Iride in orbita: la rivoluzione degli smallsat made in Italy

Con il primo lotto di satelliti Argotec lanciato da SpaceX il 24 giugno, il nostro Paese ha iniziato a costruire la costellazione per il monitoraggio del territorio. Piccoli, economici, veloci da assemblare e lanciare, sono il paradigma del nuovo spazio. E le aziende italiane sono della partita.

DI EMILIO COZZI e MATTEO MARINI

Meno di tre anni per costruire una costellazione satellitare. Si può fare. 

Il 21 aprile del 2021, l’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla Politica spaziale e aerospaziale, Bruno Tabacci, in audizione alla commissione Attività produttive della Camera dei deputati, disse: “Il settore spaziale si candida a rappresentare uno dei volani di maggiore potenziale e impatto per la ripresa e crescita del nostro Paese nel breve e medio periodo. Su questa base abbiamo proposto di inserire nel Pnrr attività relative alle telecomunicazioni satellitari, all’osservazione della Terra, alla navigazione satellitare, alla cosiddetta Space Factory 4.0, all’accesso allo spazio, alla in-orbit economy e downstream applicativo e dei servizi“.

Maggio 2022: in collegamento dalla Stazione spaziale internazionale, Samantha Cristoforetti annuncia il nome, selezionato attraverso un concorso per studenti con cui battezzare la nuova costellazione italiana per l’osservazione della Terra. Si chiamerà Iride

Giugno 2022: l’Italia affida all’Agenzia spaziale europea (Esa) 1,3 miliardi di euro per coordinare lo sviluppo e la costruzione della prima infrastruttura nazionale, la più grande di questa portata. Nel dicembre successivo vengono siglati i primi contratti con Argotec e Ohb Italia. Sebbene gestiti dall’Esa, infatti, i fondi Pnrr sono destinati a produrre commesse per l’ecosistema industriale nazionale.

Gennaio 2025: Argotec, l’azienda che ha la responsabilità di costruire 25 dei satelliti di Iride, lancia l’apparato inaugurale, Pathfinder, il precursore di quanto culminato nel giugno 2025, il 24, quando in testa a un Falcon 9 con la missione Transporter-14, vengono immessi in orbita sette satelliti per l’osservazione della Terra costruiti dall’azienda di Torino. Iride diventa una costellazione. Si aggiungono a quello lanciato pochi mesi prima, per formare il primo batch di quella destinata a diventare una “costellazione di costellazioni”, che conterà in tutto una sessantina di satelliti costruiti da quattro aziende diverse. 

Piccoli, agili e veloci

Quelli di Argotec si basano su una piattaforma modulare predefinita, Hawk, e hanno a bordo telescopi per l’osservazione ottica multispettrale; Thales Alenia Space Italia li costruirà con radar ad apertura sintetica, preziosi per monitorare i movimenti del suolo (frane, smottamenti) e infrastrutture come ponti e strade, e in caso di emergenza, per fornire mappe su zone alluvionate e strade crollate. Ohb Italia con dodici satelliti per l’osservazione multispettrale e, infine, Sitael, che integrerà la costellazione con quattro satelliti iperspettrali (centinaia di bande di colore) del programma Platino (altro programma dell’Agenzia spaziale italiana, con smallsat del peso massimo di 300 chilogrammi).

Iride sarà così la prima costellazione italiana, istituzionale, per l’osservazione della Terra con questa architettura e con caratteristiche peculiari. Piccoli satelliti prodotti in serie, su piattaforme “standard” che possono ospitare carichi differenti, come la Hawk di Argotec, ai quali si possono applicare strumenti diversi: telescopi, antenne per le comunicazioni, camere per l’osservazione della Terra o del cielo, sensori per il meteo spaziale. Piccoli, facili da produrre in gran numero (si veda, per esempio, la nuova piattaforma satellitare di Sitael, Empyreum), e ai quali possono essere applicate strumentazioni off the shelf, cioè già disponibili sul mercato.

Una grande occasione

Si è solo al primo passo: per rispettare gli impegni presi con l’Europa, Iride dovrà essere completata entro il 2026. Tempistiche che hanno richiesto, giocoforza, un approccio e soluzioni rapide. 

È la cifra che riassume molto del nuovo spazio: progettare, realizzare e posizionare in orbita a costi contenuti e velocemente, mettendo a frutto il know how delle aziende italiane. Le quali, in un circolo virtuoso, perfezionano e implementano i propri processi e le proprie tecnologie. In questo senso, e con un approccio lungimirante, Iride sta stimolando l’innovazione.

È una spinta fondamentale per l’Italia, nondimeno strategica, visto che in questo modo il Paese avrà una costellazione per controllare e gestire il proprio territorio, le infrastrutture, la sicurezza e i confini. Per le aziende coinvolte – e sono molte anche quelle non manifatturiere – sarà un volano per diventare ancora più concorrenziali in un mercato di cui questi satelliti sono il presente e il futuro. È il grande merito di Iride e di chi ne ha concepito il disegno. 

Anche occasioni perse

A chi è attento ai dettagli, però, non sarà sfuggito che a lanciare la costellazione Iride è stata SpaceX, dalla base californiana di Vandenberg. A ben guardarlo è un neo, che in Europa e in Italia non dovremmo poterci permettere: far lanciare ad altri i nostri asset spaziali. Se ne è già parlato a lungo: si esce da meno di un anno dalla crisi dei lanciatori e non abbiamo ancora mezzi leggeri e pronti all’uso, con le tempistiche che la nuova agilità di programmi spaziali impone.
Un altro dettaglio: Tabacci, in quell’audizione, disse anche: “Sempre in ambito europeo il Commissario al Mercato Interno Thierry Breton ha avviato un intenso lavoro riguardo al settore spaziale proponendo la creazione di una costellazione di satelliti per comunicazioni che garantisca l’autonomia europea in questo campo, e una sorta di alleanza europea per l’accesso allo spazio che potrebbe comportare un significativo cambiamento dell’attuale scenario dell’industria spaziale europea“. Quattro anni dopo, ci si chiede ancora se affidarsi alle infrastrutture di Elon Musk. La domanda è lecita: si sarebbe potuto fare?



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