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“Casa Italia” sulla Luna: nasce a Torino il primo modulo abitativo “alieno” per la Nasa

Superata la “Mission definition review”, si attende l’approvazione definitiva per inserire il Multi purpose habitation module nel programma Artemis. Sarà la prima casa progettata per astronauti in esplorazione su un altro mondo. Un nuovo successo di Thales Alenia Space Italia

DI EMILIO COZZI

In periodo di Olimpiadi, ci si conceda l’allusione lessicale: ci sarà una “Casa Italia” anche sulla Luna.

Niente a che fare, non ancora almeno, con competizioni sportive su un altro mondo; eppure non è forzato il rimando a una medaglia, quella cioè che il nostro Paese, in particolare un’eccellenza come Thales Alenia Space Italia, potrà vantare e appuntarsi sul petto. Negli stabilimenti di Torino prenderà forma il modulo abitativo che sarà usato come alloggio per astronaute e astronauti in esplorazione sulla Luna. Il Multi Purpose Habitation Module (Mph) è un progetto nell’ambito dell’accordo bilaterale tra l’Agenzia spaziale italiana e la Nasa, e dovrebbe essere utilizzato per il programma Artemis nei prossimi anni.

C’erano anche gli ingegneri Nasa, a Torino, per uno dei passi più rilevanti nell’iter del progetto. Ora che la “Mission definition review” si è conclusa con successo, l’ultima parola spetta all’agenzia spaziale statunitense: il parere definitivo da parte dei responsabili del programma Artemis e della “Lunar to Mars strategy” è atteso per settembre. A quel punto l’Mph sarà ufficialmente parte delle soluzioni residenziali delle missioni Artemis.

Durante il programma Apollo, la permanenza di pochi giorni sulla Luna implicava che il rifugio al quale tornare dopo le attività extra veicolari, le escursioni tra le colline e i crateri selenici, fosse lo stesso veicolo col quale gli equipaggi erano approdati. A onor di precisione, lo stesso accadrà durante le prime missioni umane di Artemis destinate alla superficie lunare: l’alloggio sarà la spaziosa Starship di SpaceX, nella sua versione lunare ribattezzata Moonship.

In seguito, però, serviranno quartieri progettati ad hoc, con dispositivi e accomodamenti adatti ad accogliere pioniere e pionieri. Come quello Made in Italy, che non si esclude potrà essere la prima residenza stabile dell’Umanità su una superficie extraterrestre. Detto altrimenti, un risultato straordinario, per quanto molto poco sorprendete: una gran parte dei volumi spaziali abitati fuori dall’atmosfera, il 40% dei 388 metri cubi della Stazione spaziale internazionale, porta infatti la firma di Thales Alenia Space ed è stata concepita e realizzata in Italia. Sono i Nodi 2 e 3, il Leonardo Permanent Multipurpose Module (Pmm), il Multipurpose Logistics Module (Mplm), la Cupola e il laboratorio Columbus. E mentre Tas-I continua a produrre le capsule dei moduli cargo Cygnus per Northrop Grumman, che portano con regolarità rifornimenti al laboratorio in orbita, a Torino si lavora agli ambienti spaziali per il dopo Iss.

Stazione lunare e stazione spaziale privata

Si volesse capire come abiteremo nel nostro futuro spaziale – o, meglio, come vivranno almeno all’inizio i pellegrini extra-atmosferici – una tappa dalle parti di Corso Marche, periferia est del capoluogo piemontese, sarebbe fondamentale. Lì è già pronto il mock-up di un altro importante ambiente lunare, destinato a diventare il nucleo abitativo della stazione orbitante Lunar Gateway. La struttura, in pieno sviluppo, sarà sempre più simile a quella che nei prossimi anni verrà lanciata per entrare in orbita attorno al nostro satellite naturale. Già oggi, a Torino, gli astronauti eseguono simulazioni e test per suggerire agli ingegneri soluzioni e modifiche capaci di rendere gli ambienti più funzionali e confortevoli.

In Francia, invece, Thales Alenia Space è prime contractor per il Lunar View, il modulo di servizio precedentemente noto come Esprit ERM (Refueling Module) che comprende un volume abitabile e l’unico punto “panoramico” da quale guardare all’esterno.

Quando si tratta di spazi pressurizzati, l’azienda – joint venture di Thales, al 67%, e Leonardo, al 33% – è una scelta preferenziale; guardano a Torino persino da oltreoceano. La già citata Cyngus, per Northrop Grumman, ne è un esempio. Facile citarne un altro: il modulo Halo (Habitation And Logistics Outpost), che sarà anche la prima “stanza” del Gateway, per il quale è stata proprio Northrop Grumman a firmare il contratto con la Nasa. Ma il guscio, la capsula che dovrà contenere la pressione dell’aria per i suoi abitanti, nascerà a Torino, derivato proprio dal modello della capsula Cygnus.

Thales Alenia Space è anche stata scelta da Axiom per realizzare due moduli abitativi della futura stazione spaziale, la prima privata, in orbita terrestre. La Axiom Space Station diventerà operativa dapprima agganciata al Nodo 2 della Iss – costruito, quest’ultimo, sempre da Thales Alenia Space – come nuovo segmento, poi si separerà per diventare autonoma. Tas-I ha la responsabilità di progettare, sviluppare, assemblare e testare la struttura primaria e il sistema di protezione da micro-meteoriti e detriti sia per l’Axiom Node One (AxN1) sia per il Modulo Abitativo (AxH), i primi due elementi messi in orbita della stazione Axiom.

Architetture lunari: nuove sfide

I requisiti chiesti dalla Nasa sono fondamentalmente quattro: una vita operativa di dieci anni, che permetterà di accogliere astronauti per più missioni di durata variabile da una settimana a un mese. Per la restante parte dell’anno, tutto dovrà poter essere controllato da remoto. All’interno, l’habitat avrà infatti uno spazio dedicato agli esperimenti scientifici che resteranno attivi anche in assenza di personale; l’autonomia nella generazione di energia, il che comporta spostamenti per l’orientamento ottimale dei pannelli; la garanzia della sicurezza per gli occupanti, permessa da una schermatura dalle radiazioni e da sistemi per la pulizia dalla polvere; l’interoperatività, vale a dire la compatibilità con tutti gli altri sistemi del programma Artemis, che verranno progettati e costruiti da altre aziende e agenzie spaziali, compresi i sistemi di comunicazione con il Lunar Gateway e con la Terra.

Esiste un disegno, divulgato dalla stessa Thales Alenia Space, che dà una prima idea del nuovo ambiente abitativo, concepito per essere appoggiato su una superficie, dove il peso e l’ambiente circostanti non possono essere ignorati.

Nel rendering mostrato più di recente dall’azienda si nota innanzitutto la forma, cilindrica: le pareti curve sono importanti per resistere meglio alla pressione atmosferica, che va obbligatoriamente mantenuta all’interno e senza la quale una persona non potrebbe sopravvivere. Spicca la presenza di ruote del diametro approssimativo – dal raffronto con la figura dell’astronauta – di un metro per affrontare avvallamenti, buche e dossi importanti. Questo implica che la “casa” sarà una sorta di roulotte, da posizionare nel luogo e nel modo più idonei su un terreno mai visitato dal genere umano. In una zona inesplorata la possibilità di adattamento giocherà un ruolo importante, come per tutte le missioni esplorative.

Evidente anche la soluzione dei grandi pannelli solari, in particolare verticali, disposti in modo da raccogliere più luce possibile che arrivi non dall’alto, ma in orizzontale. È sempre la posizione geografica a fare la differenza: al Polo i raggi dalla nostra stella arrivano quasi paralleli al terreno, come accade sulla Terra ma in maniera molto più accentuata, data la minuscola inclinazione dell’asse di rotazione lunare (1,5°) rispetto a quello terrestre (23° 26’). Lì dove si andrà, la durata del giorno e della notte è ipoteticamente di 15 giorni ciascuno, ma la destinazione scelta potrebbe godere di un “sole di mezzanotte” perenne.

Il fatto di potersi spostare in maniera autonoma sarà un plus per orientare i pannelli solari in direzione del Sole. Una soluzione di certo utile anche in vista di eventuali utilizzi sul suolo marziano, dove l’indipendenza dei sistemi sarà vitale.

Occorrerà studiare anche per risolvere il problema della regolite, la polvere lunare, che diede non pochi grattacapi alle missioni Apollo. È abrasiva e affilata, le sue scaglie sono come microschegge di vetro; elettricamente statica, tende ad aderire alle superfici, si infila nelle fessure e nelle pieghe, danneggiando tute ed equipaggiamenti. È pericolosa se inalata.Sono tutte sfide tecnologiche poste da un orizzonte mai toccato prima. Sfide cui proverà a rispondere il know-how forse più importante a livello mondiale sull’abitare nello spazio.



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