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Gli astronauti (non) “bloccati” sulla Iss e la comunicazione dello spazio

Sunita Williams e Butch Wilmore sono tornati a terra dopo una permanenza prolungata sulla Iss. Non sono mai stati “naufraghi” da salvare, tantomeno abbandonati dalla Nasa.

DI EMILIO COZZI e MATTEO MARINI

Bloccati“, in pericolo, “naufraghi da salvare“.

Sono stati descritti anche così Sunita Williams e Butch Wilmore, i due astronauti arrivati a bordo della Stazione spaziale internazionale (Iss) nel giugno del 2024 e rimasti là fino a pochi giorni orsono. Erano giunti a destinazione su una capsula Starliner di Boeing, nel volo deputato a certificare il nuovo mezzo di trasporto statunitense, in aggiunta all’ormai affidabile Crew Dragon di SpaceX

Ci si è messo anche Elon Musk ad alimentare la narrazione degli astronauti abbandonati. Nel suo caso, si può azzardare con buona probabilità di azzeccarci, per un calcolo politico.

La verità è che Williams e Wilmore non hanno mai rischiato più di quanto rischi qualsiasi astronauta in orbita e la loro condizione non è mai stata quella di “reclusi”, tantomeno sono stati “naufraghi extraterrestri”.

Però, lungi dall’essere solo un espediente per “vendere più copie” o per raggranellare qualche clic aggiuntivo da parte di molte testate, la questione è culturale: di cultura spaziale.

La Nasa si è (virtualmente) sgolata ripetendo che no, gli astronauti non sono rimasti bloccati sulla Iss. È vero che i due (tra l’altro veterani delle missioni in orbita) sono approdati al termine di un viaggio problematico.

Dopo alcuni rinvii (e un test senza equipaggio fallito nel 2019, al quale è seguito un volo di successo nel 2022), lo stesso attracco della Starliner aveva creato molti grattacapi a causa del malfunzionamento di diversi motori per manovrare. Una volta arrivati a bordo senza danni, l’interrogativo per Houston si è spostato sull’opportunità di usare la stessa capsula per riportare a terra la coppia di astronauti. Si è deciso che no, era troppo rischioso.

Così, Williams e Wilmore sono stati riassegnati. La loro missione, che sarebbe dovuta durare poco più di una settimana, è stata estesa fino a nove mesi e 13 giorni. Un evento non nuovo, se si pensa che Frank Rubio, l’astronauta che detiene il record della più lunga missione spaziale continuativa per uno statunitense, ha messo a segno il primato nel 2022 di ben 370 giorni e 21 ore, in quella che era originariamente prevista come una permanenza di sei mesi. 

Bene ribadirlo: più di un anno nello spazio, uno degli ambienti più ostili per un essere umano, un luogo che, se approcciato senza uno scafandro, è letale in qualche decina di secondi; dove l’assenza di peso ha conseguenze sull’organismo; e dove organizzare e inviare missioni in sicurezza implica complessità logistiche non marginali.

In un ambiente del genere vanno rispettati requisiti stringenti, in particolare quando a repentaglio ci siano vite umane. Nessuno può permettersi di trattare con leggerezza queste operazioni. Per questo Williams e Wilmore non sono mai stati “bloccati” sulla Stazione spaziale internazionale, in particolare se con “bloccati” si intenda impossibilitati a tornare a terra. Cioè senza alcuna chance di mettersi in salvo nell’eventualità di una evacuazione di emergenza.

Una breve cronologia: la Starliner raggiunge la Stazione spaziale il 6 giugno del 2024 e apre un periodo di incertezza, perché i problemi ai suoi propulsori non consentono sonni tranquilli al Ground control. Si decide di attendere. I dieci giorni di riflessione diventano due mesi, durante i quali la Nasa non approva il rientro con la stessa capsula nonostante Boeing ne assicuri l’affidabilità.

In quel momento, le opzioni disponibili sono tre: mettere Williams e Wilmore sulla Dragon già attraccata alla Stazione e riportarli a casa al termine della missione a loro precedente. Il che allungherebbe la permanenza di altri due astronauti, già sulla Iss, a circa un anno.

Oppure si potrebbe lanciare un’altra Dragon per riportare a casa subito i due nuovi inquilini spaziali. Ma con l’altra navicella di SpaceX e i suoi quattro astronauti in partenza più o meno nello stesso momento, la Iss rimarrebbe sotto organico, con solo tre astronauti a bordo. A quel punto, affrettarsi a inviare un equipaggio sostitutivo costerebbe centinaia di milioni di dollari e scombussolerebbe le future rotazioni a bordo.

Ultima opzione: lanciare la successiva missione SpaceX con due astronauti invece di quattro e prolungare la permanenza di Williams e Wilmore almeno fino a febbraio. In fondo, otto o nove mesi in orbita sono un soggiorno senza controindicazioni particolari.

La Nasa sceglie la terza soluzione: decide di far rientrare Starliner vuota e di riportare a casa i due astronauti con una Crew Dragon, da lanciare con un equipaggio ridotto. Starliner si stacca dalla Iss e rientra in atmosfera (quasi) senza problemi, il 7 settembre. Il 28 dello stesso mese, da Cape Canaveral, decolla un Falcon 9 con in testa la Crew Dragon “Freedom”. A bordo ci sono solo Nick Hague e Aleksandr Gorbunov. I due sedili vuoti sono per Williams e Wilmore.

La domanda, a questo punto legittima, è: durante quelle tre settimane, Wilmore e Williams avrebbero avuto a disposizione una scialuppa di salvataggio, cioè una capsula con cui rientrare dalla Iss in caso di emergenza? A conti fatti è l’unico aspetto in base al quale definire “bloccati” o addirittura “abbandonati” i due astronauti. La risposta, però, è sì: per i due astronauti ci sarebbe stato posto su una scialuppa, per quanto poco confortevole.

Una necessità di questo tipo si presentò proprio quando fu necessario estendere la missione di Rubio: la navetta Soyuz con cui era arrivato aveva subìto danni all’impianto di raffreddamento. Nel periodo della sua extended mission, un sedile della capsula russa era stato smontato e rimontato sotto i quattro della Dragon (Crew 5). Dove c’è spazio. Lo scriveva, ad agosto 2024, Space.com (gli altri due compagni di viaggio di Rubio sarebbero invece rientrati con la Soyuz, perché in due la cabina avrebbe avuto meno problemi di surriscaldamento).

Ed è proprio quello spazio, solitamente adibito a volume “cargo”, che avrebbe potuto ospitare Sunita Williams e Butch Wilmore nel caso di un’evacuazione forzata. A spiegarlo, già ad agosto dello scorso anno, fu Dana Weigel, program manager della Nasa per la Iss. Una lezione appresa proprio dal “caso” Rubio: “Ci siamo resi conto che, idealmente, non avremmo dovuto prendere il rivestimento del sedile della Soyuz e spostarlo. È vulnerabile ai danni”, raccontò Weigel. La nuova soluzione di SpaceX utilizza una schiuma per ammortizzare il rientro degli astronauti sul pallet di carico, che “ci offre molta più flessibilità e non mette a rischio il rivestimento del sedile della Soyuz“.

Per quanto fosse un ripiego, insomma, sistemare dei “materassi” per accomodare i due astronauti era la soluzione, tanto che fu proprio quella adottata nelle tre settimane di attesa della “Freedom” di SpaceX, che pochi giorni fa ha riportato a terra i due supposti naufraghi.

Eppure non si è mai smesso di definire “bloccati” Williams e Wilmore. Qualcuno ha addirittura definito la Crew-10, appena approdata sulla Iss, come una “missione di salvataggio“, nonostante una navetta per fronteggiare qualsiasi emergenza sia attraccata alla Iss da sei mesi.

Musk, dopo le elezioni di novembre che hanno rimesso Trump alla guida degli Stati Uniti e fatto del miliardario il suo “braccio destro”, ha accusato l’amministrazione Biden di aver volutamente abbandonato nello spazio la coppia di astronauti. Ha confidato di aver offerto alla Nasa un volo di rientro “espresso”, una Crew Dragon per riportare Williams e Wilmore a terra, subito dopo la decisione di non trasportarli con la Starliner. Offerta che, a suo dire, sarebbe stata rifiutata. Di fatto però, date le circostanze, la Nasa ha semplicemente deciso di risparmiare centinaia di milioni di dollari (denaro pubblico, opportuno ricordarlo).

Peraltro, lungi dal supporre il loro vero stato d’animo, Williams e Wilmore non hanno mai nascosto di gradire la possibilità di una permanenza e di un lavoro spaziale extra: incarichi per i quali i due veterani (Suni Williams detiene il record di attività extra veicolare per una donna ed è seconda solo a Peggy Whitson come tempo accumulato nello spazio: 607 giorni) sono stati addestrati a lungo.

Per questo definirli “bloccati” è stato improprio. Oppure un errore dovuto alla scarsa conoscenza dello spazio e delle sue dinamiche; alla sottovalutazione della professionalità e dei rigidi protocolli di sicurezza degli astronauti e delle agenzie spaziali.

La storia spaziale è prodiga di meraviglia e, purtroppo, anche di incidenti gravi. Aggiungerci l’”effetto wow” non era, né è necessario.



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