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Sentinel 1C è in orbita. O la “rivoluzione culturale” del Sar, portata da Copernicus

Secondo Diego Calabrese, di Thales Alenia Space, la tecnologia radar di cui l’Italia è leader indiscussa ha preso piede anche grazie alle “Sentinelle” europee, che permettono di agire in casi di emergenza. E alimentano il business.

DI EMILIO COZZI

Un mondo in scala di grigi: così appare la superficie terrestre nelle immagini radar che i satelliti in orbita recapitano a terra ogni giorno. Niente di anche solo vicino alla suggestiva visione del “Pianeta blu”; anzi, spesso il “matrix” non permette di riconoscere nemmeno la mappa di un luogo.

Quando non è il nostro occhio a dover “vedere”, tutto diventa meno bello. Il che non esclude possa essere più utile: il satellite Sentinel 1C è decollato il 5 dicembre su un Vega C, tornato in servizio dopo due anni di doloroso stop. Il satellite ha portato con sé uno strumento Sar (da “Synthetic aperture radar”): niente di particolarmente nuovo, ma, bene ricordarlo, una tecnologia rispetto alla quale la competenza italiana non ha rivali e che anche grazie all’Europa oggi è diffusa e richiesta ovunque nel monto, usata in missioni di osservazione della Terra.

Perché osservare non significa sempre vedere. 

L’interpretazione di una fotografia è per noi naturale. Una vista a microonde, invece, è più complessa, non siamo abituati – spiega Diego Calabrese, direttore del dipartimento Observation system di Thales Alenia Spacedi solito, chiunque voglia iniziare con una tecnologia spaziale si appoggia prima a quella ottica, intuitivamente più semplice. Ma grazie a questa enorme diffusione, e alle grosse potenzialità rispetto all’ottico, di notte o quando è nuvoloso, si è rotto il tabù del Sar come sistema di nicchia e molti governi stanno cambiando approccio”.

In orbita di nuovo la coppia Sar

Il lancio di Sentinel 1C rappresenta il ripristino della piena operatività da parte della costellazione Copernicus, dopo il guasto che ha spento Sentinel 1B nel 2022. Insieme con Sentinel 1A, ora i radar torneranno a scansionare la superficie terrestre con un tempo di rivisita (l’intervallo tra due passaggi sulla stessa area) dimezzato: “La porzione della superficie terrestre, lo swath, che copre è limitato, perché sorvolando un’area più grande occorre decidere dove osservare  – specifica Calabrese – il tempo di risposta però è di 12-24 ore in ogni luogo del mondo, perché possiamo direzionare l’osservazione in caso di emergenze”. E sono proprio le emergenze una delle applicazioni più rilevanti di questo strumento.

Il funzionamento del Sar è simile a quello di un ecodoppler: l’antenna “spazza” il suolo con un fascio di microonde, che rimbalzano e vengono raccolte dal sensore del satellite. In questo modo è possibile disegnare in tre dimensioni il profilo del suolo, opere umane comprese: “In Italia la grossa spinta alle microonde è stato il terremoto in Irpinia, nel 1980 – racconta l’ingegnere di Thales Alenia Space – c’erano le nuvole e i soccorritori percorrevano strade scoprendole franate; non sapevano dove andare. Fosse esistito un sistema come quello attuale, avrebbero potuto coordinare meglio gli aiuti. Oggi la modalità emergenza è una prassi, quando si verifica qualsiasi tipo di disastro: consente di rilevare lo stato dei danni e delle infrastrutture, strade comprese”. Un’altra peculiarità, in caso di terremoto, è quella di identificare esattamente la linea di faglia, osservando la deformazione dei palazzi.

La vera forza di Copernicus è la continuità del database, che i Sentinel 1 hanno saputo alimentare. In caso di emergenza, l’archivio è un riferimento prezioso, anche quando a transitare su regioni colpite sono per prime le altre Sentinelle, oppure i satelliti di costellazioni come Cosmo-SkyMed o TerraSar-X.

Per salvare vite, il Sar è un super potere: le onde radio penetrano più facilmente le nuvole. In più, essendo uno strumento attivo, il radar opera con efficacia anche di notte, perché non raccoglie luce visibile, ma l’eco delle stesse onde elettromagnetiche che ha usato per “illuminare” il terreno.

Come cambia il mondo

Ciò che emerge sono come i fotogrammi di un film. È il raffronto tra due rilevazioni, prese a distanza di tempo, a restituire il risultato: cosa si è mosso, o cosa è cambiato sulla superficie terrestre.

Il Sar può “avvertire” il movimento del versante, di un ponte o di un palazzo: “Lo spostamento delle infrastrutture è una delle applicazioni principali: si tratta di verificare quanto siano stabili, cosa possibile a livello di centimetri” aggiunge Calabrese. Nel caso di eventi climatici come le alluvioni, la fisica stessa del sistema (un’onda che rimbalza) permette di identificare le aree sommerse

Un altro servizio sfrutta la polarizzazione delle onde elettromagnetiche per l’agricoltura di precisione: “Il precision farming con sistemi satellitari sta prendendo piede, anche grazie a società che vendono servizi di questo tipo. I dati permettono di dire se la coltivazione cresca in maniera corretta, se c’è o no umidità per decidere dove irrigare. Di solito si usano sensori iperspettrali, che però non hanno una risoluzione spinta; ebbene, anche il Sar inizia ad avere capacità di questo tipo. Ci sono relazioni tra la risposta del segnale, combinando la polarizzazione con la banda, e lo stato di crescita delle piante. La fusione tra Sar e iperspettrale migliora l’accuratezza” ragiona Calabrese. Sono applicazioni particolarmente utili su larga scala, nel monitoraggio di grandi coltivazioni in Canada o in Sudamerica, meno in zone più intensive o con un’estensione ridotta, dove lo stesso servizio può essere portato avanti, a una frazione del costo, con i droni.

La rivoluzione e il suo futuro

Secondo Calabrese, almeno in questo ambito è l’Europa ad aver mostrato al mondo come si fa; e il mondo ha seguito la “rivoluzione del Sar” tuttora in atto, a partire dalla policy, da parte di Esa e Unione europea, sui dati e sulle osservazioni di Copernicus, liberamente accessibili e utilizzabili da chiunque, anche dalle aziende per fare business: “Con le richieste istituzionali sia nazionali che di Copernicus si è sviluppata una tecnologia, allo stato dell’arte in Europa e soprattutto in Italia. Questo ha permesso di diffondere la cultura del Sar, il tabù che voleva il radar complicato da interpretare. Quindi si sono sviluppati servizi e applicazioni: adesso non è più una nicchia. Il Sar viene utilizzato da tantissime società per altrettante applicazioni”. 

Ragionando sui costi, si arriva al punto: che cosa succederà nei prossimi anni. Secondo il direttore dell’Observation system di Thales Alenia Space, molto si giocherà sul tempo di rivisita:Nel futuro scorgo due tendenze preminenti: applicazioni sempre allo stato dell’arte, in particolare per esigenze governative, e allo tesso tempo miniaturizzazione delle tecnologie e riduzione dei costi.In quest’ottica stiamo sviluppando Iride, che va proprio nella direzione di ridurre massa e costi. Si potranno effettuare lanci multipli con lo stesso razzo. Nelle comunicazioni succede da anni, è l’approccio di Elon Musk: Starlink in questo senso è stato uno spartiacque”.



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