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Servizio cellulare via satellite: SpaceX contro tutti

Dal 2025 la compagnia di Elon Musk fornirà il direct to cell agli smartphone, senza bisogno di altre antenne. Ma le norme della Commissione federale le stanno strette e i concorrenti lamentano lo strapotere di Starlink.

DI EMILIO COZZI

Correva il 2022 quando Apple ha dato la possibilità di inviare messaggi di “Sos” con i propri smartphone sfruttando, in assenza di copertura del segnale, la connessione diretta ai satelliti Globalstar. Sono passati due anni, ma sembra un’altra era.

Frattanto, nel business della connessione cellulare con i satelliti, è cominciata una competizione in cielo e in terra, che paventa di essere avvincente quanto ostica.

Il busillis è di tipo tecnico: le frequenze. Il che non esclude possa presto trasformarsi in una questione politica. E sempre non lo sia già, visto che presto il progresso tecnologico permetterà a chiunque di connettersi: oltre che alle antenne di terra, quelle che vediamo ancorate a palazzi, torri e torrini piezometrici, anche ai satelliti.

Si chiama direct to cell (Dtc), o direct to device (D2d), e i primi apparati con questa capacità sono già in orbita. A onor di cronaca, sono centinaia, ed è da loro che bisogna cominciare.

Gli attori in campo sono colossi, il primo più di tutti: SpaceX, cioè Starlink. Il 14 novembre un Falcon 9 della compagnia di Elon Musk ha portato in orbita venti satelliti, di cui 13 con la tecnologia direct to cell. Era l’ultimo slot, in ordine di tempo, di una serie iniziata nemmeno un anno fa, il 3 gennaio del 2024, con i primi sei dispositivi sperimentali. Ora sono in tutto circa 300 e aumenteranno al ritmo tipico della costellazione Starlink, che al momento conta oltre seimila satelliti operativi. Secondo Ben Longmier, senior director of satellite engineering di SpaceX, manca poco – tre lanci – per completare la costellazione Dtc al cosiddetto “minimum viable product”. Poi continuerà a crescere.

Operativi già dal 2025

Starlink non è solo pronta a fornire, anche nelle zone più remote del pianeta, una connessione satellitare ma, grazie all’accordo con compagnie telefoniche nazionali, garantirà copertura perfino dove non arriva il segnale 4 o 5G erogato dei ripetitori terrestri. E senza bisogno di modificare gli smartphone o acquistarne di nuovi modelli. La compatibilità è già garantita. Sarà sufficiente avere il cielo, sopra di sé, per collegarsi. 

Al momento, si legge sul sito della compagnia, Starlink ha stretto accordi per fornire banda satellitare ai servizi di T-Mobile negli Stati Uniti, Optus in Australia, e a un’altra mezza dozzina di Paesi tra cui la Svizzera (Salt), il Cile e il Perù (Entel). Le caratteristiche: “Nessun kit specializzato o aggiuntivo richiesto”; “compatibile con modem standard CAT-1, CAT-1 Bis e CAT-4”; “piani disponibili tramite i nostri partner globali nei Paesi approvati a partire dal 2025”.

Il problema, almeno per Starlink, è che l’azienda non è la sola. E, in particolare, è chiamata ad affrontare ricorsi e proteste da parte delle compagnie telefoniche concorrenti. 

Gli altri

Ast Mobile ha iniziato a dispiegare la propria costellazione Blue Walker nelle scorse settimane. Lanciati a settembre, i primi cinque satelliti Ast hanno aperto le loro “ali”. Stando a quanto dichiarato, una volta completata, Blue Walker (con 90 satelliti e la possibilità di crescere fino a 168) potrà fornire 4G e 5G ovunque nel Pianeta, al suolo, in mare e sugli aerei. La compagnia ha ricevuto finanziamenti da Google, Vodafone ed AT&T per costruirla. Ast è dunque una concorrente diretta di Starlink e, come quest’ultima, ha stretto accordi per fornire il servizio Dtc, in questo caso agli abbonati di altri due colossi delle telecom statunitensi: Verizon e la stessa AT&T. 

Omnispace, statunitense, conta di fare lo stesso con una flotta di seicento satelliti. Ha accordi con compagnie telefoniche di America latina, Asia, Africa e Medio oriente per portare banda larga ai cellulari con tecnologia 5G. Lynk Global ha un progetto simile: attualmente, in orbita, conta una manciata di satelliti (prevede di lanciarne alcune migliaia) e ha dato inizio al servizio di connessione per utenti degli stati insulari del Pacifico, come Palau e le Solomon Islands. Il mosaico dell’offerta non può che essere destinato ad allargarsi. Sebbene le tessere siano composite.

La legge e la richiesta di eccezioni

A marzo del 2024 la Federal communications commission americana (Fcc) ha approvato le regole di base per l’utilizzo delle onde radio dei partner mobili terrestri. È il quadro normativo del “Supplemental coverage from space”, un servizio considerato, appunto, aggiuntivo alla normale copertura dei ripetitori al suolo. Il regolamento definisce anche i limiti di frequenze alle quali gli operatori delle costellazioni satellitari devono operare per non creare interferenze con i sistemi terrestri. Lacci che a SpaceX stanno già stretti.

In estate, la compagnia ha presentato una richiesta di deroga alla Fcc, chiedendo l’autorizzazione a operare oltre i normali parametri di radiofrequenza: in particolare ignorando i paletti fissati per le out-of-band-emissions, cioè emissioni su una o più frequenze immediatamente al di fuori della larghezza di banda necessaria; delle “fuoriuscite” rispetto alle frequenze assegnate che, se non arginate, potrebbero compromettere il segnale di altri operatori. In tutta risposta, AT&T e Verizon hanno chiesto alla Fcc di respingere la richiesta, imitati da diversi operatori telefonici europei: “La Fcc deve rifiutare qualsiasi tentativo di allentare il suo limite di emissione fuori banda (“Oobe”) di 120 dBW/m2/MHz (il “limite di 120”) che rappresenta il livello minimo di protezione che gli operatori di reti mobili richiedono dalle emissioni spurie – nello spettro a bassa banda (<1 GHz) e a media banda (1-2GHz) – se vogliono avere la certezza di poter continuare a fornire i livelli di servizio terrestre che si sono impegnati a fornire in ogni mercato” si legge nell’appello firmato dai vertici di sette compagnie telefoniche: Liberty Global, Orange, Ppf Telecom Group, Telefonica, Telenor, United Group e Vodafone

Il potere di Musk e SpaceX

La replica di SpaceX è stata immediata: “La Commissione non può accettare il tentativo di questi operatori stranieri di intimidirla. Dovrebbe invece continuare a rispettare la sovranità delle altre amministrazioni e permettere loro di esprimere il proprio giudizio tecnico sul fatto che l’Ast stia promuovendo una norma sulle emissioni fuori banda che non ha alcuna base tecnica e che danneggerebbe inutilmente i consumatori e i primi soccorritori“.

Difficile ignorare il parallelismo col caso italiano. Ma a parti invertite: ad aprile 2024 era infatti stato Elon Musk a denunciare una scarsa collaborazione da parte di Tim sulla condivisione dei dati che riguardavano le frequenze. A denunciare i primi problemi dovuti a una “esuberanza” del segnale dei satelliti Starlink è stata in realtà Omnispace, che lamenta interferenze con i propri satelliti sperimentali in orbita.
Nel frattempo, è successo di tutto: Musk ha “vinto le elezioni”insieme con Donald Trump. La sua influenza è cresciuta e, di certo, ha una leva ben più lunga della precedente: il servizio di lancio che utilizzano, o hanno utilizzato, alcuni dei concorrenti (Lynk Globe e Ast per esempio) sono i Falcon 9 di SpaceX. Difficile immaginare un paradosso altrettanto indicativo del potere muskiano.



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