fbpx

Lo spazio di Leonardo: parla Comparini

Il direttore della Space business unit del colosso italiano delinea la strategia della nuova divisione, creata per rispondere alle prossime sfide oltre l’atmosfera: lavorare con le istituzioni e per la Difesa, e andare sul mercato con soluzioni all’avanguardia, dal supercalcolo alla computazione in orbita o sulla Luna

DI EMILIO COZZI

Massimo Claudio Comparini è il neo direttore della Space business unit di Leonardo e porta con sé una visione precisa, quella di un’integrazione tra hardware e servizi.

Può farlo perché un gruppo come quello di piazza Monte Grappa conta al proprio interno aziende che coprono tutta la filiera della space economy, dalla progettazione e costruzione dei satelliti al loro lancio, dalla gestione in orbita all’elaborazione dei dati. Detto altrimenti, dall’infrastruttura al prodotto finale.

Competenze di cui l’Italia, Difesa inclusa, si fa vanto. Una menzione, quella del comparto difensivo, non casuale visto che Comparini, come ribadito anche in una recente intervista a “Forbes”, è certo che le prospettive di crescita di questo settore, del gruppo Leonardo e dei suoi “alleati”, debbano basarsi sulla spesa pubblica quale carburante principale. 

È opportuno partire dagli orizzonti extra-atmosferici: “Sarà fondamentale definire e sviluppare nuove opportunità di business attraverso una sempre maggiore integrazione fra attività di manifattura e servizi, il cosiddetto downstream in termini di soluzioni integrate” dice Comparini.

In altri termini Leonardo punta a proporsi sempre di più come un provider di servizi “chiavi in mano”, affrancando la committenza dall’onere di costruire, lanciare o gestire i satelliti. Non fosse azzardato il parallelo con una piattaforma streaming, si potrebbe parlare di space on demand, un contenuto sartoriale pronto a rispondere alle esigenze dei clienti e ai ritmi del mercato.

Dalla A alla Z

Come già scritto, il gruppo conta su una solida filiera di competenze: Leonardo stessa e Thales Alenia Space per la progettazione e la costruzione dei satelliti, Avio (partecipata) per lanciarli, Telespazio per la loro gestione ed e-Geos per elaborare e trasformare i dati in servizi e applicazioni ad alto valore aggiunto. In questo senso, l’ex amministratore delegato di Thales Alenia Space Italia indica come fondamentali “le tecnologie digitali del gruppo Leonardo: supercalcolo, IA, cyber security e cloud” così come “la capacità di mettere a sistema l’innovazione diffusa, le ricerche dei nostri Leonardo Labs, per esempio nelle tecnologie quantum e negli sviluppi della intelligenza artificiale, nonché partnership mirate ed acquisizioni in tecnologie di frontiera applicabili al settore spaziale”.

Sono tanti ingredienti, pronti a ibridarsi come da buona abitudine delle “colture” tecnologiche che vengano nutrite con continuità. Non sfugga che parte dell’ecosistema Leonardo è appunto incrociato con la francese Thales, ed espresso nelle due joint venture Thales Alenia Space e Telespazio. Anche su questo aspetto non mancheranno gli sviluppi, promette Comparini: “Un settore strategico come quello spaziale potrebbe vedere un riassetto degli equilibri. In più, il contesto industriale e competitivo specifico del comparto spaziale si è evoluto in maniera rapida e significativa negli anni recenti e ha spinto a riconsiderare i rapporti di forza e le modalità di collaborazione. In quest’ottica, i patti sottostanti la costituzione della Space Alliance con Thales sono stati già rivisti lo scorso mese di gennaio. A seguito dell’avvenuta modifica Telespazio, per esempio, pur essendo a controllo congiunto, analogamente a Thales Alenia Space, da parte di entrambi gli azionisti, viene consolidato totalmente nel bilancio di gruppo”. 

È noto come Leonardo possa vantare il successo del “versante italiano” di Thales Alenia Space, che negli stabilimenti di Torino dà forma a case spaziali e ambienti pressurizzati che valgono commesse internazionali, con Nasa, Axiom e Northrop Grumman, solo per citarne alcune: “L’Italia spaziale è oggi un attore industriale più forte, in molti settori è un leader europeo e non solo. Può certamente avere un ruolo trainante per una Europa più competitiva a livello globale”. 

La spinta dal pubblico, mentre il mercato cresce

Comparini, che è tuttora presidente del Cda di Thales Alenia Space, azienda che ha guidato per quattro anni, sottolinea come è sui programmi pubblici che è ancora necessario fare affidamento, pur nella marea crescente del mercato commerciale: “Per la space economy si stima un progresso esponenziale nei prossimi decenni: è previsto toccherà quota 1,1 trilioni di dollari a livello mondiale entro il 2040. Il nostro obiettivo è di cogliere maggiormente le opportunità offerte da questo mercato ponendoci al centro dei progetti dell’Agenzia spaziale europea e della Commissione (Galileo, Copernicus e la costellazione di connettività europea Iris2) e aumentando le collaborazioni internazionali. La crescita sarà perseguita attraverso la nuova Divisione spazio e valorizzando le attività della Space Alliance”.

Eppure l’ecosistema non è ancora quello ideale. Il pensiero di Comparini è chiaro anche su questo punto: “L’industria europea della Difesa e dello spazio è frammentata. A livello europeo investiamo meno e su un numero di piattaforme maggiore; abbiamo bisogno di creare più sinergie”, per questo “il sostegno pubblico rimane cruciale per finanziare i programmi di ricerca e sviluppo, in particolare in aree strategiche come la difesa e la sicurezza”. 

È quanto da anni, se non decenni, si rimprovera all’Europa: la mancanza di unità, soprattutto quando si discute di settori strategici dove altri Paesi forti, popolosi e dal grande know-how (Stati Uniti e Cina in primis), oppure con un tessuto tecnologico in forte espansione come l’India, e con un governo centrale pronto a garantire investimenti e commesse alle proprie aziende, fanno meglio.

Per non parlare di una Difesa comune a tutta la Ue, lungi dall’esistere.

Pnrr, rischio bolla, Italia con le carte in regola

Gli orizzonti imminenti riguardano anche il forte investimento dal Pnrr per uno dei progetti più ambiziosi: “La costellazione Iride, nella quale a livello industriale abbiamo un ruolo centrale. Ci consentirà di migliorare ulteriormente eccellenze distintive come le tecnologie di rilevazione radar e iperspettrale, ma anche di sviluppare infrastrutture di terra full digital e nuove applicazioni di geoinformazione basate sui big data spaziali, sulla fusione di dati in-situ e in genere prodotti da altre piattaforme” spiega Comparini. 

Forti investimenti pubblici e iniezioni di denaro senza precedenti, come nel caso del Piano nazionale di ripresa e resilienza, potrebbero tuttavia configurare un rischio “bolla”. Comparini è sereno: “Questo rischio è sempre presente in settori ad alta intensità di investimento, in particolare se i finanziamenti pubblici non vengano utilizzati in modo efficiente per creare capacità sostenibili a lungo termine. Non ritengo però sia questo il caso: l’ecosistema spaziale italiano ha basi solide, l’Italia vanta una lunga tradizione spaziale e, con 12 distretti, più di 400 aziende e circa 10mila persone impiegate, è tra i principali attori nel settore. Il Paese ha le carte in regola per giocare la partita della space economy dei prossimi anni”.

Verso la Lunar economy

Puntare maggiormente sul mercato, secondo Comparini, non è una strategia vincente. Lo testimonia il caso della Francia: mentre il 72% delle vendite spaziali globali è generato dai mercati istituzionali (difesa, meteo e scienza), oltralpe si ferma al 49%: “Lo spazio non può prescindere da una visione di lungo termine e in parte avulsa da dinamiche commerciali. Proprio la maggiore esposizione dell’industria francese nel mercato dei satelliti geostazionari per le telecomunicazioni ha determinato, negli anni recenti, una crescente difficoltà. Nel mentre settori considerati a traino unicamente istituzionale, come l’esplorazione spaziale, stanno mostrando una notevole potenzialità di sviluppo sostenibile”. 

Proprio l’esplorazione spaziale è uno dei segmenti sempre più infiltrati dall’iniziativa commerciale, basti pensare alla corsa alla Luna delle aziende con i primi lander e rover sperimentali. Ma in cui l’avanscoperta con grandi programmi è e rimarrà – Elon Musk a parte – ancora a lungo appannaggio dei governi. Il gruppo Leonardo punta a rafforzare il proprio ruolo nella cosiddetta Lunar economy: “Siamo in prima fila nelle infrastrutture e nei servizi. Per quanto riguarda le prime, l’Italia sta per esempio costruendo a Torino, negli stabilimenti di Thales Alenia Space, più dell’80% del Gateway lunare; per quanto concerne i servizi, Telespazio guiderà il progetto Moonlight.Il nostro ruolo sarà centrale anche nella realizzazione di tecnologie indispensabili come la robotica – conclude Comparini – e possiamo metterne a disposizione altre: penso a supercalcolo, intelligenza artificiale e cloud per analizzare nello spazio e, perché no?, sulla Luna, la grande mole di dati prodotti. Sono esempi di ambiti in cui è possibile connettere la forte propensione alla digitalizzazione di Leonardo con le nuove frontiere della tecnologia spaziale”.



Leave a Reply

Sign up to our newsletter!