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L’Agenzia spaziale africana e il Dragone nella stanza

Inaugurata il 20 aprile, ha sede al Cairo. Il continente ripone grandi speranze, supportate dall’Europa e dai singoli stati, in primis Italia e Francia. Ma davanti a tutti c’è la Cina.

DI EMILIO COZZI

L’Africa ha una sua agenzia spaziale.

Unisce i 55 paesi membri dell’Unione africana per coordinarne e realizzarne le ambizioni extra-terrestri. Per il continente, la strada verso le stelle sarà però lunga e (non solo fisicamente) in salita.

La cerimonia alla sede dell’Agenzia spaziale africana, la AfSa, è stata ospitata al Cairo il 20 aprile 2025 e a tenerla a battesimo, oltre ai capi di Stato e delle agenzie spaziali africane (in tutto una ventina) c’erano inviati dall’Agenzia spaziale europea (Marco Ferrazzani), di quella italiana (il direttore generale Luca Maria Salamone), di quelle francese e giapponese, oltre a Karen Feldstein della Nasa. L’ambasciatore russo al Cairo portava i saluti di Mosca. L’Onu era presente con un delegato dell’Ufficio per gli affari extra atmosferici, l’Unoosa. Sembra non ci fosse la Cina e questo è apparso strano. O forse no.

Dal video pubblicato dall’AfSa non è possibile sciogliere tutti i dubbi. Certo è che, nel comunicato ufficiale, si fa menzione di tutti i sopraccitati, meno che dell’ambasciatore russo. L’ambasciata russa al Cairo ha però divulgato il testo letto dal proprio ambasciatore durante l’inaugurazione. L’agenzia di stampa ufficiale di Pechino, la Xinhua, ha riportato la notizia della cerimonia, citando (cosa se non altro singolare) non un esponente istituzionale, ma Huan Yiheng, cofondatore di MinoSpace, azienda con sede a Pechino che progetta satelliti di piccole dimensioni: “Vogliamo esplorare le possibilità di cooperazione con l’AfSA e con altri Paesi africani“.

Sul sito dell’ambasciata cinese in Egitto, invece, non compare alcuna menzione dell’evento. Tuttavia in homepage spicca, appena sotto al tributo al presidente (“Il tempo di Xi“), il link a “Il vertice del 2024 del Forum sulla cooperazione Cina-Africa“. Ed eccolo il Dragone nella stanza, in bella vista.

Europe for Africa. Usa in ritirata

A dire di Space in Africa, il settore spaziale muoverebbe circa 22 miliardi di dollari, uno scenario in cui stanno nascendo centinaia di aziende e il cui valore, in proiezione, è in ascesa rapida. È una filiera, però, in cui nel 2024 i governi hanno allocato in totale poco più di 465 milioni di dollari, con una riduzione del 27 percento anno su anno. Secondo le proiezioni dell’Onu, l’Africa è il continente con il più alto tasso di crescita demografica: la sua popolazione è destinata ad avvicinare quella asiatica alla fine del secolo. È altresì il continente più povero e necessita, più di qualsiasi altro, di infrastrutture e servizi satellitari per connettere le persone, per gestire il territorio e contrastare i cambiamenti climatici. Lo impongono le condizioni economiche e del suolo (scarsità di investimenti, industrializzazione carente, deserti), poco favorevoli alla costruzione di costose infrastrutture di terra. 

Insieme con quello asiatico, ha un mercato con uno dei margini di crescita più rilevanti, ma con un Pil che vale solo il 2,5 percento di quello mondiale nonostante la popolazione ne rappresenti il 20 percento. Non è un caso che la parola più spesa per la costituzione dell’African space agency sia “opportunità“. 

Quella che i Paesi europei e l’Unione tentano di far fiorire nell’interesse di entrambe le sponde. Sarebbe in questo senso utile ricordare l’Africa-Ue space partnership programme che, inaugurato a gennaio del 2025 con un valore di 100 milioni, è incentrato sull’osservazione della Terra, sulla digitalizzazione e l’incentivazione al settore privato e sarà attuato in larga parte dall’Agenzia spaziale europea. L’Esa rivendica una lunga collaborazione con l’Unione africana nel campo del monitoraggio da satellite e per il controllo del traffico aereo.

La Francia, anche per il non lodevole passato colonialista, ha un rapporto profondo con numerosi Paesi africani e collaborazioni con i programmi spaziali: Kenya, Angola e Marocco, per citare gli ultimi annunci di Airbus e Thales Alenia Space. Panafsat e l’azienda francese hanno firmato un memorandum d’intesa per lo sviluppo di un sistema di comunicazione satellitare marocchino, che fornirà servizi Internet ad altissima velocità a 26 Paesi africani per contribuire a colmare il digital divide. Lo sforzo di creare ponti virtuali vede impegnato anche il Regno Unito, che vanta rapporti privilegiati con il Sudafrica.

L’Italia ha di recente varato il Piano Mattei, che comprende anche investimenti e collaborazioni nel settore spaziale, a cominciare dall’uso futuro della piattaforma di Malindi, quella del centro spaziale Luigi Broglio, utilizzata negli anni 60 e 70 per lanciare i satelliti San Marco. È meritevole di menzione il Memorandum of understanding con l’Egitto siglato un anno fa: “Nell’ambito del Piano Mattei – ha spiegato Salamone proprio all’inaugurazione dell’AfSa – l’Agenzia spaziale italiana sta collaborando con 22 Paesi africani per definire una serie di iniziative congiunte nel campo della formazione e del capacity building, con l’obiettivo di promuovere competenze locali e rafforzare le capacità nazionali nel settore spaziale”.

Nel frattempo, gli Stati Uniti stanno “abbandonando” il continente africano, nella logica dell’America first. Hanno cominciato con il neutralizzare l’agenzia per lo Sviluppo internazionale (UsAid), decisione che ha attirato numerose critiche. Ma tra le bozze di ordini esecutivi, come anticipava il New York Times pochi giorni fa, c’era anche la “ristrutturazione del Dipartimento di Stato, che include l’eliminazione di quasi tutte le sue operazioni in Africa e la chiusura di ambasciate e consolati in tutto il continente“. Nel frattempo, hanno riportato diversi media africani, sembra che Starlink sia diventato il secondo provider internet della Nigeria, 230 milioni di abitanti, lo stato più popoloso del continente.

Spazio alla Cina

Come riporta Reuters, che ha pubblicato un lungo e documentato dossier sulle attività cinesi in Africa, secondo il think tank United States institute of peace, Pechino ha instaurato 23 partnership spaziali bilaterali in Africa, con finanziamento di satelliti e stazioni di terra per la raccolta di immagini e dati spaziali. Egitto, Sudafrica e Senegal hanno sottoscritto il programma per la costruzione di una base sulla superficie lunare con la Cina (e la Russia). È il programma “rivale” dell’americano e occidentale Artemis.

Infrastrutture spaziali cinesi sono già presenti in Algeria, Tunisia, Egitto, Sudan, Etiopia, Nigeria e Namibia. La cosa che sembra preoccupare maggiormente il Pentagono è il fatto che aiutare o fornire i satelliti agli Stati africani permette a Pechino anche di accedere alle immagini e ai dati (è lo scoop di Reuters) raccolti dagli apparati orbitanti, mentre il personale cinese mantiene una presenza a lungo termine nelle strutture che costruisce in Africa. I reporter dell’agenzia di stampa hanno raccontato come, a dispetto di satelliti nominalmente “egiziani”, le componenti arrivino dalla Cina o vengano addirittura assemblati lì, prima del lancio da una delle rampe in oriente.

È stata Pechino a costruire il laboratorio per i satelliti del Cairo; ingegneri cinesi sono incaricati di formare quelli egiziani. Sta accadendo in diversi Paesi del continente con quella che somiglia molto a una logica “neo-colonialista” visti gli enormi investimenti portati dal Dragone: 50 miliardi di dollari nei prossimi tre anni.

Va ribadito che, pur fra enormi differenze interne, l’Africa dello spazio non può che riferirsi alle competenze consolidate provenienti dall’estero, da chi ha costruito stazioni spaziali o costellazioni e possiede tutta la filiera hardware e software, dal lancio alla gestione fino allo sfruttamento dei dati.

Dal 1998, 18 Paesi africani hanno lanciato poco più di 60 satelliti. Nessuno dal suolo africano, perché al momento l’Africa, le sue basi spaziali, va costruendole.



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