Rotta verso Marte: l’Asi collaborerà con SpaceX

L’Agenzia spaziale italiana ha stretto un accordo con la compagnia di Elon Musk per portare esperimenti scientifici fino al suolo del Pianeta rosso. Pochi anni fa sarebbe stato possibile solo attraverso un patto tra agenzie spaziali pubbliche.

DI EMILIO COZZI E MATTEO MARINI

L’Italia volerà su Marte grazie ai mezzi di SpaceX. Il presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), Teodoro Valente, ha annunciato la scorsa settimana l’accordo con la compagnia di Elon Musk per imbarcare esperimenti sulle “prime missioni in partenza verso il Pianeta rosso”. Il mezzo deputato sarà Starship, che SpaceX sta (con fatica) sviluppando per riportare astronauti sulla Luna, ma il cui fine ultimo è proprio lo sbarco marziano.

I payload, gli esperimenti, saranno diversi. L’opportunità è importante, perché ottenere un passaggio verso Marte non è come arrivare in orbita terrestre o attorno alla Luna. Il Pianeta rosso dista almeno sei mesi di crociera. Tanto più che gli strumenti verranno portati fin sul suolo rugginoso. “I carichi utili includeranno, tra gli altri, un esperimento sulla crescita delle piante, una stazione di monitoraggio meteorologico e un sensore di radiazioni“. Obiettivo: raccogliere dati scientifici durante la fase di volo interplanetario, quindi sulla superficie marziana, scrive l’Agenzia nel comunicato con cui ha annunciato l’accordo.

La prima Starship, e così sarà probabilmente anche per la seconda, partirà verso Marte senza equipaggio (per imbarcare persone servirà testare il sistema e garantirne l’affidabilità, minimizzando i rischi). Ci sarà invece un carico di esperimenti che potranno, è il caso di quelli italiani, preparare l’arrivo di astronauti in carne e ossa (non è da escludere che Elon Musk, infatti, imbarcherà prima Optimus, il robot umanoide sviluppato da Tesla).

Anzitutto per studiare l’intensità delle radiazioni durante il viaggio, per sei mesi lontani dalla protezione del campo magnetico terrestre, e poi sul suolo marziano, che neppure offre uno scudo perché ha perduto il proprio campo magnetico miliardi di anni fa.

Informazioni preziose potranno arrivare dai sensori meteo e dall’esperimento per coltivare le piante, con meno suspense, almeno all’inizio, rispetto al naufrago Mark Watney dello splendido The Martian di Andy Weir.

Pubblico e privati

Almeno per ora, non si conoscono i dettagli dell’accordo né i costi per portare gli strumenti così lontano. Nulla si sa anche riguardo ai tempi e ai soggetti: cioè chi, materialmente, li costruirà, e gli enti coinvolti, università e istituti di ricerca.

La cosa interessante, per quanto non inedita, è tuttavia un’altra: la stretta di mano è avvenuta tra l’Asi, l’Agenzia spaziale italiana, ente pubblico, e SpaceX, un privato. Solo pochi anni fa, un accordo di questo tipo sarebbe stato stipulato con la Nasa. Ma le cose, è ormai evidente, sono cambiate.

La capacità tecnologica di arrivare dove altri non possono è ora, sempre di più, in mano a soggetti commerciali ed Elon Musk, in particolare per il trasporto, la fa da padrone. “Salite a bordo! Si va su Marte! Starship offre ora servizi per il Pianeta rosso. Siamo entusiasti di collaborare con l’Agenzia spaziale italiana a questo accordo unico nel suo genere. Seguiranno altre novità” ha twittato Gwynne Shotwell, presidente e Chief operating officer di SpaceX, rilanciando una dichiarazione del presidente Valente. Entrambi parlano di “first of its kind agreement“.

È vero per Marte e, soprattutto, per Starship. Nonostante la ben nota ossessione per il Pianeta rosso di Musk, infatti, finora SpaceX non ha operato servizi “marziani”. L’unico carico lanciato in quella direzione è un’automobile: quella Tesla Roadster, convertibile scappottata, al cui volante c’era Starman, un manichino in tuta spaziale. Il razzo era un Falcon Heavy, lanciatore pesante al suo debutto.

Servizi e opportunità

Il nuovo paradigma della space economy oggi implica si parli anche con i privati, per acquistarne servizi specifici. Il modello domina l’approccio della Nasa, per esempio nella gestione delle prossime stazioni commerciali in orbita bassa, quelle che succederanno alla Iss.

Anche l’Italia va applicandolo con frequenza crescente: basterebbe citare la missione Ax-3, con la quale l’Aeronautica militare ha acquistato un volo per l’astronauta Walter Villadei, in orbita a bordo della Stazione spaziale internazionale nel gennaio del 2024.

Fu uno sforzo congiunto tra la Presidenza del consiglio, i ministeri della Difesa, delle Imprese e del Made in Italy, dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, l’Agenzia spaziale italiana e la stessa Aeronautica. In quel caso, il provider era la texana Axiom Space, il mezzo un Falcon 9 e la capsula una Crew Dragon di SpaceX.  Ancora prima, Villadei aveva viaggiato oltre il cielo per l’Aeronautica, che aveva acquistato per lui, per il tenente colonnello Angelo Landolfi e per l’ingegnere del Cnr Pantaleone Carlucci, un volo suborbitale di Virgin Galactic.

È la stessa Nasa ad aver dato il via all’acquisto di servizi di trasporto spaziale dai privati, proprio con SpaceX, che ha potuto in questo modo accrescere e consolidare il suo ruolo di fornitore. L’esempio principe è il trasporto orbitale di mezzi e astronauti, da e verso la Iss.

Trasportare “cose” fin sulla superficie di Marte è però più facile a dirsi che a farsi. Arrivarci e “ammartare” sono obiettivi finora centrati da poche missioni, prevalentemente americane. E Starship rimane ancora un’incognita, per via dei test più recenti, non proprio entusiasmanti.

Nel caso delle prime missioni verso il Pianeta rosso, il processo non sarà on demand. Ma anche questo non è molto diverso dai più tipici voli inaugurali, quando si imbarcano payload su un razzo che altrimenti decollerebbe vuoto.

Nel caso di Starship sarà difficile parlare di esordio, dato l’approccio scelto da SpaceX, “iterativo e incrementale”, che prevede di testare, sbagliare, imparare dagli errori, modificare e ripetere, in un loop che promette di sviluppare sistemi complessi in maniera più rapida. Eppure, quando si parla di Marte, ogni prima partenza, anche con un vettore collaudato, è un po’ un debutto. In particolare la prima volta in cui si proverà a scendere sulla superficie.

In fondo, come ha suggerito Shotwell, il succo sembra essere: “Noi andiamo. Per chi voglia salire, lo spazio non manca“. L’Italia ha colto al volo l’occasione.



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