L’America fa dietrofront: alla Nasa 10 miliardi per Sls e il Gateway lunare

Il Big Beautiful Bill dell’amministrazione Trump, emendato su iniziativa del senatore Ted Cruz, rianima programmi minacciati dalla cancellazione. Si riparla anche di Mars Sample Return (ma non di ExoMars).

DI EMILIO COZZI

Con una mano toglie, con l’altra restituisce, anche se non tutto. Quello divenuto noto come il “One Big Beautiful Bill Act” (o Bbb per brevità), la legge di bilancio e politica interna dell’amministrazione Trump, firmata dal presidente degli Stati Uniti il 4 luglio, assegna ben dieci miliardi di dollari alla Nasa, in aggiunta ai fondi contenuti nella proposta di bilancio, per programmi che lo stesso governo aveva dichiarato di voler cancellare: lo Space Launch System e la capsula Orion per il programma Artemis, il Gateway (la stazione spaziale in orbita lunare) e il Mars Sample Return, tra gli altri.

Un passo indietro? Una manovra in chiave elettorale (il prossimo anno negli Usa si vota per le elezioni di Midterm e il presidente, la cui popolarità è precipitata, rischia di perdere il controllo del Parlamento)? Difficile decifrare la strategia di Donald Trump, soprattutto a lungo termine. 

I fatti dicono che se i tagli avrebbero cancellato – almeno virtualmente, dato che l’iter per il bilancio della Nasa durerà ancora mesi -, alcune delle più importanti missioni e infrastrutture previste nei prossimi anni, queste stesse oggi tornano a essere finanziate attraverso il nuovo provvedimento. A guidare il “ripensamento” – è noto – il senatore repubblicano del Texas Ted Cruz – presidente del Comitato del Senato per il Commercio, la Scienza e i Trasporti – che ha proposto l’emendamento da dieci miliardi “per garantire che gli Stati Uniti – e non la Cina – arrivino su Marte e tornino sulla Luna per primi“.

Sulla Luna, come prima

Le intenzioni contenute nella proposta presidenziale per il budget Nasa avevano preoccupato non poco l’Europa, in particolare riguardo ai programmi per l’esplorazione della Luna che, da anni, vengono sviluppati con gli alleati oltreoceano. Ci si riferisce soprattutto al Lunar Gateway, la stazione spaziale in orbita lunare, e ai mezzi per arrivarci. Cioè lo Space Launch System, il gigantesco razzo sviluppato per sollevare il programma Artemis, e la capsula Orion, costruita con il contributo europeo del Modulo di servizio. 

La proposta di budget Nasa, pubblicata un paio di mesi fa, recitava: “Sostiene la transizione della campagna Artemis verso un approccio più sostenibile ed economico all’esplorazione lunare, cancellando la stazione spaziale Gateway e gli aggiornamenti del razzo Space Launch System (Sls), ritirando i programmi legacy Sls e Orion dopo Artemis III e iniziando immediatamente a lavorare sui sistemi commerciali di prossima generazione che supporteranno le successive missioni lunari Artemis della Nasa dopo Artemis III“. 

Artemis III, opportuno ricordarlo, è la missione che dovrebbe riportare un equipaggio a camminare sulla Luna. Dopo Artemis I, che ha girato attorno alla Luna con nessuno a bordo, l’anno prossimo è previsto che Artemis II porti quattro astronauti a una “crociera” selenica, senza scendere. Dopo la terza missione, ci si sarebbe dovuti affidare a mezzi più “sostenibili”. Il riferimento è al trasporto privato, un servizio fornito, per esempio, da SpaceX e Blue Origin. Non andrebbe tuttavia sottovalutato quanto poco abbiano incoraggiato i test recenti di Starship. A oggi non sono in pochi a paventare il rischio, per Artemis III, di ritrovarsi senza un lander pronto quando previsto.

Il dietrofront degli Stati Uniti è pressoché totale e messo nero su bianco in cifre: 4 miliardi e 100 milioni di dollariper finanziare lo Space Launch System per le missioni Artemis IV e V“. Il soprannome che gli hanno affibbiato i critici, “Senate launch system”, perché i posti di lavoro che sostiene sono un beneficio per il consenso dei senatori, fa ipotizzare le ragioni del recupero in corsa, nonostante sia l’architettura di lancio sia oggettivamente molto costosa e superata.

Ci sono anche 20 milioni per una quarta capsula Orion, “da utilizzare con il sistema di lancio spaziale nella missione Artemis IV e da riutilizzare nelle missioni successive“. Parimenti, rientrano dalla finestra anche i fondi per continuare lo sviluppo del Gateway: 2,6 miliardi per i prossimi tre anni

Anche qui l’Europa ha interessi rilevanti: ospita la realizzazione di buona parte della struttura, in particolare negli stabilimenti torinesi di Thales Alenia Space.

Riecco Mars Sample Return

Si riparla anche di Mars Sample Return, altro programma progettato in cooperazione con l’Europa e che nella proposta di spending bill per la Nasa si vorrebbe annullare. La missione prevede il prelievo dei campioni di suolo marziano raccolti dal rover statunitense Perseverance, lasciati sul terreno per essere recuperati e spediti con un razzo verso la Terra, dove saranno analizzati.

Ambiziosa, l’impresa implica almeno tre nuove missioni: un rover per raccogliere le capsule, un lander con un razzo per spedire i campioni in orbita marziana e un satellite che farà da corriere per afferrarli e portarli verso il nostro Pianeta. Costoso, dai tempi lunghissimi e incerti, il programma aveva subito tagli tali da spingere la Nasa a riconsiderare tutto e a cercare alternative low-cost. Fino alla proposta di cancellazione definitiva.

Il Bbb prevede “700 milioni di dollari per l’acquisto commerciale di un Mars Telecommunications Orbiter. Questo orbiter ha un duplice uso, sia per la missione Mars Sample Return, per riportare sulla Terra campioni di Marte, sia per future missioni marziane con equipaggio“. Non è un ravvedimento pieno, ma già il fatto che se ne parli indica che la porta rimane aperta.

Riscritto, di nuovo, il futuro della Iss

Sono previsti anche finanziamenti destinati alla Stazione spaziale internazionale: 1,25 miliardi di dollari in cinque anni (nel bilancio si tagliavano 500 milioni solo per il 2026, quindi, par di capire, non un ritorno ai livelli degli anni precedenti), “necessari per le operazioni spaziali verso, da e sulla Iss, per assicurare una transizione ordinata alle piattaforme commerciali dopo il 2030 e garantire che non ci sia un vuoto nella leadership americana nell’orbita bassa terrestre“. 

Detto altrimenti, la strategia di disimpegno dell’amministrazione Trump trova uno stop, in particolare se si tratta di lasciare un’attività strategica (e simbolica) come quella umana in orbita bassa terrestre e lunare, dove la Cina procede inesorabile e non esclude il sorpasso.

A proposito della Iss, ci sono anche 325 milioni per lo US Deorbit Vehicle (o Usdv), il mezzo che, verosimilmente nel 2030, dovrà spingere la stazione dall’orbita giù, fino all’Oceano Pacifico. L’anno scorso la Nasa ha assegnato a SpaceX un contratto da 843 milioni di dollari per la realizzazione del veicolo, che però non comprendeva il lancio. Non è chiaro se il nuovo finanziamento serva per il decollo o per coprire eventuali costi aggiuntivi. 

A tutto si sommano il miliardo di dollari per il miglioramento di centri e infrastrutture spaziali e di lancio, e 85 milioni per spostare lo Space Shuttle Discovery dallo Smithsonian Air and Space Museum di Washington a Houston.

Nessun ripensamento, purtroppo, riguarda un altro programma caro all’Europa e che, senza l’impegno della Nasa, non sarà possibile portare avanti, men che meno nei tempi previsti: è ExoMars 2028, la missione del rover Rosalind Franklin per cercare tracce di vita passata o presente nel sottosuolo di Marte. Oggi “riposa” paziente nelle camere pulite di Thales Alenia Space, con la speranza che qualcuno lo integri con un sistema di propulsione per rallentare il modulo di atterraggio durante la discesa, e con riscaldatori a radioisotopi per mantenere il rover caldo nella fredda notte marziana. 

Sono tecnologie che la Nasa avrebbe fornito (insieme con il lanciatore) e che l’Europa non padroneggia altrettanto bene (gli unici due tentativi di ammartare, il Beagle 2 e il lander Shiaparelli, sono stati esiziali). 

La frase contenuta nella proposta di budget della Nasa suona come un epitaffio: “Il bilancio non sostiene i contributi della Nasa alla missione Rosalind Franklin ExoMars Rover dell’Agenzia spaziale europea (Esa)“. La speranza è che gli Stati Uniti di Donald Trump possano tornare sui loro passi. Ancora una volta.



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