Dallo spazio alla Terra, gli spinoff che ci spalancano il futuro
- February 27, 2025
- Posted by: admin
- Category: Emilio Cozzi

Esa, Asi e Stam hanno finanziato sei aziende e startup per sviluppare applicazioni terrestri di dispositivi progettati per l’orbita e viceversa. Idee che fanno immaginare il futuro o migliorano il nostro presente.
DI EMILIO COZZI
I primi esempi che si fanno, di solito, sono il memory foam dei materassi sui quali riposiamo la notte, il cibo liofilizzato, i circuiti e le camere miniaturizzate che portiamo in tasca nei nostri smartphone, i filtri per l’acqua e gli algoritmi del telescopio Hubble, serviti per diagnosticare il tumore nelle mammografie. Sono le “vecchie glorie” tecnologiche che, dalla ricerca in ambito spaziale, sono finite a migliorare la vita di tutti. Ma questa cavalcata tech è continuata inesorabile, con grandi frutti.
La Nasa se ne fa vanto e, ogni anno, pubblica un report, “Spinoff“, che raccoglie le migliori invenzioni scaturite dall’ingegnarsi per sopravvivere, vivere e rendere più confortevole la permanenza in orbita o su altri pianeti, e che tornano sulla Terra sotto forma di innovazione.
Quest’anno l’Agenzia spaziale europea (Esa), in collaborazione con quella italiana (Asi), ha stanziato fondi per accelerare questo processo. Si chiama Esa Spark Funding ed è un fondo per finanziare “studi di fattibilità e progetti dimostrativi per testare nuove soluzioni tecnologiche, promuovendo il trasferimento tecnologico tra lo spazio e i settori non spaziali, e viceversa“. Ammonta a 1,35 milioni di euro, niente di principesco, certo, ma un seme gettato che potrebbe attecchire e, perché no?, se funzionasse, generare una foresta.
Lanciato per la prima volta in Italia, il fondo è gestito da Stam, azienda tecnologica con base a Genova in qualità di broker tecnologico per l’Italia su mandato dell’Esa. I progetti finanziati, selezionati tra oltre 20 candidature, sono sei. Tra i nomi delle società si trovano attori ben noti del settore spaziale, ma anche startup e aziende non space, che potrebbero aver qualcosa da dire anche in iniziative extra atmosferiche, a testimonianza del potere di quella che, in gergo, si chiama cross-fertilization.
Sole e sport
Astradyne, per esempio, specializzata in origami spaziali, sta sviluppando SolarDrape, una tenda solare. Sulla Luna serviranno pannelli fotovoltaici per raccogliere luce al Polo sud, dove, come sulla Terra, i raggi arrivano orizzontalmente. Il trasporto e la messa in opera saranno tuttavia difficoltosi. L’idea dell’azienda pugliese è quella di pannelli fotovoltaici innovativi, che sfruttano la flessibilità dei moduli in film sottile. Da impacchettare e poi srotolare, sulla Luna come nelle lande inaccessibili di scenari di emergenza o remoti sul nostro Pianeta.
Nel 2024, la torinese Rea Space ha vinto il Compasso d’oro (prestigioso premio al design) per Emsi, la sua tuta spaziale intraveicolare (quella che si indossa all’interno degli spazi abitativi, tipicamente sulla Stazione spaziale internazionale), la prima progettata per contrastare gli effetti della microgravità sul corpo dell’astronauta. Con la combinazione di tessuto avanzato e stimolazione adattiva dei muscoli posturali, gli effetti sul corpo sono simili a quelli della gravità terrestre. Il progetto mira dunque a portare Emsi sulla Terra, con un sistema sensorizzato per il monitoraggio dell’attività degli atleti, migliorando le prestazioni e prevenendo gli infortuni.
Esa Spark funding premia anche i ragazzi di Relicta (perché, per una volta, sono giovanissimi, basta dare un’occhiata al sito della startup). Propongono una soluzione moderna di packaging basato su scarti della lavorazione del pesce, in collaborazione con Sudalimenta – Tiberino, produttore di pasti disidratati di qualità per le missioni spaziali. Pellicole biodegradabili, commestibili e solubili in acqua calda per alimenti disidratati sottovuoto, e contenitori riutilizzabili progettati per resistere a condizioni estreme.
Aggancio in volo, dentro e oltre l’atmosfera
Sfruttano due innovazioni per le manovre “volanti”, le invenzioni di Adaptronics e Inspire. La prima, milanese, ha l’obiettivo di sviluppare una presa robotica a base elettrostatica: SpacEAAL-Chuck. Questo è un caso di spin-in, cioè di una tecnologia che da applicazioni terrestri – si tratta di un film che si attiva con una carica elettrostatica, diventa “adesivo” e può sopportare grossi carichi – e dall’uso industriale dovrebbe presto diventare una soluzione per l’aggancio in orbita di satelliti.
In futuro sarà sempre più importante la capacità di praticare in orbit servicing; avvicinare ed entrare in contatto con un veicolo orbitale per fare manutenzione o spostarlo risulterà cruciale. Così anche per i detriti spaziali da togliere di mezzo. La Inspire, di Genova, parte dal design di connettori avanzati utilizzati nel settore spaziale per sviluppare un sistema innovativo per il rifornimento di droni antincendio. Completa la sestina selezionata un’altra realtà genovese, Germina: l’azienda si ingegna per realizzare serre adattive con luci a led, soluzione concepita per habitat spaziali, dove volume e peso disponibili sono scarsi ma l’esigenza di ideare soluzioni efficienti per il mantenimento e l’autosufficienza abbonda.
La galleria delle invenzioni
È come camminare dentro al laboratorio di uno scienziato visionario ideato da Orson Welles, quello che immagina il futuro e all’improvviso annuncia che tutto, invece, è già presente. Il “film” è prodotto dalla Nasa, nel suo rapporto annuale, “Spinoff 2025”. Per idratare le piante nei laboratori sulla Iss, per esempio, è stato messo a punto uno spray speciale: l’ugello spruzza gocce elettrostatiche, che aderiscono alle foglie lì dove il peso non aiuta a farle precipitare. Ora quella soluzione potrà essere utilizzata per disinfettanti, nella sicurezza alimentare e in agricoltura. Le tecnologie messe a punto per stampare in 3D rifugi su altri mondi usando la polvere lunare (o marziana), offrono l’opportunità di fare lo stesso in deserti e regioni sottosviluppate dove scarseggiano fondi e materiali da costruzione. Ci sono le case fatte di funghi, da far crescere, seccare e pressare per costruire mattoni con cui erigere igloo e rifugi lunari ma, perché no?, terrestri.
Un ex dipendente della Nasa, anni fa, aveva sviluppato un tapis roulant da usare in orbita, con una capsula che avvolge la parte bassa del corpo e alterando la pressione dell’aria può “sostituire” la gravità. L’idea non riuscì a sfondare, ma adesso il concept opposto può portare ad alleviare gli arti inferiori del peso del corpo: una soluzione per attività di riabilitazione, che permette a persone anziane con gravi disabilità di attivarsi senza stressare ossa e muscoli fragili. Si passa dagli organi fatti crescere e “stampati” in microgravità alla formulazione di integratori per la dieta degli astronauti, che oggi è in commercio per tutti.
In fondo, siamo astronauti anche noi, in viaggio sulla nostra nave madre Terra.