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L’Esa compie 50 anni, fra virtù e criticità

Traguardi storici in missioni di esplorazione nel Sistema solare, leader nell’osservazione della Terra. Eppure l’Agenzia spaziale europea deve ancora affrontare sfide critiche, a cominciare dal trasporto umano verso l’orbita

DI EMILIO COZZI

Il 9 agosto del 1975 l’Agenzia spaziale europea era nata da poco più di due mesi. L’accordo che portò a far convergere la European space research organization (Esro) e la European launch development organization (Eldo) nella European space agency (l’Esa) è datato 30 maggio 1975.

Cinquant’anni fa, dieci Paesi fondatori (Belgio, Germania, Danimarca, Francia, Regno Unito, Italia, Paesi Bassi, Svezia, Svizzera e Spagna, subito seguiti dall’Irlanda) decisero di creare un’unica agenzia per un programma spaziale condiviso e pacifico. E il 9 agosto di quell’anno, il primo satellite dell’Esa decollò dalla base di Vandenberg, in California: Cos-B raggiunse l’orbita in testa a un razzo Delta, per indagare sorgenti di raggi gamma dallo spazio intergalattico.

In quel momento, l’Europa non possedeva un razzo abbastanza potente da trasportare Cos-B (peraltro non così pesante). Lo spazioporto di Kourou, in Guyana Francese, scelto come porta verso il cielo per la sua posizione più prossima all’Equatore, aveva ospitato solo qualche lancio di razzi Diamant. L’epoca spaziale era iniziata già da quasi due decenni e l’Europa, nonostante gli sforzi di alcuni Paesi singoli, Italia e Francia su tutti, doveva ancora conquistarsi un posto tra le stelle. Ci è riuscita proprio grazie all’Esa.

Nuove frontiere nel Sistema solare

Cinquant’anni dopo, i traguardi europei nello spazio sono capitoli gloriosi di storia. Ne ha ricordati alcuni il direttore generale dell’Agenzia, l’austriaco Josef Aschbacher, durante la conferenza stampa seguita allo Space council di giugno. In ordine sparso: Giotto, che andò incontro alle comete di Halley e Grigg–Skjellerup, la prima missione europea nello spazio profondo; Rosetta, la prima missione a entrare in orbita e a scendere sulla superficie di una cometa; Gaia, conclusa di recente, che ha mappato in 3D due miliardi di stelle della Via Lattea e il loro movimento; Cassini, missione congiunta con l’Agenzia spaziale italiana (l’Asi) e con la Nasa, per studiare Saturno e le sue Lune. 

Oggi l’Esa vanta avanguardie robotiche in molti quartieri del Sistema solare: Mars Express, in orbita attorno a Marte, ha scoperto giacimenti di ghiaccio sotto la superficie; il Trace gas orbiter del programma ExoMars studia l’atmosfera del Pianeta rosso; Juice, decollata nel 2023, sta facendo rotta verso Giove per studiarne alcune delle lune e la possibilità che possano ospitare la vita in oceani sotterranei; BepiColombo, in collaborazione con l’agenzia spaziale giapponese (la Jaxa), punta a Mercurio, il pianeta più vicino al Sole. 

Pochi giorni fa Solar Orbiter, che sta osservando da (molto) vicino la nostra stella, ha inviato a Terra le prime immagini e i primi dati scientifici su una regione che nessuno aveva mai visto primas: il polo del Sole, con dati importanti sul meteo solare e il suo funzionamento. Euclid, altra ambiziosa missione scientifica, sta mappando in 3D le galassie dell’universo a caccia di indizi su materia ed energia oscura. Il più importante telescopio spaziale degli ultimi 30 anni, Hubble, è frutto di una collaborazione fra la Nasa e l’Agenzia spaziale europea; così come il più grande telescopio mai lanciato, il James Webb Space Telescope, portato in orbita con precisione invidiabile dal vettore Ariane 5, europeo, un mostro di affidabilità. Nell’ottobre del 2024 la sonda Hera è decollata da Cape Canaveral per raggiungere l’asteroide Didymos con la sua luna, quella colpita dal proiettile della Nasa (Dart), per studiare un sistema di difesa planetario da comete e asteroidi che potrebbero minacciarci.

Sguardo a Terra

Al suo cinquantesimo compleanno l’Europa ha due razzi operativi, Vega C e Ariane 6, dopo uno iato doloroso in cui si è stati dipendenti dagli Stati Uniti. E uno spazioporto che andrà popolato, nel prossimo futuro, di aziende private con i loro lanciatori leggeri, in competizione. Si può dire autonoma nell’accesso allo spazio, ma non per i propri astronauti.

Perché nonostante la gloria e i grandi traguardi, nata 14 anni dopo i voli di Gagarin e Shepard, sei anni dopo il primo sbarco sulla Luna e tre dopo l’ultimo, in mezzo secolo non è arrivata a sviluppare e a collaudare un proprio mezzo di trasporto per equipaggi.

In compenso, si è ritagliata un ruolo da leader nel campo dell’osservazione della Terra. I satelliti Sentinel della costellazione Copernicus (finanziata dall’Unione europea) e le sonde sperimentali per il monitoraggio del clima forniscono da anni dati preziosi sul nostro Pianeta che cambia e sulla crisi climatica, per la gestione del territorio e delle emergenze e i soccorsi in caso di disastri naturali. Dati open, gratuiti, utilizzabili da chiunque. È sempre grazie anche all’Esa, che Europa possiede il più preciso sistema di geoposizionamento esistente: Galileo.

Dalla Iss ai privati

Negli anni 90, insieme con americani, russi, canadesi e giapponesi, l’Esa ha concepito, sviluppato e costruito la Stazione spaziale internazionale, il più importante progetto di cooperazione extra-terrestre. Quindi ha iniziato a selezionare i propri astronauti, che sono volati in missioni di breve e lunga durata per effettuare migliaia di esperimenti e portare la bandiera non solo di un Paese, ma di 23 (tanti sono, adesso, gli Stati aderenti) tutte insieme.

È previsto che fra circa un lustro la Stazione spaziale internazionale non solcherà più il nostro cielo. Le nuove sfide saranno affidate ad attori privati, con laboratori orbitanti commerciali, dai quali la stessa Esa, come la Nasa, altre agenzie spaziali, aziende, governi e privati cittadini, potrà affittare spazio e tempo in orbita per i propri programmi, equipaggi ed esperimenti.

Nell’ultima selezione astronauti, l’Agenzia ha scelto dei riservisti da addestrare come i colleghi “ufficiali”, e da impiegare proprio nell’ambito di missioni private, finanziate dagli Stati, come già accaduto con i viaggi Axiom verso la Iss. Sono nuove porte spalancate sul futuro di un mestiere e di un settore in grande stravolgimento e via via più cruciale. Da poco, come accennato, si cercano nuovi provider di servizi di trasporto per avere più opzioni di accesso all’orbita.

Perché, in fondo, la forza di 23 Paesi uniti – grazie alla quale si è letteralmente strutturato un settore anche dove sembrava impossibile – è stata anche la sua debolezza. Il meccanismo del “georitorno” ha, secondo molte analisi – non ultima quella del rapporto di Mario Draghi – rallentato l’innovazione e lo sviluppo tecnologico, perché impone di spendere i finanziamenti per i programmi obbligatori in commesse industriali negli Stati finanziatori. 

Il contesto è frammentato, caratteristica che non ha permesso benefici al mercato e alla concorrenza. Un esempio? Proprio quello dei lanciatori, un segmento che de facto ha visto finora un duopolio. I 27 Paesi dell’Unione europea non hanno saputo ancora sfruttare, appieno e in maniera corale, le opportunità che lo spazio offre in termini di space economy, occasioni di innovazione e iniziativa imprenditoriale. Tecnologia, scienza al servizio del cittadino.

Orfani di un governo unitario, si è dovuto fare i conti con le esigenze e le pretese di ogni singolo Stato. Senza contare che ad affiancare l’Esa oggi c’è un’altra agenzia, l’Euspa, l’Agenzia europea per il programma spaziale (che gestisce Galileo, Copernicus, e i servizi di comunicazione satellitari governativi GovSatCom). Vero, negli anni recenti, i rapporti tra Ue ed Esa sembrano infittirsi e saldarsi sempre di più. Ma con un discreto ritardo rispetto alle ambizioni.

Non è l’America

L’Agenzia spaziale degli europei ha lavorato, in cinque decenni, in stretta collaborazione con la Nasa. È con gli americani che si vuole tornare sulla Luna, partecipando al programma Artemis. Ed è da questo rapporto, di recente più complicato, che potrebbe arrivare il grande cambiamento, la prova di maturità di un’agenzia spaziale, nell’approcciare le prossime sfide. 

L’ultima proposta di budget Nasa del governo statunitense, quello dell’amministrazione Trump, ha espresso nero su bianco l’intenzione di tagliare molti progetti e finanziamenti. Diversi dei quali in collaborazione con l’Esa. Tra le proposte più traumatiche ci sono la cancellazione del Lunar Gateway, la stazione spaziale orbitante per la quale Thales Alenia Space ha già consegnato il primo modulo costruito a Torino; la dismissione, dopo Artemis III, dello Space Launch System e della capsula Orion (per la quale l’Esa fornisce il modulo di servizio); l’annullamento del programma Mars sample return, che dovrebbe recuperare campioni di suolo marziano e riportarli sulla Terra; la missione ExoMars del rover Rosalind Franklin, per cercare tracce di vita nel sottosuolo del Pianeta rosso. E poi l’interferometro Lisa, il telescopio spaziale NewAthena e Ariel, per indagare l’atmosfera dei pianeti attorno ad altre stelle.

Dopo la pubblicazione dei tagli al budget – ancora in attesa di approvazione definitiva da parte del Congresso – Aschbacher ha insistito sull’autonomia dell’Europa e sulla sua solidità in quanto partner appetibile. A inizio maggio, è stata siglata una dichiarazione d’intenti congiunta con l’Agenzia spaziale indiana (Isro) sulla cooperazione per l’esplorazione umana dello spazio incentrata sull’orbita terrestre bassa e, in una fase successiva, sulla Luna. L’India è l’attore spaziale emergente, quello con cui converrà collaborare in futuro, senza compromettere le relazioni con gli Stati Uniti (circostanza probabile in caso di accordi, per esempio, con la Cina). A novembre, al prossimo Consiglio Ministeriale, durante il quale i ministri decideranno quali missioni e programmi finanziare nel triennio successivo e quanti soldi metterci, la posta in gioco sarà alta.

Mentre gli Stati Uniti puntano verso Marte senza escludere di andarci da soli, e la Cina esegue come un metronomo la propria partitura extra-terrestre, l’Agenzia spaziale europea dovrà capire come diventare, finalmente, autonoma. Ed essere concreta. Il rischio è di uscire dalla Storia o costringersi a rincorrerla.

A cinquant’anni non ce lo si può permettere.



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