana Iride, interamente Made in Italy e finanziata con fondi Pnrr e nazionali.
Cinque nuovi razzi
Poi ci sono le new entry: il 7 luglio l’Esa ha annunciato la preselezione ufficiale di cinque aziende individuate attraverso la European Launcher Challenge, la sfida volta a trovare nuove società in grado di fornire servizi di lancio e dimostrare capacità crescenti con voli di prova nel periodo 2026‑2030.
Sono Isar Aerospace (Germania), Rocket Factory Augsburg – Rfa (Germania), Maiaspace (Francia, sussidiaria di ArianeGroup), Orbex – Orbital Express Launch (Regno Unito) e Payload Space (Spagna). Avanzano alla fase due, che prevede un dialogo tecnico-finanziario con l’Esa e gli Stati membri, e che culminerà con i contratti finali dopo l’approvazione della Ministeriale, la conferenza che riunisce i ministri competenti di ogni Paese membro dell’Esa per decidere quanto e come spendere per le politiche spaziali del prossimo triennio.
Tanti, in una corsa contro il tempo
Adesso si apre una fase nuova, che prevede di allentare i cordoni della borsa per assegnare i 169 milioni per ogni contratto firmato con i concorrenti.
Non è chiaro se tutti e cinque riusciranno a ottenere il via libera da parte della Ministeriale. Alla fine ci potrebbe essere, addirittura, l’imbarazzo della scelta, con tanti piccoli concorrenti che propongono un servizio, tutto sommato, simile.
Alla selezione finale potrebbero provvedere i tempi, a ben vedere strettissimi. Il bando prevede due passi principali: che i selezionati portino a termine il primo lancio orbitale entro il 2027; e che entro l’anno successivo dimostrino “un potenziamento della capacità dei servizi di lancio offerti attraverso un volo orbitale“. Questo “include un upgrade del servizio non raggiunto in precedenza“, detto altrimenti un miglioramento rispetto al primo decollo.
Lo stato dei lavori
Delle cinque, l’unica azienda a essersi almeno staccata da terra con un vettore orbitale è Isar Aerospace, con un tentativo (fallito) il 30 marzo dallo spazioporto sull’isola norvegese di Andøya. Salito per poche centinaia di metri, il suo Spectrum ha perso il controllo ed è piombato giù, inabissandosi con un’esplosione nel tratto di mare di fronte alla rampa. La spagnola Pld Space ha lanciato il Miura 1, un razzo suborbitale, nel 2023, e ora lavora al Miura 5, veicolo per trasportare fino a 540 chilogrammi in orbita eliosincrona, qualcosa meno dello Spectrum (700).
Rfa, invece, ha subito uno stop lo scorso anno, quando il primo stadio dell’Rfa One è esploso durante lo static fire test, in preparazione del primo volo. L’incidente ha ritardato di parecchio il debutto, che era previsto all’inizio di quest’anno. Tuttavia, Rfa (controllata da OHB) è in piena corsa. Maiaspace, di proprietà di ArianeGroup, che può portare fino a 1.500 chili in orbita e 500 riutilizzando il primo stadio, prevede di iniziare le operazioni commerciali nel 2026, decollando dalla piattaforma che fu quella dei razzi Soyuz, allo spazioporto di Kourou in Guyana Francese. Infine Orbex, che userà come base quella di SaxaVord, nelle isole scozzesi delle Shetland, proverà a spedire in orbita il piccolo Prime, capace di portare in orbita eliosincrona fino a 180 chili.
Lanciare e riutilizzare, come vuole l’Ue
Nel frattempo si muove altro, in direzioni diverse, e qui entra in gioco l’Unione europea: il 27 giugno Themis, il dimostratore del primo stadio riutilizzabile sviluppato da ArianeGroup con il supporto dell’Esa, è arrivato al centro spaziale di Esrange in Svezia, dove eseguirà i primi test di riutilizzo in Europa nell’ambito del progetto Salto (reuSable Aerospace Launcher Technologies & Operations), parte del programma di lavoro per la ricerca e l’Innovazione spaziale dell’Unione Europea. È un ulteriore percorso, parallelo, voluto dall’Ue, per garantire autonomia tecnologica e di accesso allo spazio. In questo caso, l’obiettivo è la riutilizzabilità.
Nelle prossime settimane Themis effettuerà il primo di una serie di “hop test”, salti in verticale, per mettere alla prova la capacità di far atterrare il primo stadio di un lanciatore. Proprio come fa SpaceX più volte la settimana.