Space factory 4.0. Da Thales Alenia Space a Sitael e Argotec, la risposta italiana alla sfida delle costellazioni

Inaugurata la facility a Roma dell’azienda franco-italiana: digitalizzazione e robotica per costruire grandi e piccoli satelliti, fino a 100 all’anno. L’Italia punta alla leadership nella manifattura dei nuovi asset orbitali

DI EMILIO COZZI

I primi satelliti a uscire dalla nuova Space factory 4.0 di Thales Alenia Space saranno il Sicral 3 per la Difesa italiana, i Galileo di seconda generazione e i nuovi apparati del programma Copernicus, Rose-L e Cimr. Inaugureranno una serie lunga, che promette di arrivare fino a 100 satelliti all’anno, in particolare di dimensioni ridotte, leggeri e da lanciare in costellazioni.

Quello inaugurato sulla Tiburtina sarà il polo di un nuovo modo di produrre tecnologia spaziale. Che comprende i satelliti, ma non solo: insieme con loro, si costruiranno dalle celle fotovoltaiche fino agli impianti per i test di qualifica. L’assetto ideale delle Space factory 4.0, cofinanziate dal Pnrr secondo un partenariato pubblico-privato, non contempla nuclei di eccellenza isolati, ma nodi di una rete che punta a diventare capofila nella manifattura della new space economy.

Cambio di paradigma

Parole d’ordine: digitale e robotica. Saranno declinate in automazione dei processi, digital twin e realtà virtuale e aumentata per modellare tecnologie e processi, e permetteranno di risparmiare sui costi. 

Così si affronta quello che fino a poco tempo fa era considerato uno scoglio insormontabile: i ritmi di produzione. Gli smallsat di classe fino a 300 chilogrammi rappresentano una corposa fetta del mercato globale. In Italia, Thales Alenia Space (joint venture fra Thales, al 67%, e Leonardo, 33%) ne potrà produrre fino a due a settimana nella sua nuova facility. Questo chiede il mercato commerciale. Cui va sommato il vecchio (e solido) committente istituzionale, che si affida anche a satelliti pesanti tonnellate. Rientrano in questa classe i primi esempi menzionati da queste righe, il Sicral 3, i satelliti Copernicus per l’osservazione della Terra e i Galileo. 

Per sostenere questo ritmo, la Space factory di Thales Alenia Space possiede “camere pulite modulari” e grazie “all’utilizzo delle tecniche digitali […] potrà essere riconfigurata in funzione delle produzioni richieste, per consentire l’integrazione e le prove di un’ampia tipologia di satelliti di differenti classi e applicazioni, dall’osservazione della Terra, la navigazione e le telecomunicazioni spaziali ai veicoli automatizzati e riutilizzabili e tecnologie dimostrative di In Orbit Servicing” si legge nel comunicato dell’azienda. 

Tutto per ridurre il cosiddetto time-to-market, l’intervallo fra l’ordine e l’uscita dalla fabbrica. Nel caso dei dispositivi spaziali, è un aspetto che ha spesso costituito un problema, fino a quando si è deciso di cambiare mentalità. Che tradotto significa puntare sulla modularità, ridurre la ridondanza dei sistemi e ricorrere a componenti miniaturizzate e disponibili sul mercato, aumentando rapidità e volume di produzione.

Una rete nazionale

L’obiettivo è costruire un apparato integrato, con cellule che dialoghino tra loro e facciano sistema. Nel nuovo stabilimento di Thales Alenia Space ne è un esempio concreto il Jointlab, pensato per ospitare “una pluralità di funzioni orientate alla formazione di nuove figure professionali nel campo delle discipline spaziali e a sviluppare idee e prodotti innovativi in partnership con Pmi, start-up, fornitori, partner industriali e centri dell’ecosistema della ricerca“.

In virtù dei finanziamenti del Pnrr, l’Agenzia spaziale italiana (l’Asi) manterrà “la proprietà di metà delle infrastrutture, che saranno quindi disponibili per tutta la comunità industriale, anche per piccole e medie imprese o start up che non hanno capacità finanziarie per affrontare un investimento di questo tipo, ma che potranno comunque beneficiare dei servizi offerti“.

Tanti e piccoli, per le costellazioni del futuro

Senza che se ne faccia mistero, quello a cui si lavora sono le costellazioni satellitari, in modo da tenere il passo delle grandi potenze (Stati Uniti e Cina, in primis) che le stanno usando per consolidare la presenza in orbita. Lo hanno ribadito nei mesi recenti i vertici europei che si sono espressi sul tema, in primis il commissario con la delega allo Spazio Andrius Kubilius. L’Italia ha saputo investire con questa prospettiva e così intende proporsi come punto di riferimento per realizzare le nuove infrastrutture strategiche di comunicazione satellitare (per intenderci, concorrenti di Starlink) e anche per una Difesa spaziale europea.

Non è un caso che le altre Space factory del piano nazionale siano quelle di Argotec (vicino a Torino) e Sitael (a Mola di Bari), entrambi attori di rilievo globale nel segmento dei piccoli satelliti. 

Da ricordare che grazie a un investimento di 20 milioni di euro, di cui oltre un terzo proprio proveniente dal programma Space Factory 4.0, anche il Cesi, il Centro elettrotecnico sperimentale italiano, ha potenziato a Milano la capacità produttiva del 300%, introducendo cinque nuovi evaporatori e un reattore Mocvd per la crescita avanzata di semiconduttori. Si attende, nei prossimi mesi, anche l’inaugurazione della facility per i test acustici dei satelliti del Cira (il Centro italiano ricerche aerospaziali) in provincia di Caserta.

Attori diversi per un obiettivo comune: restare rilevanti là dove i trend spaziali conducono.



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