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Riutilizzabili o leggeri, l’Esa dà la spinta ai nuovi vettori europei

L’Agenzia spaziale europea firma nuovi contratti, uno da 230 milioni con ArianeGroup per continuare lo sviluppo del motore Prometheus e dello stadio riutilizzabile; e altri 44 milioni a tre aziende tedesche e una britannica per portare in rampa di lancio i razzi per piccoli carichi

DI EMILIO COZZI

Sulla via del cielo, qualcosa sta muovendosi in Europa.

Sono i mesi decisivi per capire quale strada il Vecchio continente prenderà per accedere allo spazio.

Sebbene ancora solo nei test, i motori che vanno accedendosi preannunciano decolli di cinque realtà che lavorano ad altrettanti vettori spaziali per l’imminente futuro. Solo una è già un gigante, ArianeGroup (joint venture fra Airbus e Safran), all’opera su quello che, verosimilmente, sarà il primo stadio riutilizzabile che l’Agenzia spaziale europea e l’Europa tutta avranno a disposizione. Le altre sono compagnie decise, per la prima volta, a puntare oltre l’atmosfera.

A novembre, l’Esa ha annunciato di aver stanziato fondi per continuare questo capitolo, strategico, per l’autonomia di accesso all’orbita. Una fase aperta pochi mesi dopo la (parziale) fine della “crisi dei lanciatori”, che per oltre un anno ha incatenato le ambizioni spaziali continentali alla disponibilità di SpaceX.

Nuovi fondi per Prometheus e lo stadio riutilizzabile

Prometheus è un propulsore a spinta variabile, che per cominciare consentirà il riutilizzo del secondo dimostratore Themis, sviluppato dalla francese ArianeGroup, e che completerà le fasi finali di validazione in vista di un debutto ormai prossimo. I test iniziali del motore nel sito di Vernon, in Francia, sono stati un successo. Adesso Prometheus affronterà la fase di validazione, che prevede il test di accensione di lunga durata (il long-duration hot fire test). 

Come precisa ArianeGroup, il motore ha una spinta nominale di 120 tonnellate, equivalente a quella del motore Vulcain 2.1 di Ariane 6, ma a costi di produzione inferiori, con alcuni elementi stampati in 3D e l’ambizione di ridurre fino a dieci volte la spesa rispetto al primo stadio dell’ormai pensionato Ariane 5. Prometheus è pensato per spingere lanciatori sia riutilizzabili che sacrificabili. In particolare, dovrà essere in grado di riaccendersi e assistere il primo stadio del razzo nella fase di discesa per riaccompagnarlo in un atterraggio morbido, affinché possa essere impiegato per altri voli.

I fondi assegnati ad ArianeGroup non saranno destinati solo allo sviluppo di Prometheus e del secondo dimostratore Themis, ma anche a quello di Maia, un razzo sviluppato da MaiaSpace, sussidiaria di proprietà al 100% del gruppo franco-tedesco. È, questo, un vettore parzialmente riutilizzabile che sfrutterà l’architettura di Themis per il suo primo stadio e che include l’uso dei motori Prometheus. Detto altrimenti, sebbene l’investimento rappresenti solo il primo capitolo dello sviluppo di un razzo riutilizzabile istituzionale per l’Europa, è evidente quanto contribuirà al futuro successo commerciale di MaiaSpace.

Altri 230 milioni sul piatto

Con due nuovi contratti del valore complessivo di 230 milioni di euro, l’Esa intende così assicurarsi la realizzazione del secondo Themis, nonché un rapido debutto sulla rampa di lancio di Prometheus. Non ultimo, l’arrivo, il prima possibile, dello stadio (spinto appunto dal motore Prometheus) in grado di eseguire la delicata manovra di rientro dalle parti alte dell’atmosfera. Acrobazie di cui oggi nessuno, SpaceX a parte, si è dimostrato capace.

ArianeGroup costruirà un nuovo stadio dimostratore riutilizzabile con i suoi partner, in particolare Ssc in Svezia, Sener in Spagna, Sabca in Belgio, Almatech e Apco in Svizzera e Mta in Germania. Il primo test di volo prevede un decollo e un atterraggio a media quota (hop test) sulla base Esrange di Kiruna, in Svezia. Altre prove a quote più elevate saranno programmate successivamente, spiega l’Esa nel comunicato che annuncia i nuovi contratti.

Il momento clou dei micro lanciatori

ArianeGroup esclusa, le altre realtà sono tutte all’esordio: tre società tedesche e una britannica, che stanno sviluppando e testando vettori spaziali per piccoli carichi. È la prima volta che si esce dal duopolio europeo ArianeGroup/Avio, grazie alle iniziative “European Launcher Challenge” (una call per proposte di vettori) e Boost! dell’Esa. Nell’ambito di quest’ultima, l’agenzia ha stanziato altri 44,22 milioni per dare nuova spinta (un boost, appunto) a quattro realtà che si apprestano al launch-pad. L’Esa riconosce infatti che i momenti di poco precedenti al volo di debutto sono i più delicati.

La tedesca Rocket Factory Augsburg, che ha già iniziato i test integrati sul suo Rfa One (1.300 chilogrammi in orbita polare), ha subito una battuta d’arresto durante le verifiche del primo stadio la scorsa estate. “Il cofinanziamento di Boost! aiuterà Rfa a preparare l’hardware del prossimo primo stadio di volo per ulteriori test e lanci” spiega l’Esa. Già dal 2020, Rfa ha un accordo con l’agenzia spaziale francese, il Cnes, per usare il sito di lancio Diamant, all’interno dello spazioporto in Guyana Francese, oltre a usufruire del launch-pad sull’isola norvegese di Andøya.

Discorso simile per un’altra compagnia teutonica, Isar Aerospace, parimenti forte di un accordo per lanciare proprio da Andøya. L’azienda sta conducendo i test integrati degli stadi del suo veicolo di lancio Spectrum (fino a 1.000 chili in orbita bassa, 700 in orbita eliosincrona). I fondi di questo contratto Boost! si concentreranno sul completamento della campagna di test per preparare il primo volo di prova del razzo. Inoltre, il sostegno dell’Esa seguirà le fasi di preparazione del secondo volo di prova dello Spectrum e l’ampliamento degli impianti di produzione presso la nuova sede dell’azienda, a Vaterstetten, in Germania.

Lanciatori leggeri nella New space economy

La britannica Orbex procede verso il primo volo dimostrativo del suo veicolo di lancio Prime (180 chili in orbita bassa). Il contratto, spiega sempre l’Esa, copre “passi importanti per la qualificazione dei serbatoi di carburante in fibra di carbonio e per il collaudo e il lancio integrato di Prime”.

A beneficiare del nuovo supporto dell’Esa, sarà anche un’altra azienda tedesca, HyImpulse, che quest’anno ha lanciato con successo il suo razzo suborbitale SR75 dallo spazioporto scozzese di SaxaVord, nelle Shetland. Le attività della compagnia si stanno ora concentrando sullo sviluppo di SL1, un vettore a tre stadi in grado di portare 600 chilogrammi in orbita eliosincrona. “Il cofinanziamento di Boost! contribuirà a far avanzare una parte significativa dei sottosistemi verso i test integrati, come la versione SL1 del motore ibrido, i sistemi di propulsione del terzo stadio e i sistemi avionici”.

Basterebbe notare la capacità di lancio di questi vettori per capire che andrebbero a formare una “flotta” versatile a disposizione dei Paesi dell’Unione e dell’Esa: sono tutti lanciatori “leggeri”, con prestazioni inferiori a quelle di competitor già consolidati, ma che promettono una maggiore flessibilità, grazie ai costi minori e alla maggiore agilità nell’approntare un volo, in particolare da spazioporti “periferici”, per le orbite polari.

Quello in cui sono nati e stanno crescendo è un contesto nuovo, caratterizzato dalle esigenze emergenti della new space economy, con lanci più frequenti e sempre più satelliti di dimensioni e massa ridotte, da lanciare a dozzine.

Il business in orbita sta configurandosi come il territorio privilegiato di smallsat, nanosat e picosat. Se i mezzi di trasporto si adatteranno a questa rivoluzione, potranno a loro volta stimolare il cambiamento. Resta da comprendere se e quanto di successo. E se quel successo sarà europeo.



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