Eu space act: i primi passi della legge spaziale dell’Europa unita
- July 10, 2025
- Posted by: admin
- Category: Emilio Cozzi

Norme stringenti su sicurezza, cyber e space debris che si applicano anche ad aziende di Paesi extra Ue che vogliano vendere servizi ai Paesi dell’Unione. Quindi anche SpaceX. Ma con deroghe. La Commissione ha varato il testo ora all’esame di Parlamento e Consiglio.
DI EMILIO COZZI
L’Europa si è mossa per presentare una legge spaziale che governi le attività continentali, civili, del settore.
Atteso da anni, lo Eu Space Act è stato formulato dalla Commissione europea e ora andrà all’esame del Parlamento e del Consiglio dell’Ue.
È composto da 119 articoli, per delineare tutti i requisiti che le aziende spaziali, da chi costruisce e gestisce i satelliti a chi li lancia, devono rispettare per essere autorizzate a operare. Tratta soprattutto di sostenibilità in orbita, impronta ambientale, space debris, cybersicurezza. E si applica, dettaglio non trascurabile, anche a “operatori di Paesi terzi che forniscono servizi spaziali o dati spaziali nell’Unione“.
Significa che anche Elon Musk, Jeff Bezos e chiunque altro da Paesi extra-Unione dovranno allinearsi alle normative? Sulla carta sì, sebbene la pratica sembri più complessa. Un punto importante, però, emerge: anche le aziende private non potranno usufruire di servizi di operatori extra Ue che non rispettino le norme europee.
Il fulcro nevralgico sarà l’Euspa, l’Agenzia europea per le politiche spaziali, che coordinerà lo sforzo degli enti regolatori dei singoli Paesi. Sono 13, scrive la Commissione, “i Paesi che hanno approvato legislazioni spaziali. Ciò riflette gli impegni di diritto internazionale che richiedono la supervisione delle attività spaziali. Il mosaico di approcci normativi che ne deriva sta portando a un mercato interno frammentato. Questa frammentazione è destinata ad aumentare, dato che un numero maggiore di Stati membri prevede di istituire quadri giuridici per le attività spaziali“.
Al via nel 2030
All’articolo 2 c’è una data: “Il presente regolamento non si applica agli asset lanciati prima del 2030“, tuttavia, si specifica, nella fase di transizione “per gli asset che si trovano ancora in una fase di progettazione critica, il Regolamento prevede un periodo transitorio di altri 24 mesi per raggiungere la conformità“. Costellazioni già attive in orbita prima del 2030, o quelle che sono ancora nella fase di revisione critica – di sviluppo insomma – entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge, non dovrebbero essere toccate dal documento.
A partire da queste date, gli operatori spaziali dovranno fornire garanzie di sicurezza riguardo ai satelliti messi in orbita, ai razzi lanciati e alle attività condotte su stazioni spaziali e navicelle, con misure volte a “migliorare il tracciamento degli oggetti spaziali e a limitare nuovi detriti, prevedendo requisiti per lo smaltimento sicuro dei satelliti alla fine del loro ciclo di vita” si legge nella sintesi. È istituito a questo scopo un Registro dell’Unione degli oggetti spaziali (Urso).
Sicurezza, impatto ambientale e resilienza
La legge imporrà valutazioni approfondite dei rischi durante tutta la vita di un satellite, applicando norme in materia di cybersicurezza e segnalando eventuali incidenti. Proprio per il loro valore (anche) strategico, le infrastrutture spaziali dovranno fornire garanzie contro eventuali attacchi informatici e interferenze elettroniche. Infine, la direttiva richiede agli operatori di calcolare l’impronta ambientale per tutto il ciclo di vita della missione spaziale, comprese le fasi di progettazione, produzione, funzionamento e dismissione.
Costi e benefici
Sono molti i requisiti da rispettare, e questo non potrà che incidere sui costi di progettazione, costruzione e gestione. Il documento riporta alcune stime sull’impatto economico. “Gli operatori satellitari potrebbero subire un aumento fino al 10% dei costi di produzione delle piattaforme satellitari, a seconda dei requisiti della missione spaziale. I fornitori di servizi di lancio dovranno sostenere spese aggiuntive, con i fornitori di grandi dimensioni che potrebbero pagare fino a 1,5 milioni di euro per i lanciatori pesanti (classe Ariane 64) e le Pmi fino a 200mila euro. I costi di gestione del rischio per le aziende sono stimati al 10% del loro budget IT [la cybersicurezza, ndr] e i requisiti di autorizzazione per linea di prodotto costeranno circa 100mila euro. L’attuazione delle regole di categoria sull’impronta ambientale dei prodotti costerà 4.000-8.000 euro“.
Sono anche elencati i benefici che le nuove regole porteranno, soprattutto in termini mercato, durata delle missioni garantita da requisiti di sicurezza, e di nuove opportunità.
“La possibilità di commercializzare un unico prodotto in 27 Stati membri snellisce l’accesso e riduce gli ostacoli amministrativi, consentendo un più rapido time to market. Il passaggio dall’autorizzazione di un singolo satellite all’autorizzazione di una costellazione, da solo, dovrebbe far risparmiare agli operatori satellitari 68 milioni di euro nel prossimo decennio – si legge nel documento – si stima inoltre che il prolungamento della vita dei satelliti in orbita terrestre bassa, da 5 a 6 anni, abbia un impatto economico annualizzato di 1,3 miliardi di euro. Le aziende otterranno un vantaggio competitivo globale, beneficiando di elevati standard di cybersecurity che riducono i rischi informatici, con un potenziale risparmio di 320 milioni di euro all’anno per i produttori“.
La Commissione europea vede la nuova legge come un “sostegno all’industria spaziale dell’Unione (calcolata al 20% di un mercato previsto di 700 miliardi di euro entro il 2031), favorendo al contempo l’emergere di nuovi segmenti commerciali, come la rimozione attiva dei detriti, l’assistenza in orbita, l’assemblaggio e la produzione, e le tecnologie di crittografia“.
Sono così tanti gli articoli, i dettagli e gli allegati con le specifiche, che è difficile dire qualcosa ora. La parola passerà anzitutto ai singoli Stati, come quello italiano, che ha proprio nei giorni scorsi ha varato la sua prima legge sulla Space economy, e poi alle aziende, che diranno la loro sull’efficacia del provvedimento.
Le deroghe per i Paesi terzi
Mentre per operare servizi per l’Europa, anche attori di Stati terzi (quindi fuori dall’Unione) dovranno chiedere autorizzazione all’Euspa, un articolo risolve la cosa a livello apicale. Cioè di accordo in qualche modo “politico”, tra i Paesi esterni e l’Unione. All’articolo 16 si legge: “Gli operatori spaziali di Paesi terzi che sono stabiliti in un Paese terzo per il quale la Commissione ha adottato una decisione di equivalenza, conformemente all’articolo 105, si presume che soddisfino i requisiti di cui all’articolo 15“. Detto altrimenti: se un Paese terzo garantisce all’Unione di rispettare i principi espressi nella legge, non è necessario che i suoi operatori spaziali ottengano l’autorizzazione dell’Euspa per operare anche in Europa.
Anche in questo caso, c’è una deroga al principio, in ragione di emergenze e impossibilità a lanciare (e l’Europa arriva da un periodo critico sotto questo aspetto): in caso di necessità, è previsto ci si possa affidare a un operatore di razzi di un Paese che rispetti i requisiti, sempre “non esistano nell’Unione alternative realistiche o sostitutive prontamente disponibili ai servizi di lancio forniti dall’operatore del Paese terzo”; e a patto che “i servizi di lancio forniti dall’operatore del rispettivo Paese terzo promuovano capacità tecnologiche di importanza strategica per l’Unione o gli Stati membri“.
È difficile impedisca ai Paesi o a istituzioni di affidarsi a operatori più competitivi (leggi SpaceX: Eumetsat ed Esa hanno appena lanciato un satellite meteo, Mtg-S1, con un Falcon 9); ancora non si intravede, insomma, il “buy european act” richiesto da anni dagli operatori spaziali. Altrettanto difficile sarà scoraggiare i privati, a meno che l’Europa decida che gli Stati Uniti non diano garanzie equivalenti ai servizi di lancio continentali. Un po’ come per la carne e buona parte del settore alimentare, solo che in questo caso sembra davvero fantascienza.