Iris² (non) è la risposta europea a Starlink
- December 31, 2024
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- Category: Emilio Cozzi
10,6 miliardi di euro per realizzare la costellazione europea che garantirà connettività internet resiliente e sicura all’Unione.
DI EMILIO COZZI
La (presunta) risposta dell’Europa a Starlink arriverà, ma non prima del 2029.
L’Agenzia spaziale europea (Esa) e la Commissione europea hanno siglato due contratti con il consorzio di aziende SpaceRise per costruire la costellazione satellitare per la connessione internet, Iris2. L’Unione si doterà di una rete di connessione multiorbitale sicura, autonoma, di elevata qualità, affidabile ed efficiente a supporto di governi e istituzioni. Le sue applicazioni spazieranno dalla Difesa alle emergenze e saranno garantite anche in condizioni di criticità gravi, come nel caso di catastrofi o guerre. È un tassello vitale per la sovranità europea.
Annunciata a ottobre, la firma con i rappresentanti del consorzio SpaceRise, costituito allo scopo di realizzare l’infrastruttura, è avvenuta il 16 dicembre. Erano presenti Timo Pesonen, direttore generale della Commissione europea per la Difesa, l’Industria e lo Spazio, Adel Al-Saleh, amministratore delegato della compagnia di comunicazioni satellitari belga Ses, Eva Berneke, amministratore delegato di Eutelsat, e Miguel Ángel Pandura Panadero, amministratore delegato di Hispasat. Un secondo contratto tra l’Esa e il consorzio SpaceRise è stato firmato da Laurent Jaffart, direttore dell’Esa per la connettività e le comunicazioni sicure.
È subito evidente come non figurino, alla cerimonia, né Airbus né Thales Alenia Space: “Il consorzio SpaceRise, di Ses, Eutelsat e Hispasat, è supportato da un core team di subappaltatori europei dell’ecosistema satellitare. Tra i partner principali figurano Thales Alenia Space, Ohb, Airbus Defence and Space, Telespazio, Deutsche Telekom, Orange, Hisdesat e Thales Six” si legge sul sito del consorzio.
Dunque, Airbus e Thales Alenia Space sono rimasti come subcontractor, appaltatori. Non è una sorpresa; primo perché già a luglio si discuteva di un’ipotesi come questa, connessa a una probabile fusione tra Airbus e Thales. Secondo perché, a fine ottobre, nella notizia sul sito dell’Unione europea, che annunciava la firma imminente dei contratti, era già possibile leggere delle due aziende in quello stesso core team di subappaltatori.
Iris2 (acronimo di “Infrastructure for resilience, interconnectivity and security by satellite”) sarà una costellazione composta da 292 satelliti per fornire comunicazioni “sicure, affidabili e resilienti” ai governi dell’Unione europea. La novità, un unicum finora, è che i satelliti saranno posizionati in parte su orbite terrestre basse (264 in bassa quota e 10 in alta quota) e in parte in orbita terrestre media. Gli apparati saranno interconnessi, in modo che la loro disposizione non renda necessario averne migliaia in orbita bassa come accade, per esempio, con Starlink. L’orbita geostazionaria sarà invece coperta dalla costellazione GOVSATCOM, il cui lancio è previsto a partire dal 2026.
Il contratto firmato a Bruxelles riguarda una concessione di 12 anni. Il primo lustro servirà per la costruzione dell’infrastruttura, con il lancio inaugurale fissato per il 2029 e l’operatività per il 2030-2031.
Costo complessivo: 10,6 miliardi di euro, di cui sei pagati dall’Unione europea, 550 milioni dall’Agenzia spaziale europea, e i quattro miliardi restanti a carico del consorzio privato SpaceRise. Il secondo contratto lega invece SpaceRise e l’Esa, incaricata di supervisionare il progetto come autorità di validazione e qualificazione, nel suo sviluppo.
Fino a qui si stanno riferendo informazioni pubbliche. Ciò che non è stato ancora reso noto è come sarà divisa la costellazione, tra hardware a servizio dei governi, e attività commerciali. Il Regolamento che istituisce il programma dell’Unione per una connettività sicura per il periodo 2023-2027 (da aggiornare, dato che l’obiettivo è stato spostato al 2030) stabilisce chiaramente che “l’infrastruttura commerciale del sistema di connettività sicura comprende tutte le risorse spaziali e terrestri diverse da quelle che fanno parte dell’infrastruttura governativa. L’infrastruttura commerciale non compromette le prestazioni o la sicurezza dell’infrastruttura governativa. L’infrastruttura commerciale e tutti i relativi rischi sono interamente finanziati dai contraenti”. Dunque, la parte di costellazione designata a fornire connessione a governi e istituzioni sarà diversa da quella che abiliterà il servizio commerciale.
Di più, i servizi resi ai governi, che hanno finanziato la propria parte della costellazione, “sono forniti gratuitamente agli utenti [da loro] autorizzati”. Resta la possibilità da parte della Commissione di acquistare anche servizi dall’infrastruttura commerciale a prezzi di mercato. Sarebbe opportuno notare che quelle a capo del consorzio, cioè Ses, Hispasat ed Eutelsat, sono compagnie di telecomunicazioni, delle quali una, Eutelsat, possiede già una costellazione di internet satellitare, OneWeb, che però risulta non entrerà a far parte del nuovo asset. La nuova infrastruttura governativa sarà invece di proprietà pubblica, dell’Unione.
In un articolo pubblicato nei giorni scorsi su SpaceWatch.Global, Emma Gatti prova a far luce su alcuni punti. Riporta, per esempio, che solo il 25% della capacità dell’infrastruttura sarebbe dedicata ai servizi governativi. L’altro 75% verrebbe usato dalle aziende per vendere un servizio commerciale (e, come già scritto, in parte anche agli stessi governi). Gatti critica dunque la scelta, perché il progetto è finanziato dal pubblico per il 60% (6 miliardi su 10,6), e per aver dato, de facto, un contributo pubblico ad aziende il cui business sarebbe probabilmente andato nella direzione di costruire una rete satellitare propria.
A questa operazione è associato un ovvio rischio imprenditoriale, che alcune compagnie hanno deciso di limitare qualificandosi come appaltatrici, invece di porsi alla guida del consorzio.
Quali che siano i dettagli dell’operazione, è certo l’Europa non possa più permettersi di attendere: dal 2027 (data inizialmente prevista per l’avvio del servizio di Iris²) si è già passati al 2030. In un clima politico ed energetico incerto, è essenziale dotarsi di una rete autonoma e sicura, nel XXI secolo vitale almeno quanto assicurarsi l’approvvigionamento di gas ed elettricità.
Per questo è evidente come Iris² non potrà, e nemmeno è concepita per, porsi in diretta concorrenza di Starlink: non ne condivide l’obbiettivo primario, né la massa critica. Nondimeno, ed è un altro punto su cui torna Spacewatch.global, occorrerebbe a questo punto capire la strategia commerciale di SpaceRise una volta resa operativa la costellazione, visto che già nel 2024 SpaceX ha lanciato oltre 300 satelliti Starlink di nuova generazione per il servizio direct-to-cell, con l’obbiettivo di aprirne l’accessibilità ai cittadini europei nel 2025.
Rimane un punto fondamentale: Iris² servirà per evitare che gli Stati dell’Unione si affidino a un privato, extra comunitario, per la fornitura di un servizio strategico. Privato che, per ragioni di strategia economica o anche geopolitiche, potrebbe disattivare il servizio in qualsiasi momento.Almeno in questo senso, sì, Iris² è la risposta europea a Starlink.